Venerdì, 28 Agosto 2015

Le raccolte fotografiche della Società Napoletana di Storia Patria. Riflessioni e primi bilanci dell’esperienza di recupero e trattamento

Letizia Cortini
Sezione Studi

Immagine di apertura: “Procida” / P. A. Esposito & Figli, Napoli : P. A. Esposito & Figli, [1880-1900], 1 fotografia : albumina ; 173x125 mm,  fa parte di “Costumi” / P. A. Esposito & Figli, Montabone

In allegato in calce, il pdf del contributo, corredato di una Appendice iconografica.

Abstract

Nel contributo l’autrice illustra il lavoro di recupero e trattamento delle raccolte fotografiche della Società Napoletana di Storia Patria, nel contesto del più ampio dibattito storico sulla fotografia, in particolare di documentazione artistica di fine Ottocento, nonché sulle metodologie di descrizione delle fonti fotografiche nei diversi ambiti disciplinari.

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Dal dicembre 2014 ho l’onore e il piacere di lavorare presso la Società  Napoletana di Storia Patria[1] per il recupero delle raccolte fotografiche dell’Istituto, nell’ambito di un più generale progetto, illustrato dall’architetto Luigi Cerullo in un suo recente contributo pubblicato su Il Mondo degli Archivi, Il sistema di gestione del polo digitale degli Istituti culturali di Napoli[2]. L’occasione è stata fondamentale per avviare sottoprogetti specifici, da parte di diversi istituti, per il trattamento di  numerosi patrimoni documentali, al fine della loro valorizzazione sul web.

L’attuale Presidente della Società Napoletana di Storia Patria, la Prof.ssa Renata De Lorenzo, ha inteso avviare già in anni precedenti un articolato piano di salvaguardia sia delle collezioni grafiche che fotografiche, iconografiche in generale, della Società.

In questo contributo farò riferimento alle raccolte fotografiche dell’Istituto di cui mi sono e mi sto occupando personalmente.

  1. La fascinazione al primo “sguardo” 

Credo che uno dei primi requisiti per un operatore culturale che si appresti a trattare documenti fotografici (e non solo) in un archivio, in una biblioteca, o presso altri soggetti conservatori, sia la capacità di emozionarsi, senza subire - in particolare nel caso specifico, trattandosi di immagini - quella fascinazione che la rappresentazione fotografica degli “organismi” e delle “manifestazioni” del mondo quasi naturalmente potrebbe suscitare, con il rischio di perdere di vista gli obiettivi di recupero e salvaguardia secondo scelte, metodologie, azioni improntate innanzitutto al buon senso e alla ragionevolezza, accanto al rigore scientifico delle attività.

Il primo impatto avuto con la documentazione fotografica della Società è stato davvero emozionante, soprattutto per il rinvenimento di numerosi Album fotografici di fine Ottocento, di varie tipologie, relativi, i più, alla documentazione artistica di diverse località dell’Italia centro- meridionale, in particolare Napoli, mentre altri rappresentativi di eventi storici italiani, legati ad imprese coloniali. Di tutti si riporta l’elenco in un paragrafo successivo. Si tratta di album inediti, o poco noti, due dei quali conservati anche presso altre istituzioni. Lo stupore della sottoscritta, in particolare per gli Album di fine Ottocento (tra il 1870 e la fine del XIX secolo) dedicati alla rappresentazione dei “monumenti” di quello che allora era considerato ancora il Regno di Napoli, è dovuto alla scoperta di una sorta di mosaico apparentemente frammentato, in gran parte inedito e da ricomporre. Il mosaico di uno spazio geostorico quale quello di Napoli e di numerosi luoghi dell’Italia centrale e meridionale, espressioni irreali e surreali al tempo stesso, silenziose, metafisiche, lunari piuttosto che solari, manifestazioni “malinconiche” di identità e memorie di cui prendersi cura, da salvaguardare, con l’avvento del Regno d’Italia. “Ritratti” di monumenti e luoghi deserti per lo più che, come sottolinea la vasta letteratura sulla storia della fotografia italiana delle origini, vengono restituiti isolati da ogni contesto, fiabeschi ed epifanici, compresi quelli delle “province” di Napoli (Puglie, Abruzzo, Basilicata, Sicilia, Calabria, Terra di lavoro[3]. Fotografie che mostrano le bellezze di un Regno politicamente non più esistente, ma che ancora sopravviveva in questi documenti. Immagini realizzate in parte per scopi documentativi, di studio, di conservazione della memoria e delle proprie identità, nonché per intenti editoriali e redazionali. “Ritratti” di beni artistici, a volte inseriti in più ampi contesti paesaggistici e sociali, da conoscere, diffondere presso le “nuove” istituzioni, fortemente connotati, tuttavia, da quella “meridionalità” a cui si accennava, insita finanche nello sguardo dei fotografi e dei loro committenti, e che persisterà ancora a lungo. Una meridionalità dello sguardo che dai monumenti, ai luoghi, ai mestieri, alle genti di fine Ottocento arriverà a influenzare – si vuole azzardare - le prime importanti inchieste fotografiche sociali del secondo dopoguerra, in cui, accanto alla documentazione fotografica d’arte, troviamo quella delle e su: le persone, la vita quotidiana, le tradizioni, le condizioni sociali, gli ambienti intuiti come “ecosistemi”, in cui soprattutto l’uomo, ivi inserito, diventa per la prima volta importante, oggetto anch’egli di documentazione, studio, memoria, intervento, al punto da restituire immagini che potremmo definire, oltre di ricerca antropologica e di denuncia politico-sociale, di “rinascimento sociale”[4]. Una attività, quella della documentazione fotografica sociale e antropologica, naturalmente (inconsapevolmente?) anticipata già alla fine dell’Ottocento dai fotografi-pittori, nel solco del pittorialismo, del verismo, del realismo artistico, oltre che letterario. In molte immagini degli Album di fine Ottocento della Società Napoletana di Storia Patria l’uomo è già lì, presente, definito, nonostante i campi lunghi, con i suoi sguardi seri, le sue attività, le sue condizioni, in una messa in scena che spesso sembra andare oltre le intenzioni dei fotografi e dei loro obiettivi, oltre le stesse intenzioni delle persone ritratte.

Come ben noto, nella seconda metà del XIX secolo, analoghe esperienze di scoperta, documentazione, rappresentazione delle città e dei territori, per finalità anche turistiche e commerciali, si svolgevano in tutta Italia, grazie a fotografi e studi fotografici sia locali, sia di carattere nazionale, diffusisi dalla metà dell’Ottocento, soprattutto dopo l’Unità d’Italia, nelle maggiori città, in Toscana, Liguria, Lombardia, Valle d’Aosta, a Roma e nel Lazio, nel Veneto, in Friuli…[5]. Era l’epoca in cui:

“Un vasto campo di lavoro si apre alla fotografia come strumento di unificazione. Occorre inventariare, catalogare, classificare, per far conoscere, mettere in comune, esaltare. Ai gradi più alti la fotografia è in ottimi rapporti con la scienza positiva intenta a riordinare l’intero universo del sapere, e con la letteratura e l’arte percorse da aspirazioni al realismo e al verismo. Più in generale essa collabora alla creazione di una retorica nazionale didattica e celebrativa, traducendo in immagini topoi derivati da varie fonti o producendone copiosamente di propri[6]”.

Possiamo provare a immaginare come dovesse essere in realtà la vita quotidiana di allora, quella esclusa dall’inquadratura: osservando le fotografie, nelle piazze, accanto ai monumenti, si scoprono più spesso persone di una miseria sconcertante, un sottoproletariato urbano apparentemente dimesso, accanto, più raramente, a commercianti, piccolo borghesi, contadini, operai, soldati. I ceti più alti, i notabili e i nobili non figurano accanto ai monumenti, si facevano ritrarre a parte, e la Società Napoletana di Storia Patria conserva anche una raccolta di carte de visite di nobili e notabili meridionali. Loro non avevano bisogno dei contesti urbani, paesaggistici, monumentali, né questi contesti di loro, perché loro stessi rappresentavano i contesti storici e sociali, da documentare nei ritratti/monumenti, individuali o di famiglia, o tra bagni di folla, in occasione della visita di re e regine, di principesse e principi, ma soprattutto nei sepolcri che li perpetuano da morti, a salvaguardia delle identità delle élites, preposti a tramandare (propagandare) immaginari precisi.

Anche il paesaggio diventa oggetto di rappresentazione, da fine Ottocento in Italia, da sfondo e da contorno dei monumenti, delle vestigia antiche, a volte sembrando quasi prevalere. C’è un’eccezione: la società conserva un album, dono del sindaco di Venezia al sindaco di Napoli, intitolato alle isole della laguna. Forse è tra le prime rappresentazioni italiane, di tipo istituzionale, insieme ai paesaggi alpini, che riveli l’attenzione fotografica al paesaggio come patrimonio specifico, in quanto bene da salvaguardare, da tramandare, quindi da documentare, al pari dei monumenti d’arte. E’ possibile immaginare con quale fascino queste albumine con i loro sbiadimenti ci restituiscano l’atmosfera lagunare. Un incanto che ferma il respiro.

Non riusciremo mai a sapere come realmente fossero le città, o qualunque altra località, al di là di come appaiano rappresentate in questi fototipi o nell’iconografia precedente, i cui cliché sono stati in buona parte ereditati dalla fotografia. Non eravamo lì in quel tempo e in quello spazio. Del resto neanche quella rappresentata e diffusa allora era la realtà del tempo. Oggi possiamo ricostruirla, o supporla, indirettamente, attraverso altre fonti. Le fotografie mentivano e mentono, come noto, o meglio, raccontano una realtà/frammento, quella che si manifesta in quel momento, su quella scena, davanti alla macchina fotografica, davanti al fotografo che ha contribuito a sceglierla, a prepararla, per presentarla in un certo modo, per certi scopi. Un attimo isolato, irreale, surreale, che si manifesta velato dal mistero, oggi come ieri, spesso diverso e al di là delle intenzioni degli autori[7]. Queste fotografie sono importanti, al di là del fascino delle singole inquadrature, proprio per l’intenzionalità che ne ha determinato la raccolta.

Per restare nel “Regno di Napoli”, gli Album della Società presentano innanzitutto “organismi” d’arte (monumenti, sculture, archeologie, dipinti, oggetti, piazze, strade, palazzi, portali, chiese, collezioni museali, fontane, giardini, paesi, città, castelli) e non di rado in queste immagini scorre anche la traccia - non è chiaro quanto intenzionale da parte del fotografo - della vita pubblica e quotidiana della città, o meglio della comunità e dei suoi territori (con la rappresentazione soprattutto di mestieri, oltre gli stereotipi, raccontati nella animazione delle strade, da operai al lavoro, artigiani, commercianti, contadini, pescatori, lavandaie, cocchieri, guardiani, bambini al seguito o in braccio a mamme, nonne, sorelle), tutti ritratti accanto o insieme alle vestigia storico-artistiche di un’antica capitale, ma anche nei suoi vicoli e tra i palazzi malsani, o nelle “periferie” contadine, in una terra ancor più antica, dove genti, miti e bellezza, nell’atto fotografico, forse si intuiva che potessero evaporare con il lento sbiadire delle albumine, con quegli effetti che oggi contribuiscono ad accrescere quella fascinazione di cui si scriveva all’inizio. Presenze monumentali e, insieme ad esse, umane, le cui piccole dimensioni finiscono per accentuarne paradossalmente il carattere quasi eroico, che si manifestano, oltre la messa in scena, allo sguardo degli operatori culturali di allora e al nostro di oggi, per essere colti, a volte poco prima della loro scomparsa (come per esempio le vie, i loro abitanti, i palazzi e le fontane, le statue perduti durante il “risanamento” delle città, in particolare a Napoli). Si tratta di persone, uomini, donne, bambini, in numerosi casi, “immaginati” e proposti al di fuori degli stereotipi, “romanticamente”, in scenari grandiosi, in campi lunghi e lunghissimi, eppure parti di quegli organismi, di quella natura antropica, che hanno contribuito a edificare, ad abitare, accanto alle pietre, sulla terra, tra i sassi, tra la vegetazione, con la cui decadenza convivevano, nella quale abitavano, come nei vicoli, nei bassi, o nelle capanne, nelle stalle, nelle povere case, nelle corti. Persone in posa, ma con i volti e le espressioni e perfino i movimenti riconoscibili, leggibili, quasi udibili, anche se da molto lontano, anche se con strumenti d’ingrandimento; i cui sguardi, le pieghe dei volti e dei vestiti, i piedi spesso nudi, le espressioni serie, attonite o imbambolate, corrucciate o rassegnate, i cui corpi, composti quasi come quinte, accompagnano gli sguardi di oggi verso vestigia secolari, a volte millenarie. Figure presepiali, come ha sottolineato Marina Miraglia, testimoni consapevoli forse di quella fessura sul futuro che l’occhio della macchina da presa stava offrendo loro[8].

Una scoperta, per la sottoscritta, anche della diversità e delle trasformazioni dello spazio, dei luoghi nel tempo, della diversità umana, antropica, dell’ambiente di ieri, pensando a quella di oggi e della diversità dello sguardo sul paesaggio, sulla campagna, sulle città, sulle cattedrali dell’arte, euforizzate spesso dalla presenza umana, di una bellezza struggente e travolgente, in un deserto e in un silenzio tali da ingigantire lo spirito millenario finanche di ogni più piccolo reperto, che si fa documento metafisico più che rappresentazione e traccia umana. E’ strano come si possa amare tanta diversità, riconoscerla, rispettarla, prendersene cura. Forse perché non può più “minacciarci”? Forse perché i soggetti delle fotografie che si mostrano, da un passato troppo remoto (in rapporto alla vita della fotografia dalla sua nascita), sono ormai così lontani nel tempo da essere innocui, pacifici, arresi, messaggeri senza pena, insieme agli autori, ai committenti, con i loro sguardi e le loro presenze, così come quelli dei monumenti, provenienti da un’altra dimensione, opera di un distacco consumato, un lutto elaborato, che permettono oggi una migliore conoscenza, probabilmente meno inquieta, offrendosi agli sguardi e all’ascolto di oggi, prima ancora che allo studio e alla conoscenza. Ma forse si tratta di una condizione solo apparente…

Chi scrive si scusa per questa lunga “divagazione”, voluta proprio per sottolineare l’importanza, nel caso ce ne fosse stato bisogno, anche dell’apporto dei fattori emotivi, così come, a volte, di quelli legati ai misteriosi moti dell’anima che, insieme alla ragione, alle competenze e alle esperienze maturate, concorrono alle pratiche di organizzazione, analisi, trattamento per conservare e rendere accessibili i patrimoni documentari.

La fotografia è arrivata tardi ad essere considerata bene culturale, insieme alle immagini in movimento e, nonostante l’insicurezza nel trattarla, è diventata un oggetto del desiderio “persino” per gli archivisti, un campo di sperimentazione, soprattutto nell’era digitale, dal momento che la sua caratteristica di bene riproducibile, nei modi e nelle forme più impensate e quasi inclassificabili, sfida a volte ogni possibile controllo, ogni possibile logica organizzativa. Ma non perdiamoci d’animo… 

            2. Ambiti disciplinari e trattamento dei documenti fotografici 

Con questo contributo la sottoscritta desidera fornire anche delle riflessioni e delle  indicazioni, circa le quali auspica di avere un confronto con altri operatori culturali che si trovino in concreto a dover affrontare, spesso con una certa urgenza, il recupero di giacimenti fotografici di piccole e medie dimensioni, disseminati in una molteplicità di strutture (biblioteche, archivi, centri di documentazione, associazioni, musei, pubblici e privati)[9].

Come noto, soprattutto dalla fine degli anni ottanta del Novecento si assiste a un proliferare di istituti, soggetti conservatori, nonché soggetti/agenti politico-culturali, che gestiscono beni culturali, ma che non svolgono solo funzioni di trattamento/valorizzazione. Con essi proliferano, a mano a mano, le iniziative di censimento e di studio per il trattamento delle “nuove fonti”[10]. Accanto alle attività di conservazione, tutela, catalogazione, descrizione, digitalizzazione, soprattutto dagli anni novanta, non vanno dimenticate le attività di comunicazione - ora anche condivisione -, attraverso un uso non neutro dei patrimoni che sono gestiti e pubblicati in rete, ovvero le iniziative di promozione da parte di archivi di istituti culturali, di fondazioni e archivi di imprese, di sindacati, di associazioni, di istituzioni locali, di enti territoriali, etc. Gli usi pubblici “politici”, economici e sociali, oltre che culturali, dei patrimoni documentari sono finora stati poco indagati. Le attività e le scelte di trattamento, quindi di valorizzazione, in particolare degli archivi di immagini, non ne sono avulse, considerando l’importanza dei loro contenuti proprio nell’epoca del web 2.0 e il diffondersi dei loro riusi, da parte di chiunque, nella rete[11].

Il recupero e il trattamento dei patrimoni fotografici è tuttora “diviso”, forse non più conteso, tra ambiti disciplinari/professionali che dialogano a fatica: biblioteconomia, archivistica, museologia/arte, con l’affermarsi di una graduale contaminazione di metodologie e una commistione di pratiche nelle quali finisce per prevalere comunque un ambito.

Ai fini dell’accesso e della valorizzazione nel web non dovrebbe più rappresentare un problema grazie all’interoperabilità, allo sviluppo di standard per metadata per il trattamento digitale, la gestione e la conservazione, la pubblicazione e la ricerca in rete, tenendo conto anche dello sviluppo e della diffusione dei linked open data e dell’avvento del web semantico, 3.0. Il prerequisito necessario resta comunque quello della descrizione/catalogazione dei documenti e dei patrimoni, attività, si vuole ribadirlo, non neutre e ancora molto onerose.

La scelta del trattamento descrittivo dei giacimenti fotografici oltre ad essere determinata dagli standard ormai consolidati è condizionata anche dalla concezione di “documento” prevalente nei vari ambiti disciplinari.

In ambito storico la fotografia è considerata, come altre “tracce” dell’attività umana, dalla scuola delle Annales in poi, “un documento”, fonte per la storia (contemporanea, dell’arte, sociale, antropologica, etnografica, economica, industriale, della scienza, del paesaggio, urbana, politico-sindacale, … naturalmente per la storia della fotografia), che narra/documenta la/le storia/e, che agisce sulla storia.

In ambito museale/artistico/beni culturali (ICCD) la fotografia è stata innanzitutto considerata come strumento di documentazione artistica, architettonica, archeologica, antropologica, ambientale, etc. e tuttora mantiene soprattutto questo “valore”.

Solo da pochi decenni[12], come accennato, istituzionalmente la fotografia è considerata documento/opera, bene culturale anch’essa, oggetto di trattamento specifico[13].

In ambito biblioteconomico (ICCU-SBN) il documento fotografico nell’Opac Sbn Indice risulta una entità/“opera”, con una specifica natura (monografia, collezione, raccolta,…), uno specifico materiale (grafico…), con designazione speciale (fotografico) su cui sono registrate informazioni (tipologia record: fotografico). Non si riconoscono ancora pienamente in Indice SBN le specificità del linguaggio, delle forme e delle tipologie del documento fotografico, che risultano presenti solo in parte, per esempio nelle “indicazioni delle tecniche”. L’esigenza di allineare SBN ad Unimarc ha purtroppo determinato dei compromessi, che si spera, in un prossimo futuro, di poter superare, nel solco delle esperienze di ricerca, di analisi, identificazione e riconoscimento delle specificità della fotografia in ambito biblioteconomico portato avanti dagli anni ottanta da Giuseppina Benassati e Laura Gasparini. Un lavoro che oltre il famoso manuale – G. Benassati, La fotografia: Manuale di catalogazione, Bologna, Grafis Edizioni, 1990 - che anticipò la normativa dell’Iccd (la scheda F) portò alla sperimentazione , in numerose fototeche, di metodologie di catalogazione specifiche per il documento fotografico, soprattutto in Emilia Romagna e in Toscana.

Per l’archivistica la fotografia è riconosciuta come documento (non solo di natura probatoria o strumentale) di recente. Recenti anche le riflessioni sul valore di documento dei beni fotografici (anche audiovisivi).

Dal punto di vista internazionale, nel congresso del 1988 a Parigi, l’ICA (grazie a P. René Bazin) per la prima volta in una sessione si parlò di nuove fonti, raggruppate in archivi audiovisivi (e fotografici), produzioni radiotelevisive, archivi orali, archivi informatici, microfilm.

Paola Carucci ha indicato nei primissimi anni novanta come l’archivistica avesse:

“Esteso il suo ambito anche a documenti non giuridici [diplomatica] e più in generale a qualsiasi testimonianza, qualunque ne sia il supporto e la natura, contenuta in un archivio o a cui sia riferibile il concetto di archivio, rivolgendo la sua attenzione anche a quelle fonti per le quali siano applicabili ai fini di una corretta conservazione alcuni principi essenziali elaborati per gli archivi tradizionali”[14]

Fondamentale, per l’archivistica, come specifica sempre la Carucci, è avere chiaro che il documento fotografico o di altra tipologia, è trattato solo nel contesto dell’archivio. Nel 1991, la studiosa elencava i tre elementi determinanti il concetto di archivio (prima ancora di “documento”): 

“un soggetto che produce la fonte, il fatto che la documentazione sia prodotta nell’ambito dell’esercizio di una attività istituzionale, amministrativa, professionale, personale, commerciale, culturale, assistenziale o altro; il fatto infine che – trattandosi di una attività pratica svolta da un soggetto – esista una connessione logica o funzionale tra le unità che compongono l’insieme”[15].

Non si vuole qui entrare nel merito di un dibattito ancora in corso sul concetto di archivio fotografico, di bene fotografico e sul rapporto tra studiosi, autori e produttori di fotografie, conservatori, operatori culturali. Un dibattito che vede, anzi, una ripresa interessante soprattutto negli ultimissimi anni, con una serie di seminari e convegni promossi soprattutto dall’Iccd in collaborazione con altre istituzioni[16].

Come affrontare dunque il recupero di giacimenti fotografici? Quali strumenti, nei diversi ambiti disciplinari, ci sono oggi in Italia, utili e sostenibili per la “catalogazione” di patrimoni fotografici? Questi strumenti a quali livelli e con quali specificità riescono a restituire la provenienza, la sedimentazione, i processi produttivi, le finalità, la complessità culturale di un giacimento documentario fotografico? Ovvero, i suoi diversi contesti?

In ambito biblioteconomico strumenti attuali “sostenibili”, ovvero anche “gratuiti” se già in uso in una biblioteca per la catalogazione di altri beni culturali, libri in primo luogo, troviamo SBN (evolutiva 2015), le Reicat (solo parzialmente applicate dall’Iccu in SBN) e le Isbd (consolidate), inoltre gli applicativi Sbnweb e Sebinaweb.

In Sbn Indice attualmente risultano circa dicimila fotografie[17] (senza considerare gli opac dei poli locali, dove le fotografie descritte raggiungono numeri ben più consistenti), catalogate come materiale GRAFICO, quindi “monografia semplice” per le singole foto, mentre più fototipi (insiemi di) possono essere rappresentati, con forzature concettuali, come Collezioni, Raccolte fattizie, Monografie superiori, a seconda delle intenzioni editoriali o meno della loro aggregazione da parte di un soggetto (le schede delle singole foto/documento presentano quindi un legame/relazione – “fanno parte di” - con la scheda “monografia superiore”, legame che restituisce il senso e in parte il contesto della loro aggregazione. Ma non si scende, nell’esperienza, pur essendo possibile, oltre i due livelli, per la perdita di una restituzione chiara delle denominazioni dei diversi livelli con le loro relazioni).

Occasione mancata, dunque, quella di recepire le specificità della fotografia, anticipate dal citato lavoro di Giuseppina Benassati, i cui sviluppi sono stati invece applicati in alcuni poli soprattutto dell’Emilia Romagna e dall’IBC[18].

Nonostante tali limiti catalogare in SBN i giacimenti fotografici di piccole/medie dimensioni, che abbiano le caratteristiche di raccolte, o di collezioni, o di miscellanee, può essere vantaggioso oltre che utile e fattibile, applicando alcune forzature nella compilazione dei campi del tracciato catalografico previsto per la GRAFICA.

Dal punto di vista archivistico importanti sono i contesti, il/i soggetto/i produttori; i legami tra i documenti che restituiscono i “contesti”.

Nel caso dei documenti fotografici, Adolfo Mignemi, che ha maggiormente indagato, come storico, il tema del trattamento documentario, in termini archivistici, delle fonti fotografiche, indica e individua nell’evento fotografico e nei suoi autori e committenti, quindi nel processo di stampa, il procedimento che porta al documento fotografico[19]. Al modello di trattamento proposto da Mignemi, approfondito e rigoroso, si sono avvicinate in particolare le esperienze di catalogazione di alcuni archivi fotografici, utilizzando la piattaforma xDAMS e le regole Isad G, con integrazioni e adattamenti desunti dalla Scheda F.

Musei e soprattutto sovrintendenze detengono patrimoni fotografici di documentazione artistica e utilizzano SIGEC Web[20], quindi la Scheda F (scegliendo tra i vari livelli, soprattutto inventariale e di catalogo). Permane un po’ di ambiguità, in tali ambienti, o forse ancora una certa difficoltà, a considerare la fotografia pienamente come bene culturale a sé, e non solo come documento di rappresentazione/documentazione di altri beni, sebbene importantissimo in tal senso[21]. L’Iccd da tempo sta sperimentando la scheda FF (Fondo Fotografico) e dal luglio 2012 è in corso una catalogazione per “insiemi”, a un livello più alto della singola unità documentaria fotografica, che può corrispondere a una unità archivistica o a una serie, in base al legame che vincola fotografie con un medesimo nesso logico, autoriale, produttivo, cronologico… Tale progetto sperimentale, a cura di Elena Berardi per l’Iccd, si avvale in parte di metodologie desunte dalla tradizione archivistica, e non a caso è stato avviato su un fondo fotografico molto complesso, il cosiddetto Fondo del Ministero della Pubblica Istruzione – Fondo MPI, per il trattamento del quale l’Istituto sta collaborando con l’Archivio Centrale dello Stato e con l’Amministrazione archivistica[22].

Con il diffondersi della consapevolezza dell’importanza della fotografia quale bene culturale specifico, storico, nonché artistico, anche in settori maggiormente dediti al recupero di tipologie di beni più “tradizionali”, quali carte, libri, oggetti d’arte, testimonianze di culture materiali, etc., le metodologie di trattamento descrittivo delle fotografie, nei diversi ambiti disciplinari, stanno in parte convergendo sulla necessità della messa a punto di modelli che tengano conto:

•    delle specificità linguistiche di questa tipologia di beni,

•    delle relazioni orizzontali e verticali tra i singoli documenti fotografici e i loro “insiemi” (parti, fondi, serie, archivi, complessi documentari, collezioni, raccolte),

•    dell’importanza dello studio e della ricostruzione delle attività e della storia dei soggetti produttori,

•    della valorizzazione dei contesti storico-culturali e produttivi, sociali ed economici.

  1. L’esperienza sul campo 

I documenti fotografici (album fotografici e fototipi positivi sciolti), custoditi presso la Società napoletana di storia patria, sono stati “accolti”, scoperti, conservati nel contesto della biblioteca della Società. Si tratta per la maggior parte degli Album e delle raccolte di una sedimentazione con intenti di documentazione e per scopi editoriali, come premesso all’inizio del contributo. Non si può parlare di un archivio fotografico o di fondi fotografici ma, appunto, di raccolte commissionate, donate, acquisite, “collezionate” per motivi diversi e in epoche differenti, provenienti e “assemblate” da soggetti diversi, tra loro slegate. Il filo rosso che lega alcune raccolte è quello di un intento più ampio della Società di salvaguardia, anche attraverso le immagini fotografiche, di identità relative alla storia artistica, paesaggistica, politico-sociale del Meridione,  in particolare da parte di alcuni soci, in un certo periodo storico, quello post unitario.

Gli album e i fototipi sciolti finora rinvenuti sono per la maggior parte costituiti da stampe positive all’albumina[23], prive dei negativi, ovvero delle lastre originali, e datano dalla fine degli anni sessanta alla fine degli anni novanta dell’Ottocento. Vi sono inoltre un album e dei fototipi sciolti costituiti da positivi su carta alla gelatina ai sali d’argento, databili questi ultimi dalla fine dell’Ottocento ai primi anni del Novecento, il primo alla fine degli anni trenta del Novecento. Sparse nei fascicoli di alcuni fondi dell’Archivio storico della Società sono state rinvenute, e di tanto in tanto continuano ad esserlo, stampe fotografiche, alla gelatina ai sali d’argento, per lo più della prima metà del Novecento. Sono inoltre presenti almeno tre generazioni di riproduzioni, dalla metà del Novecento fino ai primi anni Duemila, in alcuni casi, le prime, su lastra di vetro, la maggior parte su pellicola in poliestere 35 mm, con relative stampe positive in bianco e nero e a colori, nonché su diapositive a colori, relative ad alcuni album in particolare, realizzate a scopi di tutela conservativa, di consultazione e di riproduzione per finalità editoriali. Questi materiali non sono stati ancora censiti.

Si è ritenuto opportuno dedicare da subito maggiori attenzioni e cure nei confronti degli Album fotografici, per il valore storico-documentario, nonché artistico, oltre che per il carattere di rarità e pregio della maggior parte di essi. La provenienza e la storia degli Album rinvenuti, per alcuni sono state ricostruite, per altri, al momento, non è stato ancora possibile. In taluni casi, infatti, si tratta di Album frutto di vecchie accessioni, o vecchie donazioni di soci alla Biblioteca della Società o alla Biblioteca Comunale Vincenzo Cuomo[24], oggi gestita dalla Società, di cui però si è persa, o al momento non è stata ancora reperita, documentazione storica, per esempio nell’archivio storico della Società, in fase di riordino. Di tre Album, intitolati ai Monumenti di Napoli - I, II, III -, si può ipotizzare quale soggetto “committente” (o forse raccoglitore) la Società Napoletana di Storia Patria, come rilevato dalla volontà editoriale espressa e restituita dagli elementi estrinseci sulla coperta degli Album stessi. Riconducibile a tale volontà e al medesimo intento editoriale è un gruppo di fototipi sciolti del medesimo soggetto, stessa datazione, materia, tecnica, raccolti in due cartelle con denominazione manoscritta sulla copertina (“Fotografie Chiese Italia meridionale” e “Fotografie Napoli Chiese”). A suffragare ulteriormente tale intento, il ritrovamento di un “Catalogo delle fotografie” manoscritto, redatto da Giuseppe Ceci (Andria 1862 – Napoli 1938), socio della Storia patria, studioso di storia dell’arte meridionale e napoletana, tra i fondatori della rivista “Napoli nobilissima” (prima fase 1892-1906)[25], sulla quale diverse immagini, provenienti dai tre Album fotografici dei Monumenti, sono state pubblicate. Il Catalogo del Ceci riporta in modo sommario i soggetti dei fototipi dei tre album dei Monumenti, organizzati topograficamente, quindi alfabeticamente e gerarchicamente, per contenitori di beni.

Per comprendere i contesti di “produzione” di questi album, tra i più importanti custoditi dalla Società, va segnalata l’opera di sensibilizzazione finalizzata alla conoscenza del patrimonio artistico svolta dallo Stato dopo l’Unità d’Italia, negli stessi anni della realizzazione delle fotografie dei Monumenti di Napoli[26]. Sorprende il fatto che, come nella premessa anticipato, la Società napoletana di storia patria abbia perseguito, più di altre istituzioni, sul “proprio” territorio, un progetto articolato e sistematico di documentazione – non sappiamo se commissionata o raccolta, o entrambe - del patrimonio artistico, architettonico, paesaggistico, museale di Napoli e delle sue “Province”.

Di fronte a un tale giacimento documentario, di tipologia specifica, molto variegato e relativo soprattutto ai decenni 1870-1930, si è partiti dalla ricognizione della consistenza, dei supporti e dei formati, e dal rilevamento delle condizioni fisiche degli stessi.

Di seguito, si riporta lo schema (un sintentico cronoprogramma) delle fasi, spesso svolte contemporaneamente, che riassumono gli interventi realizzati dalla sottoscritta presso la Società napoletana di storia patria.

  • La prima “fotografia” dello stato dell’arte di queste collezioni è stata realizzata predisponendo fogli excel per ogni Album sui quali sono stati riportati i dati sintetici relativi alle consistenze, alle caratteristiche estrinseche, alle condizioni fisiche generali, ai soggetti principali, agli interventi necessari (dicembre 2014-gennaio 2015).
  • E’ seguita una analisi più approfondita ai fini del riconoscimento delle tecniche fotografiche, quindi della rilevazione dello stato di conservazione delle singole immagini, anche ai fini della selezione dei materiali documentari - singoli fototipi e album - per il progetto “Digitalizzazione e messa in rete di Archivi e Biblioteche” (gennaio-marzo 2015) e aggiornamento dati sui fogli di lavoro Excel.
  • Sono stati effettuati successivamente i primi interventi di messa in sicurezza: spolveratura, individuazione dei locali di conservazione più idonei, sebbene comunque privi di condizioni termo-igrometriche adeguate e controllate, per poter poi procedere alla catalogazione, digitalizzazione, rilegatura ed eventuale restauro (gennaio-marzo 2015).
  • Si è proceduto quindi allo studio e alla scelta delle modalità di descrizione dei documenti fotografici, in base alle esigenze, alle necessità e agli strumenti in dotazione presso la Società. E’ stata svolta la catalogazione, con le correlate attività di identificazione dei soggetti, ricerca e contestualizzazione di ogni singola immagine. La catalogazione degli album e dei singoli fototipi è stata effettuata in SbnWeb[27], e parallelamente su foglio excel con i campi predisposti secondo il tracciato della scheda F inventariale integrata (febbraio-settembre 2015).
  • Sono state avviate l’analisi e la predisposizione di materiali e strumenti per la successiva mappatura dei tracciati Sbn/Unimarc/Scheda F livello inventariale integrata (luglio-settembre 2015).
  • In ultimo sono state effettuate l’interfogliazione con carta a norma[28] e l’apposizione dei numeri di inventario e delle collocazioni sui singoli fototipi (luglio 2015-settembre).

Seguiranno, da fine settembre 2015, la digitalizzazione dei singoli fototipi e degli album, con relativa meta datazione, e la messa a punto definitiva del tracciato catalografico secondo le norme della scheda F livello inventariale integrato, mappato sulla catalogazione effettuata in SbnWeb, con la migrazione dei dati da SBN alla banca dati predisposta nell’ambito del progetto di costituzione del polo digitale degli Istituti culturali di Napoli, come illustrato nel citato saggio di Luigi Cerullo.

Gli album e i fototipi finora catalogati e consultabili in SbnWeb, che verranno digitalizzati e resi disponibili alla consultazione on line sulla piattaforma del progetto citato, consistono in 1035 unità documentarie corrispondenti ai seguenti album:

  • Ricordo di Massaua (Mare Rosso) 1885 Autore: “Fotografi della Real Casa, Ledru & Nicotra. Premiati in varie esposizioni. Messina”.
  • Ricordo di Roma, senza autore, 1870 e 1890.
  • Italia - Albania Dallo sbarco delle forze italiane all'offerta della Corona di Albania a S.M. il Re Imperatore, Istituto Nazionale Luce, 7-16 aprile 1939. Autore: Istituto Nazionale Luce.
  • Isole della Laguna di Venezia, 25 aprile 1887. Autore, Tomaso Filippi che lavorava per lo Stabilimento C. Naya.
  • Monumenti di Napoli I, senza autore, 1870-1890.
  • Monumenti di Napoli II, senza autore, 1870-1890.
  • Costumi. Raccolta di fototipi sciolti. Autori gli studi fotografici Montabone di Napoli ed Esposito & Figli di Napoli, 1880-1900.

Di seguito l’elenco con la descrizione molto sintetica di tutti gli album finora rinvenuti e di alcune “raccolte” sciolte. 

  1. Elenco degli album e delle principali raccolte individuate 

Ad oggi, settembre 2015, sono stati censiti, e in parte catalogati, oltre dieci alcum fotografici, escludendo le fotografie sciolte raccolte in due cartelle, forse con l’intento di “confezionare” altri due album dedicati alle Chiese di Napoli e delle Province. Sono state inoltre oggetto di trattamento, anche catalografico, le 77 stampe sciolte, positive all’albumina della serie “Costumi”. Ad esclusione del più noto “Album D’Amato”, custodito in una stanza soggetta a minori sbalzi di temperatura, in condizioni termo-igrometriche migliori, tutti gli altri sono stati rinvenuti in ambienti e in condizioni (temperatura e umidità relativa) non idonei alla conservazione. Primi interventi di messa in sicurezza, come riportato nel cronoprogramma, sono stati effettuati per tutti gli Album, e le fotografie sciolte, ovvero: utilizzando guanti in cotone e due pennelli di martora si è proceduto con molta cautela con un pennello a spolverare dal centro verso l’esterno ogni singolo fototipo e con l’altro il bordo del supporto secondario, per rimuovere la polvere accumulata.

A seguire l’elenco con una breve descrizione per ciascun Album.

  • Ricordo di Massaua (Mare Rosso) 1885. Autore: “Fotografi della Real Casa, Ledru & Nicotra. Premiati in varie esposizioni. Messina”, come rilevato sul timbro apposto sulla prima stampa fotografica.

Misure dell’album, che comprendono la coperta e il dorso: 350x475x80 mm.

Consistenza e caratteristiche: l’album contiene 45 fogli con fototipi solo sul recto; un altro esemplare custodito presso la Biblioteca dell’Archiginnasio risulta composto di 46 fototipi, comprendendo anche un ritratto del fotografo Mauro Ledru, non presente nell’esemplare presso la Società. L’esame con il lentino 10x ha rilevato che si tratta di stampe all'albumina incollate su supporto secondario, cartone, con didascalie a stampa incollate in calce ai fototipi.

Notizie: l’album Ricordo di Massaua fu realizzato da Ledru Mauro nel 1885, riunendo 46 fotografie scattate durante il suo primo soggiorno africano, per la maggior parte vedute di Massaua e ritratti di militari italiani. “Il fotografo messinese si concentrò quasi esclusivamente sul contingente italiano, dedicando uno spazio minimo alla realtà locale. Quelle poche immagini in cui l’esercito non monopolizza la scena fanno trasparire un’Africa bonaria, sonnolenta e trasandata ma non minacciosa, a differenza di quanto accadde dopo le sconfitte di Dogali (1887) e di Adua (1896), quando la crisi dell’apparato coloniale italiano provocò un forte shock, modificando in profondità la rappresentazione di questa parte dell’Africa e dei suoi abitanti. Questa notevole raccolta di immagini fu offerta in vendita da Ledru Mauro nello stesso anno in cui fu realizzata (1885) al Municipio di Bologna, che la acquistò per la ragguardevole somma di cinquecento lire, destinandola alla Biblioteca comunale dell’Archiginnasio”[29]. Nell'esemplare della Società Napoletana di Storia Patria, i fototipi sono 45, mancando il ritratto fotografico dell'autore. L'Album proviene dal Fondo Vittore Pansini, magistrato e scrittore (Napoli, 1875 - Macerata, 1953) la cui biblioteca, varia con testi di diritto, d’arte, di cultura nord africana, opere sulle tecniche di incisione e fotografie, è stata donata alla Società.

Misure dei singoli fototipi: 250 x 180 mm o 180x250.

Condizioni: discrete/mediocri per i singoli fototipi; alcune stampe presentano un degrado più significativo, con muffe, sbiadimenti, solforazione, macchie, abrasioni e ossidazioni. La coperta è in cattive condizioni, lacerata, con muffe e rigonfiamenti. L’album necessita di restauro e rilegatura, nonché di condizionamento in scatola a norma.

Informazioni bibliografiche sulla storia e i contenuti dell’album sono reperibili nella presentazione della mostra on line: ERITREA 1885-1898. Fotografi, generali e geografi sulle sponde del Mar Rosso. Gli inizi della politica coloniale, Bologna 2007: http://badigit.comune.bologna.it/mostre/eritrea/index.htm (ultima consultazione settembre 2015).

  • Italia - Albania Dallo sbarco delle forze italiane all'offerta della Corona di Albania a S.M. il Re Imperatore, Istituto Nazionale Luce, 7-16 aprile 1939. Autore: Istituto Nazionale Luce.

Misure dell’album che comprendono la coperta e il dorso: 370 x 260 x 60 mm.

Consistenza e caratteristiche: l’album contiene 78 fogli con altrettanti fototipi solo sul recto. L’esame con il contafili ha rilevato che si tratta di stampe alla gelatina a sviluppo ai sali d’argento incollate su supporto secondario, cartone, per la maggior parte prive di didascalie. Sul foglio n. 41 è incollato un fototipo 300 x 122 mm. con bordino bianco e didascalia; sul n. 43 due stampe attaccate (210 x 170 mm. e 190 x 170 mm.); sul n. 52 due stampe attaccate: 220 x 170 mm. e 230 x 170 mm.); sul n. 63 due stampe attaccate, 220 x 182 mm.; 224 x 182 mm.).

Notizie: l’Album raccoglie le immagini realizzate dagli operatori dell’Istituto Nazionale Luce, che mostrano le fasi, dal 7 al 16 aprile 1939, dello sbarco e dell'occupazione dell'Albania, da parte dell’esercito e delle milizie italiane, nonché, a Roma, l'incoronazione di Vittorio Emanuele III Re d'Albania. L’album è un omaggio dell'Ambasciatore Giacomo Paulucci di Calboli, Presidente dell'Istituto Nazionale Luce alla Società Napoletana di Storia Patria, così come scritto sulla coperta.

Misure dei singoli fototipi: la maggior parte delle stampe misura 235x174 mm e viceversa, in base all’altezza.

Condizioni: discrete per i singoli fototipi; alcune stampe presentano qualche graffio, alcune delle macchie e delle ossidazioni. La coperta è in condizioni discrete, pur presentando tracce e macchie di muffe.

Per l’identificazione dei fototipi e dei soggetti sono state effettuate ricerche ed analisi dei documenti filmici e fotografici del medesimo periodo e dello stesso soggetto contenuti nelle banche dati cinematografiche e fotografiche dell’Archivio storico Luce Cinecittà: www.archivioluce.com.

  • Isole della Laguna di Venezia[30], 25 aprile 1887. Autore, Tomaso Filippi nell’ambito dello Stabilimento C. Naya[31].

Misure dell’album che comprendono la coperta e il dorso: 30x230x440 mm.

Consistenza e caratteristiche: l’album è composto da 25 fogli e raccoglie altrettanti fototipi, incollati sul recto. L’esame con il contafili ha rilevato che si tratta di stampe all’albumina, incollate su supporto secondario, con didascalie in calce. Titolo sul frontespizio. Nell'occhietto: Ricordo della Esposizione nazionale artistica, Venezia 1887. Nel verso del frontespizio: "Fotografie eseguite dallo Stabilimento C. Naya per commissione del Municipio di Venezia il quale si riserva i diritti d'autore".

Notizie: l’album contiene documentazione di grande suggestione dedicata alle isole della laguna veneziana, con immagini che ritraggono anche persone, ambienti, mestieri. Altri esemplari conservati: Archivi Alinari; Archivio Carlo Montanari di Venezia; Biblioteca Estense Universitaria - Modena; Biblioteca d'arte e storia veneziana del civico Museo Correr - Venezia; Biblioteca del Dipartimento di diritto privato e storia del diritto dell'Università degli studi di Milano - Milano. Si veda: "IL VENETO. Fotografie tra '800 e '900 nelle collezioni Alinari", a cura di Italo Zannier, http://www.alinari.it/mostre/veneto/index.htmlMostra, Villa Contarini, Piazzola sul Brenta (PD), 17 aprile - 7 novembre 2010.

Misure dei singoli fototipi: la maggior parte delle stampe misura 190x240 mm.

Condizioni: mediocri/discrete per i singoli fototipi; diverse stampe presentano sbiadimenti, solforazioni, macchie, ossidazioni. La sovracoperta è strappata in alcuni punti, mentre la coperta si presenta in condizioni discrete.

  • Ricordo di Roma[32], senza autore e senza data, realizzato tra 1870 e 1890.

Misure dell’album che comprendono la coperta e il dorso: 65x320x400 mm.

Consistenza e caratteristiche: l’album è composto da 80 fogli, con altrettanti fototipi solo sul recto. L’esame con il contafili ha rilevato che si tratta di stampe all’albumina, incollate su supporto secondario, per la maggior parte prive di didascalie. Legatura in cartone rosso telato con fregi e impressioni in oro. Titolo dell’album sul frontespizio. Datazione desunta da materia, tecnica, supporto, collazione con altri fototipi. L’Album è rilegato, ma necessita di interventi di restauro.

Notizie: album artistico/commerciale. Le immagini ritraggono piazze, monumenti, palazzi, chiese, giardini, fontane, tombe, reperti archeologici, statue di Roma. Unico autore indicato per un fototipo (sequenza 79): Giorgio Sommer. Altri autori non identificati.

Misure dei singoli fototipi: la maggior parte delle stampe misura 265 x 200 mm; alcune 250 x 185 mm.

Condizioni: mediocri per la coperta; discrete per i fototipi.

  • Monumenti di Napoli I, senza autore, senza data, tra 1870 e 1890. Sulla coperta impressa la scritta: “Società Napoletana di Storia Patria”.

Misure dell’album che comprendono la coperta e il dorso: 70x300x500 mm.

Consistenza e caratteristiche: contiene 216 fototipi (originariamente 218), con immagini di piazze, monumenti, palazzi, chiese, giardini, fontane, tombe, reperti archeologici, statue di Napoli e altri territori dell’Italia meridionale. I fototipi sono sul recto e sul verso, per lo più disposti in coppia su ogni pagina (escluse due pagine in cui ne risulta uno per ciascuna). I fototipi dell'album riportano due numerazioni, rossa e nera. Completa e integrale risulta la rossa. Un foglio è strappato a metà, e risultano mancanti i fototipi nn. 198 e 199; il foglio n. 53 ha un unico fototipo per pagina. Da 218 fototipi numerati (rosso), risultano in totale effettivi 216. L’esame con il contafili ha rivelato che si tratta di stampe all’albumina, incollate su supporto secondario, per la maggior parte con didascalie in calce sulla stampa fotografica. Titolo album sul dorso. Coperta in cartone telato con bordi e dorso rivestiti in cuoio e al centro scritta con caratteri impressi in oro "Società Napoletana di Storia Patria". Datazione desunta da materia, tecnica, supporto, collazione con altri fototipi.

Notizie: album di documentazione artistica, primo di tre album, con fototipi che ritraggono piazze, monumenti, palazzi, chiese, giardini, fontane, tombe, reperti archeologici, statue di Napoli e dell’Italia meridionale. Identificazione soggetti dei fototipi grazie anche alla consultazione del "Catalogo delle fotografie" redatto da Giuseppe Ceci, in Archivio storico Società Napoletana di Storia Patria (s.d.).  I fototipi contenuti in questo come negli altri due album, di cui la Società Napoletana di Storia Patria è stato il soggetto committente/raccoglitore, furono utilizzati in alcuni numeri del periodico "Napoli nobilissima", prima fase 1892-1907. Autore del maggior numero di fototipi è Giorgio Sommer, alcune fotografie sono a firma di Amodio Atelier (Michele Amodio), e un fototipo è dei Fratelli Alinari. Per molti fototipi l’autore non è stato identificato e numerosi sono privi di didascalie.

Misure dei singoli fototipi: quasi tutte le stampe misurano 200 x 255 mm; due stampe presentano un formato maggiore.

Condizioni: mediocri per la coperta; mediocri per la maggior parte dei fototipi. L’album necessita di rilegatura e interventi di restauro.

  • Monumenti di Napoli II, senza autore, senza data, tra 1870 e 1890.

Misure dell’album che comprendono la coperta e il dorso: 70x320x500 mm.

Consistenza e caratteristiche: costituito da 83 fogli, con fototipi sul recto e sul verso, per lo più disposti in numero variabile da due a più, su ogni lato. In totale l’album contiene 514 fototipi, di cui 2 sciolti. I fototipi dell'album riportano due numerazioni, rossa e nera, non complete. L’esame con il contafili ha rivelato che si tratta di stampe all’albumina, incollate su supporto secondario, per la maggior parte senza didascalie. Titolo album sul dorso della coperta in cartone telato con bordi e dorso rivestiti in cuoio e al centro scritta con caratteri impressi in oro "Società Napoletana di Storia Patria". Datazione desunta da materia, tecnica, supporto, collazione con altri fototipi.

Notizie: album di documentazione artistica, secondo di tre. Le fotografie ritraggono piazze, monumenti, palazzi, chiese, dipinti, vie, mestieri, paesaggi, ville, giardini, fontane, tombe, reperti archeologici, statue di Napoli, e di altre località dell’Italia centro-meridionale, tra cui numerose su Cassino. Identificazione dei soggetti dei fototipi grazie anche agli appunti sul "Catalogo delle fotografie" redatto da Giuseppe Ceci, in Archivio storico Società Napoletana di Storia Patria. Per numerose immagini l’autore non è stato identificato e molte sono prive di didascalie. Tra gli autori principali: Giorgio Sommer, Achille Mauri e Michele Amodio.

Misure dei singoli fototipi: la maggior parte delle stampe misurano 200 x 255 mm e viceversa; altre di formato maggiore, numerose di formato minore, anche ritagliate.

Condizioni: mediocri per la coperta; mediocri per la maggior parte dei fototipi. L’album necessita di rilegatura e interventi di restauro.

  • Monumenti di Napoli III, senza autore, senza data, tra 1870 e 1890.

Misure dell’album che comprendono la coperta e il dorso: 70x320x500 mm.

Consistenza e caratteristiche: l’album è costituito da 61 fogli, con fototipi, e alcuni fogli vuoti. In totale contiene 256 fototipi (manca il 230, ritagliato e asportato) con fototipi sul recto e sul verso. I fototipi dell'album riportano solo una numerazione nera, non completa. L’esame con il contafili ha rivelato che si tratta di stampe all’albumina, incollate su supporto secondario, per la maggior parte senza didascalie. Titolo album sul dorso. Coperta in cartone telato con bordi e dorso rivestiti in cuoio e al centro scritta con caratteri impressi in oro "Società Napoletana di Storia Patria". Datazione desunta da materia, tecnica, supporto, collazione con altri fototipi.

Notizie: album di documentazione artistica, terzo di tre. Immagini di piazze, monumenti, palazzi, chiese, giardini, fontane, tombe, reperti archeologici, statue di Napoli, Amalfi, Salerno, Ravello, Venosa, Metaponto, località pugliesi. Identificazione soggetti dei fototipi grazie anche ad appunti sul "Catalogo delle fotografie" redatto da Giuseppe Ceci, in Archivio storico Società Napoletana di Storia Patria. Per la maggior parte dei fototipi non è identificabile, al momento, l’autore. Molti sono privi di didascalie. Tra gli autori principali: Giorgio Sommer, Fratelli Alinari.

Misure dei singoli fototipi: la maggior parte delle stampe misurano 200 x 255 mm e viceversa; altre di formato maggiore, numerose di formato minore.

Condizioni: mediocri per la coperta; mediocri per la maggior parte dei fototipi. L’album necessita di rilegatura e interventi di restauro.

L’Album è stato selezionato per la digitalizzazione. Non ancora avviata la catalogazione analitica in SbnWeb e su foglio excel, secondo il tracciato della scheda F livello inventariale.

Per gli Album sopra descritti, Monumenti di Napoli I, II, III riferimenti e informazioni sono stati reperiti nelle basi dati di alcuni Istituti, pubblicate sul web, ovvero soprattutto nei cataloghi dei Fratelli Alinari[33], della Fototeca Zeri[34], delle Collezioni fotografiche dell’Università di Bologna (Fondo Igino Benvenuto Supino)[35], della banca dati SAGID/ICCD[36], della fototeca della biblioteca Vallicelliana[37] di Roma, dell’Archivio fotografico dell’Istituto Luce Cinecittà[37].

  • Monumenti delle Puglie, senza autore, tra 1870 e 1890.

Misure dell’album che comprendono la coperta e il dorso: 510 x 400 x 80 mm.

Consistenza e caratteristiche: l’album è costituito da 92 fogli. 185 fototipi sul recto e sul verso. Ultimo fototipo su foglio sciolto. I fototipi dell'album riportano solo una numerazione nera, non completa. L’esame con il contafili ha rivelato che si tratta di stampe all’albumina, incollate su supporto secondario, per la maggior parte senza didascalie. Titolo album sulla coperta in cartone telato con bordi e dorso rivestiti in cuoio. Datazione desunta da materia, tecnica, supporto, collazione con altri fototipi.

Notizie: album di documentazione artistica. Immagini di piazze, monumenti, palazzi, chiese, reperti archeologici, statue di Altamura, Andria, Castel del monte, Bari, Barletta, Benevento (forse per l'artista Barisano da Trani), Bitetto, Bitonto, Trani, Brindisi, Taranto, Canosa, Conversano, Corato, Gioia del Colle, Giovinazo, Gravina, Matera, Molfetta, Modugno, Monopoli, Noci, Noicattaro, Polo del Colle, Putignano, Ruvo, Montesantangelo, Rutigliano, Terlizzi, Trani, Troia, Valentano, Lucera, …  Per la maggior parte l’autore non è stato identificato. Numerose le stampe prive di didascalie. Tra gli autori, soprattutto Giorgio Sommer.

Misure dei singoli fototipi: la maggior parte delle stampe misurano 380x260 mm, altre di formato minore.

Condizioni: mediocri per la coperta; mediocri per la maggior parte dei fototipi. L’album necessita di rilegatura e interventi di restauro.

Indicazioni reperite sul web soprattutto nei cataloghi dei Fratelli Alinari e della Fototeca Zeri.

L’Album è stato indicato per la digitalizzazione. Non ancora avviata la catalogazione analitica in SbnWeb e su foglio excel, secondo il tracciato della scheda F livello inventariale.

  • Raccolta di fotografie di NAPOLI del 1800, di Gennaro D'Amato, 1930

Misure dell’album che comprendono la coperta e il dorso: 475 x 350 x 80 mm.

Consistenza e caratteristiche: l’album è costituito 80 fogli con fototipi su recto/verso (tranne i primi due e l'ultimo (solo sul recto). 771 fototipi. Sul frontespizio: “Raccolta di Fotografie di NAPOLI del 1800 nei suoi monumenti, nei suoi costumi, nella sua vita riunita a cura e con note dell'illustratore giornalista Gennaro D'Amato. 1930”, [manoscritto con inchiostro]. Segue illustrazione e motivazione della raccolta. L’esame con il contafili ha rivelato che si tratta per lo più di stampe all’albumina, incollate su supporto secondario, per la maggior parte con didascalie manoscritte dal D’Amato con pennino e inchiostro nero. Sono presenti anche due cianografie; circa 10 collotipie, oltre 30 stampe con retino; qualche gelatina ai sali d'argento; diversi ritagli da giornali dell'epoca… Titolo album sulla coperta in cartone telato con bordi e dorso rivestiti in cuoio. Datazione fototipi desunta da materia, tecnica, supporto, collazione con altri fototipi. Risulta mancante un foglio, strappato, inoltre il fototipo n. 15.

Notizie: la raccolta è stata donata alla Società da Gennaro D'Amato (1857-1947), giornalista, illustratore, fotografo e pittore, nonché collezionista. L’album documenta paesaggi, ambienti, trasformazioni del tessuto urbano, fatti di cronaca, mestieri, scene di genere, piazze, monumenti, palazzi, chiese, paesaggi, persone, feste popolari (Madonna dell'Arco, Montevergine, la corsa dei Gigli di Nola). Le foto sono state prodotte nel contesto della stagione culturale del verismo artistico e letterario a Napoli, tra i cui rappresentanti: Vincenzo Gemito, Vincenzo Migliaro e Matilde Serao. Contiene fototipi di diverso formato, molti ritagliati. Le didascalie sono manoscritte per lo più, realizzate da Gennaro D’Amato.

Misure dei singoli fototipi: la maggior parte delle stampe misurano 380x260 mm. Centinaia le stampe minori, ritagliate dal collezionista.

Condizioni: mediocri/cattive per la maggior parte dei fototipi.

Le pagine dell’album e le singole fotografie sono state tutte fotografate in formato digitale jpeg, in anni recenti, per eventuali usi di consultazione.

Da catalogare.

  • [Raccolta in Album di ritratti dell'aristocrazia napoletana e del Sud Italia], fine Ottocento

Misure dell’album che comprendono la coperta e il dorso: 155x 125 x 50 mm.

Consistenza e caratteristiche: 30 fogli con fototipi recto/verso. Manca la copertina recto dell'album. 60 fototipi, di cui 28 risultano mancanti (asportati). Formato carte de visite. L’esame con il contafili ha rivelato che si tratta per lo più di stampe all’albumina, alcune alla gelatina a sviluppo ai sali d’argento. Datazione fototipi desunta da materia, tecnica, supporto, collazione con altri fototipi.

Notizie: album con ritratti di personalità di spicco delle élites nobiliari del Meridione. Autori vari: Giuseppe Gallego Fotografo Girgenti; Alphonse Bernoud photographe de S.M. roi des deux siciles et des princes Naoles Boschetto della Villa Reale Florence S. Maria in Campo 434; Photographie americaine Palais Lovatti au premier place du peuple Roma; Alphonse Bernoud photographe medaille et breveté Naples Boschetto della Villa Reale, Florence S. Maria in Campo 434, Livourne via Vittorio Emanuele n. 71.

Misure dei singoli fototipi: la maggior parte delle stampe misurano 60 x 90 mm.

Condizioni: mediocri per la maggior parte dei fototipi.

Da catalogare.

  • Villa Nazionale 1698-1885. Fototipi databili tra il 1870 e il 1880.

Misure dell’album che comprendono la coperta e il dorso: 155x 125 x 50 mm.

Consistenza e caratteristiche (riferite solo alla “sezione” dove sono incollati i fototipi): 34 fogli, con fototipi solo sul recto. L’esame con il contafili ha rivelato che si tratta di stampe all’albumina. Datazione fototipi desunta da materia, tecnica, supporto, collazione con altri fototipi.

Notizie: vedute della Villa Comunale e dintorni, fototipi realizzati quasi tutti da Giorgio Sommer. Nel complesso si tratta di un “ibrido”, che raccoglie, soprattutto nella prima parte, carte, disegni, monografie a stampa, quindi fototipi relativi alla storia e alla descrizione della Villa Comunale.

Misure dei singoli fototipi: 260 x 200 mm e viceversa, qualcuno di dimensioni più ridotte.

Condizioni: mediocri/discrete.

Da catalogare.

Si segnala inoltre un Album, al momento non ancora analizzato, contenente 36 fototipi, ritratti di funzionari dell’Archivio di Stato di Napoli, omaggio allo studioso, archivista, Bartolommeo Capasso (Napoli, 22 febbraio 1815 -  Napoli, 3 marzo 1900), con firme autografe in calce ad ogni stampa all’albumina. Rilegato in cuoio rosso con decorazioni in oro. Fine Ottocento. 

Fototipi sciolti

  • Fotografie di “Costumi”. Raccolta di 77 stampe positive su carta all’albumina, di fine Ottocento (1880-1900) incollate su cartoncino, degli studi fotografici Montabone di Napoli ed Esposito & Figli di Napoli, che ritraggono persone, uomini, donne, bambini, in abiti tradizionali locali, della propria regione/”provincia” o città/paese. “Serie” selezionata per la digitalizzazione. Completata la catalocazione in SbnWeb.
  • Ritratti fotografici. 144 fototipi, stampe all’albumina e alla gelatina ai Sali d’argento. Miscellanea di fototipi piccolo formato (carte de visite), positivi, che ritraggono personaggi di spicco del mondo politico e sociale presumibilmente di Napoli e del Meridone, databili dalla fine Ottocento ai primi del Novecento. In buono stato di conservazione. Da inventariare e catalogare.
  • Cartoline fine Ottocento – primi Novecento, paesaggi. In buono stato di conservazione. Da inventariare e catalogare.

Come specificato, la catalogazione è stata avviata in SbnWeb, secondo gli standard biblioteconomici relativi al trattamento dei documenti grafici, e su fogli excel seguendo il tracciato della scheda F/ICCD, livello inventariale, con alcune integrazioni (notizie storico-critiche), sperimentando anche una mappatura tra Isbd, Unimarc e Scheda F (I). In SbnWeb sono state descritte le specificità relative al materiale fotografico, con i limiti, in tal senso, dello standard biblioteconomico, riportando, a seconda delle esigenze, nelle note generali, in quelle di contenuto, negli abstract, nelle precisazioni di inventario, quanto non previsto dal tracciato catalografico. Gli album sono stati descritti come monografia superiore, avendo constatato una intenzione editoriale nella loro produzione/realizzazione. Alla monografia superiore sono state collegate le schede catalografiche dei singoli fototipi (monografia semplice), analizzati con linguaggio specifico, riportando nel campo abstract una sintesi del contenuto rappresentato e la descrizione dei piani e dei campi. La scelta dei soggetti, relativa sia al bene fotografico, sia all’opera o a quanto rappresentato, è stata mirata a rendere il più esaustivo possibile il contenuto spesso non esplicitato o erroneamente indicato nel titolo. Gli autori (persona o ente), nonché le committenze, ove presunte, sono stati inseriti secondo le norme Reicat, e le loro schede sono state legate alle opere.

Ai fini della catalogazione sono state necessarie ricerche presso cataloghi on line di altri istituti e la consultazione presso la biblioteca dell’ICCD, di pubblicazioni specifiche[39], per l’identificazione di autori e soggetti, per la datazione, e per un riscontro della presenza di altri esemplari, sia degli album che dei singoli fototipi, eventualmente conservati in altri istituti. Inoltre, sono in corso ricerche, all’interno dell’archivio della Società napoletana di storia patria, per verificare la documentazione esistente relativa alla provenienza e ai contesti produttivi di queste collezioni.

Il lavoro di riordino di queste importanti collezioni di immagini fotografiche è stato dunque avviato e in buona parte svolto, ma una gran parte resta da trattare. La stessa ricognizione, nei ricchi e articolati giacimenti documentari della Società, non può dirsi conclusa, e andrà svolta anche sui singoli fondi, per esempio degli archivi privati di alcuni soci, che potrebbero riservare non poche sorprese in termini di scoperte non solo di fotografie “di famiglia”. Nel proseguimento del lavoro e del trattamento catalografico dei fototipi, alcuni dei dati sopra indicati potranno subire delle variazioni, per essere integrati e meglio precisati.

La sottoscritta sarà davvero lieta di potersi confrontare in merito alle scelte di trattamento, alle soluzioni e alle modalità di descrizione e valorizzazione adottate nella realizzazione del progetto e del lavoro sopra descritti.

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Per contatti: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo..


[1] Per informazioni sulla storia della Società, si consulti la pagina web del sito istituzionale: http://www.storiapatrianapoli.it/it/141/la-storia (giugno 2015), inoltre le pagine del sito del Dipartimento di Storia dell’Università degli studi di Napoli Federico II: http://www.cdlstoria.unina.it/storia/dipartimentostoriaold/snsp/.

[3] Quello della sottoscritta non vuole essere un approccio storico, in tale quadro, pur con i riferimenti imprescindibili, piuttosto un intento che dia conto, accanto alle metodologie di trattamento scelte, anche dei percorsi emotivi, percettivi, spirituali, base e stimolo per il lavoro di recupero di queste “raccolte”.

[4] Le grandi epiche inchieste di Ernesto De Martino, in Lucania, in Puglia, in Calabria risalgono agli anni cinquanta del Novecento, realizzate in collaborazione (a volte conflittuale) con fotografi, tra i quali spiccano i nomi di Arturo Zavattini, figlio di Cesare Zavattini, Franco Pinna, Ando Gilardi. Si veda il volume, C. Gallini e F. Faeta (a cura di), I viaggi nel sud di Ernesto De Martino, Bollati Boringhieri, 1999.

[5] Si veda P. Becchetti, Fotografi e fotografia in Italia 1839-1880, Edizioni Quasar, 1978, in particolare: “Anche in Italia la fotografia, al tempo del collodio, subì una rapida e strabiliante espansione. Subito dopo il 1850 nascono i primi stabilimenti e la veduta fotografica sostituisce sempre più spesso, come souvenir, la vecchia tradizionale incisione. Sotto la spinta di questa crescente richiesta incisori, pittori, disegnatori lasciarono sempre più spesso il bulino e i pennelli per dedicarsi completamente a questa nuova arte dalle illimitate applicazioni e dalle realizzazioni più lucrose. … In ogni regione d’Italia ed in ogni città si aprirono nuovi studi fotografici e questo avveniva in particolar modo nelle capitali dei piccoli stati …”, pp. 29-30. Gli stessi fotografi e studi che dopo l’unità d’Italia proseguirono il loro lavoro per le nuove istituzioni statali.

[6] G. Bollati, Fotografia e storia, in Fotografia italiana dell’Ottocento, Electa Editrice/Edizioni Alinari, Milano, 1979, p. 6.

[7] “Le immagini analogiche sono come tante frecce che individualizzano, nel continuum che ci circonda, una persona, un fatto, [un monumento, ndr]. E, chiaramente, se c’è una designazione, c’è un occultamento: mettendo in evidenza questo, l’immagine ci impedisce di vedere quello che non entra nel suo quadro. In un secolo e mezzo, l’immagine analogica ha rimodellato l’accesso degli uomini al mondo che li circonda. Gli spiragli che ha aperto si sono costituiti attraverso una convergenza tra domande poste dal pubblico, possibilità tecniche intrinseche alla riproduzione analogica e strategie adottate dai produttori di immagini”, in P. Sorlin, I figli di Nadar. Il secolo dell’immagine analogica, Einaudi, Torino, 2001, p. 122.

[8] Se è vero quanto affermato da Cavanna, secondo il quale: “In quegli anni i modi della rappresentazione contemplavano l’alternanza di vedute d’insieme e dettagli architettonici o d’ornato, con rare figure: sempre in posa. La loro presenza assumeva ragioni funzionali di riferimento scalare …”, forse una lettura più approfondita e articolata della documentazione fotografica di quel periodo, territorio per territorio, potrebbe rivelare altro e oltre l’intenzione dei fotografi di allora. Si veda P. Cavanna, Un lungo sguardo, in Fotografare le Belle Arti. Appunti per una mostra, Catalogo a cura dell’ICCD, Roma 2013, p. 77.

[9] Per una panoramica, nonché analisi ai fini dei trattamenti descrittivi, oltre che conservativi e di digitalizzazione, dei materiali fotografici si rinvia alla sintesi dell’intervento di Silvia Berselli al seminario di formazione, a cura dell’AIB, Fototeche e raccolte fotografiche, del 2008, sul web: https://patrimonivisivi.files.wordpress.com/2013/08/l_gasparini-dispensa_trattamento_-collez_foto_-2007_2008.pdf. Nel testo vengono descritte in concreto le pratiche di ordinamento, trattamento catalografico e conservativo, delle collezioni fotografiche che vengono depositate o che si trovano in un istituto. L’approccio metodologico è biblioteconomico e in parte archivistico ed offre linee guida pratiche e utili tutt’oggi. Si consiglia inoltre la consultazione delle Linee di indirizzo per i progetti di digitalizzazione del materiale fotografico, Documento di lavoro a cura del Gruppo di lavoro sulla digitalizzazione del materiale fotografico, gennaio 2004, Ministero per i Beni e le Attività Culturali – ICCU. Il documento, seppur datato per quanto riguarda la parte relativa proprio alla digitalizzazione, risulta tuttora un valido strumento per una panoramica generale relativa al trattamento di archivi fotografici di tipologie differenti e specifiche, nonché alla comprensione delle loro caratteristiche. Anche questo testo è on line:  http://www.iccu.sbn.it/upload/documenti/Linee_guida_fotografie.pdf.

[10] Per gli interessanti spunti di riflessione e indicazioni, tuttora in buona parte validi, si rinvia, tra le numerose iniziative, alla pubblicazione degli Archivi di stato: Gli archivi e la memoria del presente. Atti dei seminari di Rimini, 19-21 maggio 1988, e di Torino, 17 e 29 marzo, 4 e 25 maggio 1989, Ministero per i beni culturali e ambientali – Ufficio Centrale per i Beni archivistici, Roma 1992; inoltre, alla pubblicazione dei Quaderni della Rivista AFT, S. Lusini (a cura di), Fototeche e archivi fotografici. Prospettive di sviluppo e indagine delle raccolte, atti dei seminari di Prato, 26-30 ottobre 1992, Regione Toscana-Comune di Prato e Archivi Fotografico Toscano, Prato 1996.

[11] Si veda su questi temi il contributo di T. Serena, Il posto della fotografia (e dei calzini) nel villaggio della memoria iconica totale. Uno sguardo sulle raccolte fotografiche oggi, in G. Guerci (a cura di), Archivi fotografici italiani on line, Museo di fotografia contemporanea, Milano, giugno 2007, reperibile sul web: http://www.mufoco.org/10/wp-content/uploads/2011/05/serena.pdf (u.c. agosto 2015).

[12] In Italia sono considerati beni culturali, dal 1999,  le fonti fotografiche e audiovisive (cinematografiche), sonore. DECRETO LEGISLATIVO N. 490 del 29/10/99 – Testo Unico Disposizioni Legislative in Materia di Beni Culturali e Ambientali, ora  DECRETO LEGISLATIVO N. 42 del 22/01/2004 –  Codice dei beni culturali e del paesaggio. Ovvero, sono beni culturali anche: “e) le fotografie, con relativi negativi e matrici, le pellicole cinematografiche ed i supporti audiovisivi in genere, aventi carattere di rarità e di pregio”, art. 10; e “f) le fotografie, con relativi negativi e matrici, gli esemplari di opere cinematografiche, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, le documentazioni di manifestazioni, sonore o verbali, comunque realizzate, la cui produzione risalga ad oltre venticinque anni”, art. 11.

[13] Normativa messa a punto dal MiBAC attraverso l’ICCD – Istituto centrale per il catalogo e la documentazione: tracciato catalografico Scheda F (versione 3.0, ora in sperimentazione la versione 4.0), per la catalogazione dei beni fotografici. La prima struttura dei dati di tale tracciato risale al 1999. Si veda: Guida alla compilazione della scheda F, ICCD, 1999 (https://patrimonivisivi.files.wordpress.com/2013/06/iccd_guida-compilazione-scheda-f_1999.pdf). Alcune considerazioni “a margine”. Diventa strategico, a parere di chi scrive, che nell’era del web 2.0 il mondo della conservazione e valorizzazione dei beni culturali si colleghi in modo più sistematico e saldo al mondo della scuola di ogni ordine e grado, a cominciare dall’organizzazione di una formazione specifica degli insegnanti anche in questi ambiti. Molti di loro, infatti, non sanno cosa sia un bene culturale e per la maggior parte ignorano l’esistenza di archivi e istituti di conservazione di beni culturali. Se risultano più conosciuti e frequentati biblioteche e musei, sicuramente molto poco lo sono gli archivi. Ben pochi inoltre conoscono e sono consapevoli del valore dei “nuovi” beni culturali, quali le fotografie e i film. La maggior parte non sa dell’esistenza di professioni specifiche per il trattamento di questi beni, per la loro valorizzazione e il loro riuso creativo. La fotografia nel e dal mondo della scuola è spesso ancora considerata soprattutto un “hobby”. In tal modo si privano i ragazzi della conoscenza di un importante settore del mondo del lavoro e dell’economia, nonché delle professioni ad esso legate. Non si può, infine, non constatare la mancanza in Italia di una educazione al linguaggio fotografico e alla sua storia, alle sue forme (come per il cinema, e gli altri media visuali), la mancanza di pratiche e attività formative nell’ambito della visual literacy e della public history, quindi della digital public history. Per un quadro su tali problematiche: S. Noiret, La Public History: una disciplina fantasma? (Public History: a Ghost Discipline?), in «Memoria e Ricerca», n. 37/2011, Franco Angeli, pp. 9-35. Si consiglia inoltre la consultazione del blog dello studioso sull’argomento: http://sergenoiret.blogspot.it/ (u.c. agosto 2015).

[14] P. Carucci, Il bene culturale, in L’audiovisivo è un bene culturale? Il bene culturale audiovisivo nell’epoca della sua riproducibilità di massa, Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, Roma, 1991, p. 20.

[15] Ivi. A proposito della definizione di documento, Ansano Giannarelli, nell’ambito delle battaglie per il riconoscimento di bene culturale alle nuove fonti (audiovisive e fotografiche), promosse, già dagli anni ottanta, dalla Fondazione Aamod (Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico), confrontandosi nel 1995 con gli archivisti, sottolineava la necessità di un chiarimento a proposito delle parole opera, prodotto, documento: “il termine prodotto indica esattamente il risultato di un processo di produzione, e quindi di un’attività umana, e perciò si configura anche come documento: innanzitutto di quel processo, di quell’attività. [...] Certo, è un prodotto con sue caratteristiche particolari, dal momento che le immagini comunicano idee, emozioni, concetti, valori, ideologia. Alcuni di questi prodotti possono attingere alla sfera dell’arte, allora è più appropriato il termine opera, ma sempre di prodotti si tratta, prima di tutto… Così un prodotto o un documento, filmici o audiovisivi [e fotografici] non sono sempre anche opere d’arte, … mentre un film [o fotografia] opera d’arte è sempre anche un prodotto, un documento. …”, A. Giannarelli, La descrizione del film, in Il documento audiovisivo: tecniche e metodi per la catalogazione, Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico - Regione Lazio CARL, Roma, 1995, pp.55-56.

[16] Si cita in particolare uno dei più recenti, organizzato dall’Iccd, LE FOTOGRAFIE IN ARCHIVIO. Metodologie, processi di conoscenza e trattamento dei fondi fotografici, svoltosi a Roma dal 30 giugno al 3 luglio 2015. On line sono reperibili le sintesi di alcuni interventi: http://www.iccd.beniculturali.it/index.php?it/150/news/256/le-fotografie-in-archivio-metodologie-processi-di-conoscenza-e-trattamento-dei-fondi-fotografici (u.c. agosto 2015).

[17] Nella Giornata di studi “La fotografia negli archivi ecclesiastici”, svoltosi al Museo Centrale del Risorgimento a Roma  il 5 giugno 2015, nel suo intervento Rossella Caffo ha parlato di oltre 8000 fotografie catalogate in SBN Indice.

[18] Si vedano i materiali pubblicati sul web Fotographia. Attività di catalogazione e tutela dei fondi fotografici in Emilia Romagna http://online.ibc.regione.emilia-romagna.it/h3/h3.exe/apubblicazioni/t?NRECORD=0000016330.

[19] A. Mignemi, Lo sguardo e l’immagine, Bollati Boringhieri, 2003.

[20] Per informazioni sul sistema si consulti la pagina del sito dell’ICCD: http://www.iccd.beniculturali.it/index.php?it/118/sistema-informativo-generale-del-catalogo-sigec (u.c. agosto 2015).

[21] Andrea Emiliani scrive in proposito: “Una buona fotografia è in grado di assicurare durevolmente l’oggetto, il monumento, il paesaggio stesso al tempo. Essa ne fornisce una sorta di carta d’identità che, completata dei dati morfologici, scientifici, bibliografici, seguirà l’oggetto nelle sue vicende anche conservative. Un oggetto non fotografato resta inesorabilmente vietato ai più”, in M.L. Polichetti (a cura di), Norme per le fotografie corredate alle schede di catalogo, Iccd, Roma 1998, reperibile on line sul sito dell’Istituto.

[22] Per la storia conservativa del Fondo e del suo trattamento, nonché per l’analisi e lo studio degli attuali criteri di descrizione, si vedano i saggi introduttivi al Catalogo, Fotografare le Belle Arti. Appunti per una mostra, Iccd, Roma 2013. In appendice ai saggi sono state pubblicate diverse schede di catalogo di “insiemi” e “partizioni” fotografici. Concettualmente, alcune terminologie e scelte organizzative, sembrerebbero necessitare di ulteriori riflessioni, dettate dalla vastità di questo archivio e dalla sua organizzazione/”smembramento” dalle origini ad oggi, secondo i criteri tipici dell’ottica degli studiosi di storia dell’arte, per cui ogni fotografia o più fotografie sono/erano trattate e “ordinate” in base al tipo di bene rappresentato, per luoghi e per contenitori di beni, in ordine alfabetico, certamente non per soggetti produttori delle fotografie o per campagne fotografiche, tanto meno secondo criteri cronologici. Come spiega Pierangelo Cavanna: “Definire i criteri di selezione e di individuazione delle serie, o più propriamente insiemi, ha comportato la risoluzione preliminare di alcuni aspetti problematici in quanto la suddivisione topografico-alfabetica, che contraddistingue gran parte dell’archivio, non sempre corrisponde a gruppi omogenei di fotografie.  […] Le linee generali seguite nella definizione degli insiemi catalografici hanno tenuto conto dei seguenti elementi: pertinenza e coerenza tematica; cronologia e occasione della ripresa (restauri, campagne documentarie, eventi eccezionali); autorialità; destinazione d’uso unitaria (pubblicazioni, mostre, campagne catalografiche); materia e tecnica dei fototipi considerati. Particolare attenzione è stata posta ai cambiamenti di ripartizione territoriale, ai mutamenti di toponomastica, ad eventuali spostamenti fisici delle opere dai contenitori architettonici di provenienza, alla creazione di nuove realtà museali.”, Ibidem, p. 81.

[23] Per quanto riguarda la storia e le caratteristiche dei procedimenti fotografici all’albumina si veda l’articolo di Silvia Berselli, Archivio e conservazione. Le stampe su carta albuminata, in «AFT Rivista di Storia e Fotografia», Numero 7, anno 1988, pp. 7-10, anche on line: http://rivista.aft.it/aftriv/controller.jsp?action=rivista_browse&rivista_id=42&rivista_pagina=7#pag_7.

[24] Raccoglie la ricchissima biblioteca che l'Abate Vincenzo Cuomo, morendo, lasciò al Comune di Napoli, e che il Comune concesse in affidamento perpetuo alla Società. Contiene volumi, opuscoli, periodici e materiale iconografico raro e pregiato. Parzialmente catalogato in SBN, catalogo su schede mobili.

[25] Tutti i numeri e i fascicoli della rivista dal 1892 al 1922 sono stati digitalizzati e sono consultabili on line sul sito della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte di Roma (BiASA) – Periodici italiani digitalizzati: http://archive.is/je7SD.

[26] Era iniziata con la raccomandazione di redigere degli Elenchi “di edifici pubblici di qualsiasi forma, sacri o profani […] i quali per arte, antichità o memorie storiche, abbiano tale importanza da farli annoverare tra i monumenti nazionali”, come scriveva Cesare Correnti nel 1870 ai Prefetti, nella Lettera al Presidente dell’Accademia Albertina di Torino, conte Marcello Panissera di Veglio, datata 6 maggio 1870. Nella successiva, del 12 agosto, indirizzata alle “Commissioni conservatrici di Belle Arti e ai Prefetti”, avrebbe precisato come fosse “mosso dal desiderio di far conoscere al paese nostro, con la maggior possibile esattezza, la dovizia dei monumenti che furono in ogni tempo una delle più splendide glorie della nazione e de’ quali il Governo debbe rispondere ad essa.”, Archivio storico Accademia Albertina di Belle Arti, AABA TO599, “Arte in Piemonte”. “In continuità con quell’iniziativa si collocava la prima sistematica ricognizione fotografica a scala nazionale avviata a partire dal 1878, […] opera sempre di operatori locali altamente qualificati, ai quali dobbiamo, in quel torno di tempo e magari per iniziativa personale […], la ricchissima documentazione dei nostri centri ‘minori’, quelli storicamente esclusi dal repertorio canonico del Grand Tour. Quando il Ministero concepirà una nuova campagna, quella che darà forma all’Apulia Monumentale di Romualdo Moscioni nel 1892, l’impianto della ricognizione sarà concettualmente diverso, privilegiando ora l’indagine analitica di un territorio, passando quasi dal concetto di emergenza monumentale alla restituzione del tessuto archeologico e architettonico (non ancora paesaggistico) di un’intera regione”. Si veda P. Cavanna, Un lungo sguardo, cit., p. 77.

[28] CARTA GLASSINA “VISTA” PER LA CONSERVAZIONE FOTOGRAFICA E ARCHIVIO Carta di pura cellulosa, prodotta per la conservazione e l’archiviazione a lungo termine. CARATTERISTICHE TECNICHE • 100% pura cellulosa • Senza riserva alcalina • pH 6,5 • Libera da impurità metalliche • P.A.T. (Photographic Activity Test - Image Permanence Institute Rochester, USA) (ISO 18916) • Acid-free e priva di lignina (ASTM D 1030/ISO 302) • Numero Kappa (resistenza all’ossidazione) < 2 • Conforme alla normativa DIN ISO 9706 • Libera da sostanze chimiche • Senza sbiancanti ottici (O.B.A. free) • Colore: Semi-trasparente • Grammature: 30, 40, 50, 60 g/m, Società CTSEurope: http://www.ctseurope.com/. La scelta della carta glassina, con le caratteristiche sopra descritte, per l’interfogliazione è al momento stata considerata la soluzione più efficace, oltre che economica, per una messa in sicurezza temporanea maggiore, in previsione degli auspicati restauri.

[29] Cfr. "ERITREA 1885-1898. Fotografi, generali e geografi sulle sponde del Mar Rosso. Gli inizi della politica coloniale", http://badigit.comune.bologna.it/mostre/eritrea/ledru.htm (u.c. agosto 2015).

[30] Altri esemplari conservati: Archivi Alinari; Archivio Carlo Montanari; Biblioteca Estense Universitaria - Modena; Biblioteca d'arte e storia veneziana del civico Museo Correr - Venezia; Biblioteca del Dipartimento di diritto privato e storia del diritto dell'Università degli studi di Milano - Milano. Si veda inoltre: IL VENETO. Fotografie tra '800 e '900 nelle collezioni Alinari, a cura di Italo Zannier, http://www.alinari.it/mostre/veneto/index.html, Mostra, Villa Contarini, Piazzola sul Brenta (PD), 17 aprile - 7 novembre 2010.

[31] Archivio fotografico Tomaso Filippi, consultabile on line: http://www.tomasofilippi.it/. Breve biografia di Tomaso Filippi sul web: https://it.wikipedia.org/wiki/Tomaso_Filippi e http://www.archiviostoricodelpatriarcatodivenezia.it/quadernodidattica/schede/filippi.htm (u.c. agosto 2015).

[34] http://catalogo.fondazionezeri.unibo.it/hp.jsp?decorator=layout_S2&apply=true. La fototeca di Federico Zeri è costituita da oltre 290.000 fotografie di opere d’arte e monumenti. Sono in gran parte stampe su carta in bianco e nero, di vari formati e tecniche: gelatine ai sali d’argento, albumine, aristotipi, stampe al carbone, collotipi, fotoincisioni e, in minima parte, stampe e diapositive a colori.

[35] Il fondo si trova presso il Dipartimento di Arti visive, performative, mediali. Una parte di quello fotografico è stata catalogata dall'Archivio storico e consta di 3249 fotografie: 2163 riguardano l'Italia, le cui regioni più rappresentate sono il Veneto, l'Emilia Romagna, la Toscana e la Sicilia, mentre per quanto riguarda le singole città il primato spetta a Roma con 542 fotografie ed a Napoli con 151; 1086 gli Altri paesi (in particolare la Grecia con 409 fotografie seguita da Francia e Spagna), l'Asia ed i Paesi dell'Africa settentrionale: http://www.archiviostorico.unibo.it/it/struttura-organizzativa/sezione-archivio-fotografico/archivi-fotografici-aggregati/fondo-igino-benvenuto-supino/biografia/?IDFolder=456&LN=IT#.

[36] Archivio fotografico on-line offre una selezione di circa 60.000 immagini digitali, esemplificative del patrimonio fotografico conservato presso l’ICCD; il sito è in continua implementazione grazie alla costante attività di inventariazione e digitalizzazione realizzata dall'Istituto: http://www.fotografia.iccd.beniculturali.it/.

[39] M. Picone Petrusa e D. del Pesco, Immagine e città. Napoli nelle collezioni Alinari e nei fotografi napoletani tra Ottocento e Novecento, catalogo mostra, Napoli 1981; D. Palazzoli, Giorgio Sommer fotografo a Napoli, Milano 1981; Napoli in posa. 1850-1910. Crepuscolo di una capitale, catalogo della mostra a cura di G. Fiorentino, G. Matacena, Electa, Napoli 1989; G. Fanelli, B. Mazza, Alphonse Bernoud, Firenze 2012; C. Gelao, Achille Mauri fotografo di sua maestà, Alinari 24 ore, 2009. Per l’identificazione dei nomi delle famiglie nobili napoletane: http://www.famiglienobilinapolitane.it/

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