In evidenza
Giovedì, 12 Novembre 2015

La politica autarchica del fascismo: tra industria e ricerca scientifica

Francesca Nemore
Sezione Studi

Abstract

L’indirizzo autarchico nella politica economica del fascismo ebbe inizio dopo le sanzioni economiche imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni in seguito all’invasione dell’Etiopia (1935 - 1936).

Di questa politica si trovano importanti tracce negli archivi di importanti enti e istituti che collaborarono con il governo e con le imprese per la realizzazione dei progetti autarchici.

Lo spunto iniziale di riflessione è dato dalla relazione Di Nardi che delinea le linee guida per i finanziamenti alle imprese che volevano intraprendere imprese autarchiche.

Un altro spunto di riflessione è offerto dalla documentazione del Comitato Tecnico Consultivo IMI - Autarchia Economica Nazionale conservata sia presso l’archivio storico IMI sia presso il fondo del CNR conservato in Archivio Centrale dello Stato.

Dall’analisi delle carte emerge come le aziende che maggiormente si impegnarono nello sviluppo di progetti autarchici appartenevano ai settori: meccanico, siderurgico e elettrico oltre che agricolo. Molti dei progetti nati in seguito alle necessità autarchiche ebbero poi uno sviluppo ulteriore nel dopoguerra.

 

The address autarkic economic policy of fascism began after the economic sanctions imposed on Italy by the League of Nations following the invasion of Ethiopia (1935-1936).

important traces of this policy are in the archives of important organizations and institutions that collaborated with the government and with businesses to implement projects autarkic.

The starting point of reflection is given by Di Nardi outlining the guidelines for loans to companies that wanted to pursue autarkic businesses.

An important part of the documentation on plans autarkic may be consulted at the historical archive of IMI , among the papers of the Comitato Tecnico Consultivo IMI - Autarchia Economica Nazionale and at the Archivio Centrale dello Stato in the bottom of the National Research Council.

An analysis of the cards shows how companies that mainly engaged in the development of projects autarkic belonged to the sectors: mechanical, electrical and steel as well as agriculture. Many of the projects were born as a result of necessity autarkic then had a further development after the war.

 ***

1. Introduzione

Il nuovo indirizzo autarchico nella politica economica del fascismo fu preannunciato da Mussolini in due discorsi tenuti davanti all’assemblea del Consiglio Nazionale delle Corporazioni rispettivamente il 23 marzo 1936 e il 15 maggio 1937. Nel primo discorso, immediatamente successivo alle sanzioni economiche imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni in seguito all’invasione dell’Etiopia (1935 - 1936), Mussolini sostenne che

 L’assedio economico […] è stato decretato contro l’Italia perché si è contato [...] sulla modestia del nostro potenziale industriale ha sollevato una serie di problemi che tutti si riassumono in questa proposizione: l’autonomia politica, cioè la possibilità di una politica estera indipendente, non si può più concepire senza una correlativa capacità di autonomia economica […] La nuova fase della storia italiana sarà dominata da questo postulato: realizzare nel più breve termine possibile il massimo possibile di autonomia nella vita economica della Nazione.[1]

Questa politica non si tradusse di fatto in una totale rinuncia alle importazioni[2], cosa per altro impossibile per la quasi totale mancanza in Italia di alcune delle materie prime[3], soprattutto idrocarburi e legname, necessarie al funzionamento delle industrie, quanto piuttosto in una forma di aiuto per la ripresa industriale, necessaria anche per la preparazione a una nuova guerra ritenuta ormai prossima[4]. Attraverso i piani autarchici le aziende furono spinte a impegnarsi nella ricerca di prodotti innovativi o quanto meno di succedanei o surrogati di quelli che erano abitualmente importati dall’Italia.

La politica autarchica aveva quindi come scopi principali quelli di dotare il paese di materie prime in grado di sostituire quelle precedentemente importate ma soprattutto di favorire l’incremento e l’ammodernamento dell’industria entrambe le cose, nel lungo periodo, avrebbero favorito la stabilità finanziaria e consentito anche di stabilizzare la bilancia dei pagamenti verso l’estero equilibrando importazioni e esportazioni.

Per l’attuazione dei piani autarchici il regime si trovò ad affrontare due problemi fondamentali: il primo legato alla paura della grande industria privata di una progressiva statalizzazione delle imprese, benché questa ipotesi fosse stata da subito respinta dallo stesso Mussolini[5] la sua eco si ritrova in molti scritti dei teorici dello stato corporativo come si evince dall’interpretazione dell’autarchia data da Camillo Pellizzi quando afferma che  

L’autarchia veniva a significare che, non solo in via di fatto e per coincidenza fortuita di circostanze varie, ma in via di principio e con deliberato proposito, lo stato fascista si faceva iniziatore e organizzatore di quella che è stata chiamata “l’azienda economica nazionale”. In questa, l’iniziativa individuale, purché converga ai fini collettivi, è incoraggiata e potenziata; ma ogni “privatismo”, così di concetto come di prassi, è chiaramente destinato a scomparire. […] Autarchia cioè potenziamento statale della produzione non più condizionata dal commercio estero, anzi sganciata da quello; e, di conseguenza, un finanziamento delle attività economiche non più basato sulle riserve di capitale, pubblico o privato, ma sulle effettive possibilità di produzione utile latenti nel paese e nei suoi uomini.[6]

Il secondo e, probabilmente più importante, problema che si pose, una volta superati i problemi posti dagli industriali e stabiliti in ambito corporativo e nelle riunioni della Commissione suprema per l’autarchia[7] i piani autarchici, fu quello di trovare le risorse finanziare per attuare i progetti autarchici. L’industria privata italiana non era, infatti, in grado di finanziare da sola i nuovi piani industriali e non si poteva per questo nemmeno fare affidamento sull’IRI che aveva ormai assunto i compiti di ente di gestione e era impegnato nel finanziare lo sviluppo autarchico delle industrie che erano entrate nella sua orbita. 

Nell’ambito della Banca d’Italia si fecero numerose analisi sulle modalità di finanziamento possibili per l’autarchia partendo dallo studio di come il problema era stato affrontato all’estero e soprattutto in Germania, tuttavia rispetto agli altri paesi l’Italia si trovava a dover affrontare anche il problema degli investimenti a lungo periodo per la costruzione di nuovi impianti o l’ampliamento di quelli esistenti, la conclusione a cui si giunse fu che i piani autarchici potessero essere finanziati attraverso il risparmio[8], a questo punto «si pone il problema dei mezzi tecnici più adeguati ai nuovi compiti che è chiamato a assumere il nostro sistema creditizio»[9], le strutture più indicate per erogare questo tipo di finanziamenti furono individuate in IMI e IRI[10], i due enti di diritto pubblico creati per rispondere ai problemi sorti in seguito alla crisi bancaria e industriale che aveva investito il paese a partire dalla fine degli anni ’20 e che erano stati fortemente rinforzate nella loro struttura dalla “legge bancaria” del 1936[11]. Come si legge nella relazione stilata da Di Nardi per la Banca d’Italia:

La nostra struttura creditizia è preparata ad affrontare questi nuovi compiti. La riforma bancaria ha creato gli organi adatti al finanziamento a lungo termine, offrendo opportune garanzie di tranquillità ai risparmiatori. La prassi di questi ultimi anni, in cui notevoli operazioni finanziarie sono state compiute, ha consolidata la struttura dell’IMI e dell’IRI, i quali potranno assolvere il finanziamento dei piani autarchici mediante un ulteriore potenziamento della loro attività[12]

Per raccogliere il risparmio, che sarebbe poi stato utilizzato nella concessione di mutui all’industria, fu scelto il sistema delle emissioni obbligazionarie, già utilizzato dai due enti per i finanziamenti ordinari, con l’aggiunta della garanzia statale sui titoli di credito[13] necessaria per rassicurare i risparmiatori e a creare «l’atmosfera di fiducia verso i nuovi titoli che è complemento indispensabile della redditività per il successo del collocamento»[14].

Quanto esposto da Di Nardi nella relazione sul finanziamento dei piani autarchici trovò pratica attuazione nella Gestione Speciale IMI - Autarchia Economica Nazionale. Furono infatti l’Istituto Mobiliare Italiano e la sua sezione autonoma CSVI[15] gli enti designati al finanziamento dei piani autarchici mentre il Consiglio Nazionale delle Ricerche[16] fu chiamato a decidere sulle prospettive di sviluppo e sulla realizzabilità dei progetti industriali presentati.

Nel paragrafo seguente saranno analizzate in dettaglio le modalità di concessione dei finanziamenti e in questo modo si cercherà anche di vedere verso quali settori industriali si sia maggiormente indirizzata l’attenzione dello Stato.

2. L’attuazione dei piani autarchici

I piani di sviluppo autarchico come prospettati da Mussolini e teorizzati nella relazione Di Nardi cominciarono ad essere messi in pratica nel novembre 1938 quando fu firmata una convenzione tra l’IMI e il Ministero delle Finanze[17] attuativa del regio decreto legge 5 settembre 1938, n. 1480 che prevedeva l’emissione di obbligazioni garantite dallo Stato per il finanziamento di operazioni industriali che presentavano «rischi speciali per l’attuazione dell’autarchia economica nazionale»[18].

Il 4 luglio 1938 il Comitato dei Ministri per la difesa del risparmio e per l’esercizio del credito aveva stabilito le modalità di erogazione dei finanziamenti, come si legge nel verbale della riunione del Comitato esecutivo dell’IMI del 7 luglio 1938:

Il Comitato dei Ministri per la difesa del Risparmio e l’esercizio del Credito nella riunione del 4 corrente ha approvato che sia accordata […] la garanzia dello Stato a una speciale serie di obbligazioni 5% […] Le operazioni con le disponibilità provenienti dal collocamento delle obbligazioni assistite dalla garanzia dello Stato saranno amministrate separatamente e costituiranno una gestione speciale per conto dello Stato[19].

Il 30 settembre 1938 il Comitato esecutivo specifica le tipologie di imprese a cui deve essere diretta l’attenzione dell’IMI nell’erogare finanziamenti e viene anche evidenziata la diversa natura dei finanziamenti concessi dall’IMI e dall’IRI, mentre infatti al secondo spettava il finanziamento delle più grandi imprese autarchiche al primo erano deputati i finanziamenti alla piccola e media impresa[20], come si vedrà in seguito questa affermazione non ebbe seguito infatti anche la grande industria, soprattutto quella sotto il controllo dell’IRI, si avvalse dei finanziamenti dell’IMI pur non usufruendo delle particolari condizioni previste dalla convenzione.

Il regio decreto legge n. 1480 e la relativa convenzione prevedevano che per una valutazione preventiva delle richieste di finanziamento fosse creato uno speciale Comitato Tecnico Consultivo per l’Autarchia[21], composto da cinque membri: un rappresentante dell’IMI, Pietro Terenzio Chiesa[22], uno del Ministero delle Finanze, Alfredo Roncuzzi, uno del Ministero delle Corporazioni, Giovanni Girardi, uno della Confederazione Fascista degli Industriali, Aldo Rella, ed infine un esponente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Ugo Frascherelli[23], a presiedere il Comitato fu Vincenzo Azzolini[24]. Durante il discorso d’apertura dei lavori del Comitato Azzolini esplicitò quali erano i suoi compiti e le modalità per la concessione dei mutui.

Nella seduta successiva del 12 dicembre 1938  si discusse riguardo il tasso di interesse da applicare ai mutui autarchia che alla fine fu fissato al 5,50%[25],  mentre i tassi per i mutui ordinari concessi dall’Istituto erano compresi tra l’8 e il 9%.

Con una lettera indirizzata al Comitato, in data 4 maggio 1939, il ministro delle Finanze, Paolo Tahon di Ravel, delinea le linee guida per la concessione dei finanziamenti: 

I finanziamenti da effettuarsi a mezzo di tali obbligazioni debbano riservarsi esclusivamente ad iniziative autarchiche[...] Quando a tali nuove iniziative intendano dedicarsi imprese preesistenti il Comitato tecnico consultivo dovrà accertare se a giudizio del CNR e del Ministero delle Corporazioni le iniziative stesse non possano essere assunte da altre aziende che dispongano dei mezzi finanziari occorrenti o che siano in grado di fornire garanzie sufficienti per le normali operazioni di codesto Istituto. Per iniziative autarchiche non nuove di imprese preesistenti che non presentino sufficienti garanzie vedrà codesto Istituto, attese le note deliberazioni della Corporazione della Previdenza e del Credito, della Commissione Suprema per l’Autarchia e del Comitato dei Ministri che riservano di regola a codesto Istituto stesso l’assistenza finanziaria nel campo delle realizzazioni autarchiche, se e quali proposte il proprio comitato possa studiare e sottopormi.[26]

I finanziamenti concessi dall’IMI per l’autarchia si possono distinguere in due diverse tipologie: la prima “Autarchia A”, riguardò la concessione di mutui a tasso agevolato e con durata fino a vent’anni a imprese nuove che richiedevano il finanziamento per attività connesse al raggiungimento dell’autosufficienza nazionale; per tale finanziamento l’IMI fu autorizzato a emettere una serie speciale di obbligazioni IMI-Autarchia Economica Nazionale al 5% fino ad un massimo di 50 milioni di lire, coperte dalla garanzia dello Stato[27]. La seconda, “Autarchia B”, consisteva nella concessione di mutui a imprese già esistenti ma che non erano in grado di offrire adeguate garanzie per la concessione di un mutuo ordinario; per tale tipo di finanziamento l’Istituto si avvaleva delle normali emissioni obbligazionarie ma in caso di perdite poteva usufruire di un apposito fondo di riserva costituito dalla Banca d’Italia, dal CSVI e dall’IMI stesso.

Per la valutazione dei progetti presentati dalle imprese dal punto di vista scientifico, della fattibilità e della reale finalità autarchica degli stessi il Comitato si avvaleva del parere dei vari Comitati Nazionali e del Comitato Tecnico IMI - Autarchia del Consiglio Nazionale delle Ricerche[28], questo parere non era vincolante per la concessione del finanziamento ma era comunque poco probabile che un progetto autarchico non approvato dal CNR ottenesse dall’IMI il finanziamento richiesto[29]. Si pone quindi in evidenza come il CNR si doveva occupare di valutare le richieste da un punto di vista tecnico e scientifico mentre l’IIMI ne avrebbe curato l’aspetto finanziario.

I settori maggiormente interessati dalla politica autarchica del fascismo e di conseguenza quelli che ebbero maggiore attenzione dal Comitato furono quelli relativi alla ricerca e allo sfruttamento di  combustibili liquidi e solidi; di minerali metallici; di materiali tessili ricavati dallo sfruttamento di piante e dalla produzione di fibre sintetiche e di pesticidi e concimi.

Molti dei progetti presentati dalle aziende furono scartati in origine perché non ritenuti sufficientemente buoni dal punto di vista tecnico o con scarse probabilità di riuscita altri invece furono rifiutati dall’IMI che li reputava eccessivamente rischiosi dal punto di vista finanziario. I progetti che passarono il vaglio sia del CNR sia dell’IMI ebbero anche un discreto successo produttivo ma furono assai dispendiosi dal punto di vista economico e certamente non contribuirono in modo definitivo al raggiungimento dell’autarchia economica nazionale[30]. Ad esemplificazione del lavoro svolto dal Comitato si può portare la richiesta presentata dalla S.A. Ing. Fiorentini & Co. per la produzione in serie di escavatori su cingoli, tale progetto ebbe prima il parere favorevole del Comitato per l’Ingegneria del CNR[31] e quindi la concessione del mutuo da parte dell’IMI[32], il tutto avveniva naturalmente in tempi relativamente brevi, in questo caso la domanda fu presentata nel settembre 1938 e l’atto di mutuo fu stipulato nel novembre 1939. Un caso invece in cui la domanda fu respinta dietro il parere del Comitato del CNR fu quello della società Enrico Pavesi di Romano che aveva presentato la richiesta per ottenere i fondi necessari per impiantare uno stabilimento volto a produrre fibre tessili dalla lavorazione di una pianta officinale, il progetto è valutato scarsamente utile dal Centro Sperimentale sulle piante officinali di Napoli, in quanto gli esperimenti sulla pianta sono ancora in fase iniziale, e la richiesta di finanziamento è quindi respinta dall’IMI[33].

Nell’analizzare i mutui concessi in quegli anni dall’IMI si evince come molti finanziamenti furono concessi a imprese siderurgiche, meccaniche e idroelettriche, senza ricorrere ai finanziamenti a gestione speciale ma ricorrendo ai finanziamenti ordinari in quanto le aziende offrivano garanzie reali in grado di soddisfare le richieste presentate dall’Istituto ai richiedenti mutui.

Per quanto riguarda le imprese siderurgiche finanziamenti furono concessi a quasi tutte le imprese orbitanti nell’ambito dell’IRI, all’ILVA[34], alla Dalmine e alla Terni[35] per lo sviluppo degli impianti di produzione di acciaio a ciclo integrale[36]. Il programma, elaborato da Oscar Sinigaglia e Agostino Rocca[37], prevedeva anche la limitazione della produzione di acciaio con altri sistemi e precisamente attraverso lo sfruttamento di rottami, che però erano in larga parte importati, in questo caso l’importanza autarchica del progetto si scontrava con gli interessi degli industriali privati, che temevano la perdita di quote di mercato e l’abbassamento dei prezzi, e anche con la lunghezza del processo che avrebbe dovuto portare alla costruzione degli stabilimenti per la produzione a ciclo integrale. Inizialmente il governo si schierò dalla parte delle aziende IRI sostenendo l’importanza del nuovo metodo produttivo, già utilizzato dalle altre nazioni, autorizzando la produzione di acciaio solo attraverso impianti a ciclo integrale, ma poi vista la lunghezza dei tempi di realizzazione stabilì che si tornasse al vecchio sistema. Dopo aspre polemiche il confronto/scontro tra le due opposte fazioni si ebbe sia nelle corporazioni di settore sia negli uffici del Ministero delle Corporazioni, e fu grazie alla mediazione del ministro delle Corporazioni Ricci che le imprese private riuscirono a ottenere il riconoscimento del valore autarchico delle loro produzioni e a mantenere inalterate le loro quote di mercato limitando così fortemente le capacità produttive della produzione a ciclo integrale[38].

Per quanto riguarda le industrie meccaniche oltre alle aziende del gruppo IRI come l’Alfa Romeo[39], numerosi finanziamenti furono concessi alle aziende del gruppo Caproni[40], cioè Aeroplani Caproni, Isotta Fraschini e Reggiane, che però in questo particolare momento storico godevano di una forma di tutela da parte degli organi governativi e dell’IMI attraverso un Comitato di Controllo[41], presieduto prima dal maresciallo Rodolfo Graziani (dal 1938 al 1942) e poi da Giuseppe Manni (dal 1942 alla fine della guerra), che ne seguiva l’andamento soprattutto dal punto di vista finanziario[42].

Una nuova legge sui finanziamenti autarchici fu emanata nel 1942[43], questa legge non presentava variazioni di rilievo sulle modalità di concessione dei finanziamenti, tuttavia l’anno seguente il Ministero delle Finanze emanò nuove direttive riguardo tali finanziamenti in virtù dello stato di guerra e delle pessime condizioni delle finanze statali, nella lettera del 14 agosto 1943 si stabilisce che: 

solo le domande di imprese dedite a produzioni autarchiche le quali abbiano non soltanto un concreto e ben definito programma di lavoro, ma anche una attrezzatura già in atto, idonea alla sua realizzazione immediata, e dopo che, a cura di codesto Istituto sia stato interpellato il Ministero della Produzione Bellica, e questo, dopo aver compiuto gli opportuni accertamenti, abbia esplicitamente dichiarato che si tratta di un genere di produzione assolutamente indispensabile alla condotta della guerra[44].

Da quanto risulta però tale lettera giunse quando il Comitato aveva già cessato la sua attività; la sua ultima seduta risulta infatti essere del 24 luglio 1943[45].

Dall’analisi dei documenti conservati sia presso l’IMI sia presso l’ACS risulta che le richieste presentate furono molte ma le attività finanziate furono relativamente poche, le domande respinte risultano essere in maggioranza rispetto a quelle accolte[46], molto spesso infatti le richieste furono ritenute poco innovative o scarsamente scientifiche o irrealizzabili da parte degli esperti del CNR in altri casi fu l’IMI a valutare eccessivamente rischiosa la concessione del finanziamento.

*** 

Bibliografia

Pietro Anelli, Gabriella Bonvini, Angelo Montenegro, Pirelli  1914 - 1948. Strategia aziendale e relazioni industriali nella storia di una multinazionale, Milano Ires/Cgil Lombardia, Franco Angeli, 1985, pp. 50 - 85

Pietro Boidi, La teoria e la pratica del commercio internazionale, Torino, Editrice Commerciale Industriale Finanziaria, 1938, pp. 484 - 489.

Franco Bonelli [a cura di], Acciaio per l’industrializzazione. Contributi allo studio del problema siderurgico italiano, Torino, Einaudi, 1982, pp. 218 – 333.

Arnaldo Canziani, Dal corporativismo al libero scambio: economia aziendale e gestione delle imprese (1935 - 1950), in Pensare l’Italia nuova: la cultura economica milanese tra corporativismo e ricostruzione, a cura di Giuseppe De Luca, Milano, Ciriec - Franco Angeli, 2007, pp. 33 – 64.

Alberto Caracciolo, La formazione dell’Italia industriale, Roma - Bari, Laterza, 1969, parte seconda, pp. 163 – 219.

Valerio Castronovo, Imprese ed economia in Piemonte dalla Grande crisi a oggi, Torino, Cassa di Risparmio di Torino, 1977, pp. 1-60.

Marianna Cavazza Rossi, Pasquale Saraceno, Sergio Paronetto e la politica autarchica dell’IRI, in Pensare l’Italia nuova: la cultura economica milanese tra corporativismo e ricostruzione, a cura di Giuseppe De Luca, Milano, Ciriec - Franco Angeli, 2007, pp. 231 – 243.

Francesco Cesarini, Alle origini del credito industriale: la gestione dell’IMI dalla costituzione ai provvedimenti per l’autarchia (1931 - 1938), in Banca e industria fra le due guerre, Bologna, Il Mulino, 1981, pp. 81 - 180.

Francesco Cesarini, Alle origini del credito industriale, Bologna, Il Mulino, 1982.

Giovanni Farese, Dare credito all’autarchia. L’IMI di Azzolini e il governo dell’economia negli anni Trenta, Napoli, Editoriale Scientifica, 2009.

Massimo Finoia, Azzolini, Vincenzo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 34, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1988.

Alessio Gagliardi, Il corporativismo Il corporativismo fascista, Bari, Laterza, 2010 pp. 119 – 122.

Giuseppe Galasso, Crisi e trasformazione dell’economia italiana, in Storia dell’industria elettrica in Italia. Espansione e oligopolio 1926 - 1945, vol. III, a cura di Giuseppe Galasso, Roma - Bari, Laterza, 1993, pp. 1 – 59.

Felice Guarneri, Battaglie economiche tra le due guerre, a cura di Luciano Zani, Bologna, Il Mulino, 1988, pp. 549 – 609.

IMI, Guida all’Archivio Storico dell’Istituto Mobiliare Italiano S.p.A., Roma, IMI, 1998.

La Banca d’Italia tra l’autarchia e la guerra 1936 - 1945, a cura di Alberto Caracciolo, Roma - Bari, Laterza, 1992, pp. 3 – 140.

Giorgio Lombardo, L’Istituto Mobiliare Italiano. Modello istituzionale e indirizzi operativi 1931 - 1936, Bologna, Il Mulino, 1998.

Giorgio Lombardo, Vera Zamagni, L’Istituto Mobiliare Italiano 1931 – 1998, Bologna, Il Mulino, 2009.

Roberto Maiocchi, Gli scienziati del Duce: il ruolo dei ricercatori del CNR nella politica autarchica del fascismo, Roma, Carocci, 2003.

Simone Misiani, I numeri e la politica, statistica, programmazione e Mezzogiorno nell’impegno di Alessandro Molinari, Bologna, Il Mulino, 2007, pp. 49 – 111.

Francesca Nemore, Il fondo Gestione Speciale IMI - Autarchia Economica Nazionale, in «Archivi», IX/2 (lug. -  dic. 2014), pp. 81 – 97.

Ead., Il caso Caproni - Isotta Fraschini: tracce di memoria e spunti di ricerca dall’Archivio storico dell’Istituto Mobiliare Italiano, in «Il Mondo degli Archivi», 17 giugno 2014, http://www.ilmondodegliarchivi.org/index.php/studi/item/365-il-caso-caproni-isotta-fraschini-tracce-di-memoria-e-spunti-di-ricerca-dall%E2%80%99archivio-storico-dell%E2%80%99istituto-mobiliare-italiano.

Ead.,  Il Comitato di controllo per le imprese del Gruppo Caproni -  Isotta Fraschini, in «Archivio Storico News», newsletter dell’Archivio Storico Intesa San Paolo, n. 20 (febbraio 2014), pp. 7 – 8.

Giovanni Pavanelli, Politica industriale e commercio estero tra autarchia e ricostruzione. Il contributo di Giovanni Demaria, in Pensare l’Italia nuova: la cultura economica milanese tra corporativismo e ricostruzione, a cura di Giuseppe De Luca, Milano, Ciriec - Franco Angeli, 2007, pp. 163 – 190.Rolf Petri, Storia economica d’Italia. Dalla Grande Guerra al miracolo economico, Bologna, Il Mulino, 2002, pp. 79 - 111 e pp. 113 – 180.

Rosario Romeo, Breve storia della grande industria italiana, Bologna, Cappelli, 1972, pp. 158 – 195.

Alessandro Roselli, Il Governatore Vincenzo Azzolini 1931 - 1944, Roma - Bari, Laterza, 2000, pp. 112 - 150 e 258 – 285.

Raffaella Simili,  Giovanni Paoloni, Per una storia del Consiglio Nazionale delle Ricerche, 2 voll., Bari - Roma, La Terza, 2001.

S.n. Il processo dell'oro. Come i tedeschi hanno preso l'oro d'ItaliaL'accordo Hitler-Mussolini. Cronistoria degli avvenimenti e del processo Azzolini, Roma, Stamperia Moderna, 1944.

Alessio Zanardi, Dall’autarchia all’austerity. Ceto politico e cultura d’impresa nell’industria nazionale del metano (1940 - 1973), Roma, Aracne Editrice, 2012.

Luciano Zani, Fascismo, autarchia, commercio estero. Felice Guarneri un tecnocrate al servizio dello Stato, Bologna, Il Mulino, 1988, pp. 75 - 102 e pp. 103 - 132.


[1] Cfr. Pietro Boidi, La teoria e la pratica del commercio internazionale, Torino, Editrice Commerciale Industriale Finanziaria, 1938, pp. 484 - 489.

[2] L’impossibilità di un totale isolamento dell’Italia dai mercati internazionali è messa in evidenza dallo stesso Mussolini nel discorso del 23 marzo 1936 quando afferma “Nessuna nazione può realizzare sul proprio territorio l’ideale dell’autonomia economica in senso assoluto […] e se anche lo potesse non sarebbe probabilmente utile”. Cfr. Pietro Boidi, La teoria cit., pp. 484 - 489.

[3] Queste carenze furono anche tra i motivi che spinsero il regime ad attuare la politica coloniale.

[4] A questo proposito Giuseppe Galasso afferma che tra gli intenti principali dell’autarchia “Certamente non vi fu quello di un isolamento o segregazione del paese nell’economia internazionale, bensì quello di una ricerca della parità organizzata e controllata dallo Stato. Certamente vi fu pure quello di una funzionalizzazione del sistema economico italiano alle eventuali necessità di prove belliche”, Giuseppe Galasso, Crisi e trasformazione dell’economia italiana, in Storia dell’industria elettrica in Italia. 3 Espansione e oligopolio 1926 - 1945, a cura di Giuseppe Galasso, Roma - Bari, Laterza, 1993, pp. 40 - 41.

[5] Cfr. il discorso di Mussolini al Consiglio Nazionale delle Corporazione del 23 marzo 1936 in Pietro Boidi, La teoria cit., pp. 484 - 489.

[6] Cfr. Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, Camillo Pellizzi, Attività scientifica, b. 15, ms. 33.

[7] Istituita nel 1937 nell’ambito del Comitato centrale delle corporazioni a cui seguì, nel 1939, l’istituzione di un Comitato interministeriale per l’autarchia.

[8] Cfr. La relazione Di Nardi sul finanziamento dei piani autarchici in ASBI, Banca d’Italia, Direttorio Azzolini, b. 90, fasc. 1, sfasc. 5, p. 15.

[9] Ibidem

[10] Rispettivamente Istituto Mobiliare Italiano e Istituto per la Ricostruzione Industriale.

[11] Regio Decreto Legge 12 marzo 1936, n. 375 «Disposizioni per la difesa del risparmio e la disciplina delle funzioni creditizie»

[12] ASBI, Banca d’Italia, Direttorio Azzolini, b. 90, fasc. 1, sfasc. 5.

[13] Di Nardi nella relazione sopra menzionata ritiene che nei finanziamenti di minore entità sia sufficiente la garanzia degli enti emittenti, essendo enti di diritto pubblico, mentre invece la garanzia statale potrebbe essere utilizzata per i finanziamenti di maggiore entità o destinati a opere di particolare interesse nazionale.

[14] Cfr. La relazione Di Nardi sul finanziamento dei piani autarchici in ASBI, Banca d’Italia, Direttorio Azzolini, b. 90, fasc. 1, sfasc. 5, p. 16.

[15] Consorzio per Sovvenzioni su Valori Industriali.

[16] D’ora in poi CNR

[17] ASI-IMI, Carte della Segreteria Ordinaria (ex Miscellanea Storica), b. 34 fasc. 1, http://intesasanpaolo.xdams.org/intesa-web/detail/imi/IT-ISP-AS00004-0001842/autarchia.html

Verbali del Comitato Tecnico Consultivo IMI Autarchia, Reg. 1; Segreteria Organi Statutari, Convenzioni e leggi, b. 1 (ex C/11) fasc. 1 http://intesasanpaolo.xdams.org/intesa-web/detail/imi/IT-ISP-AS00004-0000436/convenzioni-autarchia-e-pisorno.html

Cfr. Francesca Nemore, Il fondo Gestione Speciale IMI - Autarchia Economica Nazionale, in «Archivi», IX/2 (lug. -  dic. 2014), pp. 81 - 97.

[18] ASI-IMI, Carte della Segreteria Ordinaria (ex Miscellanea Storica), b. 34 fasc. 1

[19] Cfr. ASI-IMI, Verbali del Comitato Esecutivo, Reg. 5 pp. 186 - 188.

[20] Cfr. ASI-IMI, Verbali del Comitato Esecutivo, reg. 5, pp. 189 - 192.

[21] ASI-IMI, Verbali del Comitato Tecnico Consultivo per l’Autarchia, Registri 1 e 2

[22] Sostituito o dal direttore generale Fausto Guido o dal responsabile delle attività operative Silvio Borri.

[23] Sostituito dal 1940 da Antonio Morelli.

[24] Governatore della Banca d’Italia, Presidente dell’IMI e del CSVI e membro del Comitato per la Difesa del Risparmio e dell’Esercizio del Credito. Cfr. Alessandro Roselli, Il Governatore Vincenzo Azzolini 1931 - 1944, Roma - Bari, Laterza, 2000; Massimo Finoia, Azzolini, Vincenzo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 34, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1988; S.n. Il processo dell'oro. Come i tedeschi hanno preso l'oro d'ItaliaL'accordo Hitler-Mussolini. Cronistoria degli avvenimenti e del processo Azzolini, Roma, Stamperia Moderna, 1944.

[25] ASI-IMI, Verbali del Comitato Tecnico Consultivo per l’Autarchia, Reg. 1, pp. 5 - 7 http://intesasanpaolo.xdams.org/intesa-web/detail/imi/IT-ISP-AS00004-0000363/imi-autarchia-comitato-esecutivo-verbali.html

[26] Cfr. ASI-IMI, Carte della Segreteria Ordinaria (ex Miscellanea Storica), b. 34 fasc. 1; Verbali del Comitato Tecnico Consultivo per l’Autarchia, reg. 1, pp. 38 - 40.

[27] La somma fu poi elevata a 150 milioni.

[28] D’ora in poi CNR.

[29] Cfr. ACS, CNR, Comitati Speciali Tecnici e Consultivi, Comitato Tecnico Consultivo IMI per l’Autarchia, bb. 11 - 40

[30] Si vedano ad esempio i mutui concessi alla Ducati conservati presso l’ASI-IMI, Serie Mutui Gestione Speciale Autarchia, pratica 041, http://intesasanpaolo.xdams.org/intesa-web/detail/imi/IT-ISP-AS00004-0002516/041-34-societa-scientifica-radio-brevetti-ducati-34-bologna-vedi-pratiche-879-e-1423.html

[31] Cfr. ACS, CNR, Comitati Speciali e Tecnici, Comitato IMI Autarchia, b. 11, fasc. 6.

[33] Cfr. ACS, CNR, Comitati Speciali e Tecnici, Comitato IMI Autarchia, b. 11, fasc. 1 e ASIIMI, Serie Mutui Gestione Speciale Autarchia, pratica 01, http://intesasanpaolo.xdams.org/intesa-web/detail/imi/IT-ISP-AS00004-0002496/01-05-pratiche-respinte-o-abbandonate.html

[34] Cfr. ASI-IMI, Serie Mutui Ordinaria, pratica 1511.

[36] Cfr. ACS, ASIRI, Pratiche degli uffici, ex Archivio Storico, Sistemazione aziende pervenute all’IRI. Studi di settore. Finsider, bb. STO/508 - 509.

[37] La produzione di acciaio a ciclo integrale dopo lo stentato avvio del periodo fascista e la distruzione degli impianti durante la guerra prese slancio e vitalità nel dopoguerra grazie ai finanziamenti concessi per la ricostruzione industriale.

[38]Cfr. Alessio Gagliardi, Il corporativismo Il corporativismo fascista, Bari, Laterza, 2010 pp. 119 - 122; per il problema siderurgico in generale cfr. Acciaio per l’industrializzazione. Contributi allo studio del problema siderurgico italiano, a cura di Franco Bonelli, Torino, Einaudi, 1982.

[39] ASI-IMI, Serie Mutui ordinaria, pratica 1407.

[40] Sui finanziamenti al Gruppo Caproni cfr. Giorgio Lombardo, Vera Zamagni, L’Istituto Mobiliare Italiano 1931 - 1998, Bologna, Il Mulino, 2009, tab. 2.4 p. 92.

[41] Cfr. ASI-IMI, Verbali del Comitato Esecutivo, regg. 5 e 6.; vedi anche ASBI, Consorzio per Sovvenzioni su Valori Industriali, Sede Principale, reg. 14 pp. 44 sgg. Cfr. Francesca Nemore, Il caso Caproni - Isotta Fraschini: tracce di memoria e spunti di ricerca dall’Archivio storico dell’Istituto Mobiliare Italiano, in «Il Mondo degli Archivi», 17 giugno 2014, http://www.ilmondodegliarchivi.org/index.php/studi/item/365-il-caso-caproni-isotta-fraschini-tracce-di-memoria-e-spunti-di-ricerca-dall%E2%80%99archivio-storico-dell%E2%80%99istituto-mobiliare-italiano

e ead.,  Il Comitato di controllo per le imprese del Gruppo Caproni -  Isotta Fraschini, in «Archivio Storico News», newsletter dell’Archivio Storico Intesa San Paolo, n. 20 (febbraio 2014), pp. 7 - 8

[42] Sulla situazione del gruppo Caproni cfr. ASI-IMI, Servizio Ispettorato, Ispettorato per le imprese, Pratiche speciali ispettorato, b. http://intesasanpaolo.xdams.org/intesa-web/detail/imi/IT-ISP-AS00004-0005826/34-comitato-vigilanza-caproni-isotta-reggiane-34.html

Sui finanziamenti cfr. ASI-IMI, Serie mutui ordinaria, pratiche 367, 406, 414, 419, 435, 490, 557, 586, 690, 856.

[43] Legge 21 maggio 1942, n. 567

[44] Cfr. ASI-IMI, Serie Convenzioni e leggi, b. 1 fasc. 1

[45] Cfr. ASI-IMI, Verbali del Comitato Tecnico Consultivo per l’Autarchia, Registro 2, http://intesasanpaolo.xdams.org/intesa-web/detail/imi/IT-ISP-AS00004-0000364/imi-autarchia-comitato-esecutivo-verbali-1.html

[46] Cfr. Giovanni Farese, Dare credito all’autarchia. L’IMI di Azzolini e il governo dell’economia negli anni Trenta, Napoli, Editoriale Scientifica, 2009

Devi effettuare il login per inviare commenti