«…vivendo nel Foro sentii nascere in me l’intimità con le pietre che a prima vista paiono mute ed indifferenti e mosso da una forza che prima non avevo mi misi in cammino»
Lettera di Giacomo Boni a John Ruskin, 11 gennaio 1899.
L’archeologo Giacomo Boni, direttore degli scavi del Foro Romano dal 1898 al 1914, è considerato un precursore delle teorie dello scavo stratigrafico: egli si avvalse con grande attenzione della fotografia per documentare il proprio lavoro di scavo. L’immagine qui riprodotta è relativa ad una delle tombe ad incinerazione del sepolcreto protostorico scavato presso il tempio di Antonina e Faustina1. La fotografia ha in questo caso una duplice valenza: scientifica come illustrazione del contesto stratigrafico del ritrovamento dell’urna cineraria e relativo corredo, e documentale per la presenza dell’archeologo ritratto all’interno dell’ambito di scavo. Pioniere nel promuovere sul campo un metodo di lavoro rigorosamente scientifico, Boni scrive: «L'analisi, le fotografie ed i rilievi grafici documentano ed illustrano ogni particolare del terreno esplorato, ed offrono una base severamente scientifica per stabilire l'ordine cronologico nel raggruppamento e nella successione di questo insigne sepolcreto latino»2. Egli fu anche il primo in Italia ad intuire l’importanza di una documentazione fotografica realizzata dall’alto, e nel 1899, in collaborazione con il Genio Militare, eseguì i primi scatti da pallone frenato, per la documentazione di quanto emerso nel corso degli scavi forensi3. Presso l’Archivio Storico Fotografico SSBAR, Sede Foro Romano – Palatino, è conservata una parte della documentazione fotografica degli stessi scavi: sono per lo più lastre in vetro di dimensione 20x34 che riproducono le aree archeologiche scavate, con particolari e vedute generali.
Cenni Storici
L’ invenzione della fotografia affiancherà da subito alcune discipline scientifiche per la sua capacità di riprodurre fedelmente la realtà4. È in questo ambito, dove la fotografia è usata soprattutto come mezzo di riproduzione, che può essere inserita la fotografia archeologica.
La rilevanza del nuovo mezzo di rappresentazione, e della potenzialità nel campo artistico e monumentale fu evidente sin dalla prima notizia del successo dell’esperimento di Joseph Nicéphore Niépce. Egli nel 1826 fissò su una lastra di stagno ricoperta di bitume l’immagine del panorama visto da una finestra al primo piano della propria casa-laboratorio. I concreti risultati degli studi sui procedimenti fotografici furono presentati successivamente da François Dominique Arago, allora direttore dell’Osservatorio di Parigi, durante la riunione congiunta dell’Accademia delle Scienze e dell’Accademia delle Belle Arti il 19 agosto 1839: il procedimento messo in atto dal francese Louis-Jacques-Mandé Daguerre, era un deciso passo avanti, che poneva le basi perché la nuova tecnica di ripresa potesse essere di supporto alle attività di studiosi e scienziati5.
I primi monumenti ad essere riprodotti con la tecnica dei dagherrotipi furono le piramidi d’Egitto (Frédéric Goupil-Fesquet6), e l’Acropoli di Atene (Pierre-Gustave Joly de Lotbinière7). La tecnica di ripresa aveva tuttavia il limite della non riproducibilità. Maxime Du Camp, giornalista, pittore e fotografo, introdusse l’utilizzo della tecnica calotipica che invece la consentiva: partito nel 1849 alla volta dell’Egitto su incarico del Ministero dell’Educazione francese, condusse un’accurata campagna fotografica che ebbe per oggetto geografici e bassorilievi8. Le sue foto si distinguono per la rigorosità delle inquadrature incentrate sul soggetto archeologico e non sul paesaggio.
La prima missione di archeologia documentata con la nuova tecnica di ripresa fu quella di Richard Lepsius in Egitto; sempre ad altro egittologo franco-americano, John Beasley Greene, si devono i primi libri fotografici archeologici, frutto del suo viaggio in Nord-Africa. Il primo fu pubblicato nel 1854 con una selezione delle calotipie9 realizzate (46 tavole relative a monumenti e 48 di paesaggi)10; il secondo nel 1855, di ritorno dalla seconda spedizione in Egitto, descrisse gli scavi condotti dallo stesso Greene a Medinet-Habu nel tempio funerario costruito da Ramses III11. L’archivio fotografico, affidato alla sua morte al collega egittologo e fotografo Théodule Devéria, è stato smembrato: stampe originali su carta salata sono conservate negli Stati Uniti12 e presso la Bibliothéque Nationale de France (6 esemplari acquistati nel 194313). L’intento era quello di realizzare immagini che riproducessero luoghi e monumenti per soddisfare la curiosità ed il desiderio di conoscenza di luoghi esotici e poco accessibili ai più nel Vecchio Continente.
Negli stessi anni in Italia Giacomo Caneva, pittore e fotografo padovano14, operò a Roma dal 1844: a lui si deve la più antica stampa su carta salata, datata 1847, che riproduce piazza Bocca della Verità15. La sua produzione fotografica è incentrata non solo sulla città ed i suoi monumenti ma anche sulla campagna romana. Partecipò attivamente alle iniziative della Società Romana di Fotografia, e lui si devono le fotografie di alcune sculture conservate nei Musei Vaticani come il Lacoonte ed il Torso del Belvedere. Le opere di Giacomo Caneva sono oggi conservati nell’Archivio Fotografico Comunale di Roma (Palazzo Braschi), ed al Museo della Fotografia Fratelli Alinari di Firenze16.
Si può parlare invece di utilizzo della fotografia come supporto alla documentazione di uno scavo con l’esperienza di Alexander Conze17, il quale arruolò il noto fotografo Wilhlem Bunger perché lo affiancasse nella sua spedizione a Samotracia relativa alla campagna di indagini al santuario dei Grandi Dei tra il 1873 al 1875. Per la prima volta i monumenti o gli oggetti furono rappresentati con riferimenti metrici come stadie centimetrate e metrini di dettaglio. Le foto dei materiali furono pubblicati a supporto degli stessi rilievi18.
Il primo manuale di fotografia archeologica è di Eugène Trutat, La photographie appliqué à l'archéologie; molte delle regole della documentazione fotografica attuale discendono proprio da questo manuale: luce morbida e diffusa, massima chiarezza nei particolari, illuminazione uniforme degli oggetti19.
Gli archeologi John Parker, Thomas Ashby e Esther van Deman con le loro campagne fotografiche hanno lasciato testimonianze fondamentali del panorama archeologico di Roma e dintorni spesso oggi perduto; le loro collezioni sono conservate nelle principali Istituzioni nazionali e straniere. Italiane sono l’Istituto Centrale per la Documentazione ed il Catalogo, l’Istituto di Archeologia e Storia dell’Arte di Roma, l’Archivio della Soprintendenza Speciale Archeologica di Roma, a Firenze l’Archivio Alinari, a Roma gli istituti di cultura stranieri come la British School at Rome, l'Istituto Archeologico Germanico e l'American Academy in Rome.
Quest’ultimo conserva la ricca collezione di Ester Boise Van Deman (prodotta tra il 1898 ed il 1930), che consta di circa 5.000 negativi in lastre. La Van Deman per documentare il suo lavoro diventò una fotografa di buon livello, e ne è prova non solo la qualità delle sue foto, ma anche l’eccellente conservazione dei suoi negativi e l’organizzazione del suo archivio20. Giunta a Roma nell’autunno del 1901, vi rimase fino al 1937 (se si eccettua una breve pausa tra il 1903 ed il 1906): dedicò la sua ricerca in campo archeologico al culto di Vesta ed alle tecniche costruttive romane, le pubblicazione dei suoi studi furono corredati dalle sue fotografie. Nota e molto suggestiva è l’immagine che riproduce l’Atrium Vestae nel Foro Romano in seguito alla nevicata del gennaio 190921, una delle rare non a carattere prevalentemente scientifico come invece erano quelle che riguardavano i particolari delle tecniche costruttive antiche.
Due sono le categorie iconografiche nelle quali leggere la funzione storico-documentaria della fotografia archeologica. Una è quella delle fotografie prodotte, diremo così, come mezzo di suggestione visiva, turistiche, cioè eseguite per il pubblico dei viaggiatori e dei visitatori che percorreva l'Italia tra il 1840 e il 1930, prima che il turismo di massa cominciasse a manifestare la propria esistenza e ad essere organizzato. L'altra è quella a carattere esclusivamente scientifico, come strumento d’indagine costituita dalle riprese fotografiche eseguite per documentare, ad uso degli archeologi, i lavori di scavo, di rinvenimento di opere antiche, di restauro, di ripristino di materiali archeologici, di monumenti e luoghi.
La fotografia archeologica, come quella non specialistica, non sempre presenta tutti i dettagli possibili di un monumento. Uno dei limiti delle fotografie della seconda metà del XIX secolo fu che i manufatti antichi fossero riprodotti secondo stereotipi suggestivi perché per lo più destinati al mercato turistico. Nonostante ciò la fotografia antica archeologica resta, per mancanza di alternative, l'unica memoria visibile del monumento. Nelle fotografie antiche è possibile ritrovare e rivedere monumenti andati perduti del tutto o in parte, ovvero oggi sottratti alla vista o modificati sia nell'aspetto originario che in quello ripreso dalla fotografia. In questo senso le collezioni di fotografie negli archivi sono un fondamentale strumento per la conoscenza e la tutela dei patrimoni culturali.
I campi di applicazione
La pratica dello scavo archeologico è e rimane lo strumento di indagine fondamentale per la conoscenza del passato. Tuttavia la ricerca in archeologia ha da sempre posto grande accento sulla rilettura delle indagini archeologiche svolte nel passato: in particolare quelle effettuate nella seconda metà del XIX secolo fino ad arrivare al terzo quarto del XX, periodo in cui erano ancora in fase di studio le più raffinate metodologie di lavoro. Tali scavi sono giunti a noi solo parzialmente nella letteratura d’epoca: negli archivi delle Soprintendenze di Stato sono conservate le documentazioni scientifiche consistenti in relazioni o giornali di scavo, in alcuni casi qualche frammento di documentazione grafica; raramente non è giunta alcuna documentazione; le foto d’epoca, quando esistono, costituiscono un ausilio fondamentale per la rilettura del cantiere di scavo.
Nel campo dell’archeologia, dell’architettura e della storia del restauro monumentale, la fotografia è fondamentale e basilare documento che consente di ripercorrere la storia architettonica di un edificio. In questo campo il documento fotografico costituisce un ausilio indispensabile, perché spesso è l’unica testimonianza a disposizione. Rientra nello stesso campo l’utilizzo del documento fotografico nella ricostruzione della storia e degli interventi conservativi operati su apparati murari, pitture, mosaici, etc.: caso estremo è la ricostruzione della storia di un edificio monumentale scomparso.
La fotografia è indispensabile strumento anche per lo studio delle antichità locali e dei materiali, come testimonianza di modifiche sopraggiunte per effetto di un restauro o di un intervento accidentale o nella ricostruzione dell’iter che ha portato un oggetto all’ultima collocazione conosciuta (in un museo, in una collezione privata, in opera in un edificio che non è quello originario, etc.). È il caso di un gruppo di ceramiche di epoca medio-repubblicana (IV-III a.C.) recuperate nei magazzini del Museo della Civiltà Romana a Roma (Antiquarium Comunale), scoperte originariamente durante gli scavi effettuati davanti alle chiese dei SS. Luca e Martina e S. Giuseppe dei Falegnami al Foro Romano nel 1941, la cui documentazione si trova presso l’Archivio Storico della Sovraintendenza BB.CC. del Comune di Roma. Grazie allo studio della documentazione fotografica contenuta nell’apparato descrittivo dello scavo effettuato dall’archeologo Antonio Maria Colini, e ad un appunto a matita sul retro di una delle stampe, è stato possibile ricostruire a ritroso il percorso del materiale archeologico (dal documento d’archivio al deposito museale)22.
Altro campo di applicazione fondamentale nello studio della ricostruzione della topografia di settori urbani distrutti da eventi bellici o naturali oppure per effetto di interventi urbanistici. Esempi particolarmente significativi sono le foto delle demolizioni del quartiere Alessandrino per l’apertura di Via dell’Impero tra settembre 1931 ed aprile 1932, e documentati ampiamente da campagne fotografiche massime. Furono distrutti palazzi ed edifici monumentali, primo fra tutti la villa Silvestri Rivaldi tra il Colosseo la Basilica di Massenzio.
Altro esempio particolarmente significativo è quello che riguarda una stampa che riproduce il tempio del dio Portuno (cd. della Fortuna Virile) che si trova in Piazza Bocca della Verità. Il tempio, visto dal lato della piazza, si presenta inserito in un complesso edilizio, demolito agli inizi della prima decade del 1900, e riportato al suo primitivo aspetto. La foto conservata nel Fondo Becchetti dell’Archivio Fondi Fotografici Storici dell’ ICCD, anteriore al 1916 (data dell’isolamento del monumento antico) riporta la didascalia “Eglise de S. Marie l’Egyptienne” titolatura della chiesa al momento dello scatto. Sullo sfondo si riconosce la casa dei Crescenzi su Via Petroselli, attuale sede del Centro di Studi per la Storia dell’Architettura23.
Luoghi di conservazione
Una breve panoramica delle più interessanti collezioni fotografiche pertinenti alla ricerca archeologica limitatamente alla città di Roma, non può non incominciare dall’Archivio Fotografico Comunale del Museo di Roma: la raccolta si è costituita intorno ad un nucleo di fotografie raccolte negli anni Trenta, facente parte del Museo di Roma ospitato dall’ex Pastificio Pantanella. La collezione era allora alquanto esigua, sebbene già ne facesse parte un album di fotografie di John Parker. Nel corso degli anni la collezione si andò arricchendo di numerosi lasciti e donazioni, anche grazie a due importanti eventi espositivi: il primo a cura dell’Associazione Amici dei Musei di Roma nel 1953 intitolata Mostra della fotografia a Roma dal 1840 al 1915, in cui furono esposte circa 3.000 fotografie, molte delle quali rimasero patrimonio della collezione museale24. Il secondo evento si svolse nel 1984 con la mostra Roma Capitale 1870-1912: una città di pagina in pagina, in cui furono esposte importanti acquisizioni tra cui quelle dei Fondi Bettini e Conrado25. Tra le collezioni a carattere archeologico, oltre a quella relativa alla Commissione Archeologica Comunale di Roma26, importante è il Fondo Demolizioni che documenta i lavori urbanistici relativi al Piano Regolatore a partire dal 1883, e che illustrano in modo sistematico ed esaustivo i grandi lavori di sbancamento operati nel periodo fascista (1928-1940).
Le fotografie del Fondo Demolizioni furono commissionate dagli uffici della Ripartizione X Antichità e Belle Arti del Governatorato tra il 1924 ed il 1940 circa. L’intento era quello di documentare le monumentali opere di sventramento e demolizione nell’ambito della politica urbanistica ratificata nel piano regolatore del 1931, nonché le varie fasi degli scavi e dei ritrovamenti antichi avvenuti. Si tratta di circa 7.700 immagini (stampe e relativi negativi) riuniti in 84 album. Impegnarono un gruppo ben definito di fotografi lungo l’arco degli anni Trenta e Quaranta del XX secolo, tra i quali spiccano i nomi di Filippo Reale, Michele Valentino Carderisi, Angelo Sallustri, Cesare Faraglia. Professionisti bravissimi, dediti all’uso di negativi su lastre in vetro, in un periodo di tempo in cui si andava affermando l’istantanea. In questo periodo la fotografia era utilizzata come corredo alla schedatura, non ne era riconosciuta l’autonomia espressiva e si privilegiava più l’aspetto funzionale di registrazione del dato che la potenzialità comunicativa ed espressiva.
In realtà quelle immagini degli anni Trenta e Quaranta del XX secolo dimostrano di avere autonomia formale e forza referenziale ben individuabili, rivendicando un ruolo non secondario nelle manifestazioni artistiche del Novecento. L’intero fondo contiene varietà di contenuti e di stili: si va dalle vedute di insieme nelle quali si riconosce una vocazione ancora pittorica dei fotografi, ad immagini che ritraggono dettagliati particolari architettonici e scultorei, i quali, avulsi dal contesto dello specifico ritrovamento, rasentano l’astrattismo27. Vi sono riprese di cantieri, interni irreali di palazzi sventrati, frettolose e movimentate riprese di polvere e calcinacci, quasi immagini in movimento28. Nello stesso periodo furono realizzati anche filmati per i cinegiornali relativi agli stessi lavori: il confronto tra le foto e la ripresa cinematografica rende giustizia alle prime, perché sebbene statiche, evidenziano il pathos dei contesti quasi quanto i documentari.
Si prenda come esempio uno dei filmati degli stessi lavori conservati nell’Archivio dell’Istituto Luce29, e visionabili in rete, con una delle tante immagini fotografiche dal Fondo Demolizioni30.
Tra le collezioni di maggior valore e peso per la ricerca in campo archeologico è il Fondo di John Henry Parker31: egli fu uno dei primi archeologi che riconobbe il valore della fotografia come utile supporto per documentare il passato, ideatore nel 1867 di una raccolta sistematica di fotografie delle antichità di Roma. Pur non essendo un fotografo, utilizzò costantemente la fotografia per il suo lavoro e fu promotore di una delle campagne fotografiche più vaste nel periodo del collodio. Per realizzare il suo ambizioso progetto, che durò oltre un decennio, questo illustre studioso si avvalse della collaborazione di molti professionisti dell’epoca, come Filippo Spina, Francesco Sidoli, Filippo Lais, Giovanni Battista Colamedici e Carlo Baldassarre Simelli. John Henry Parker si muoveva all’interno del clima culturale dell’Inghilterra vittoriana, personificato dal critico John Ruskin, nel quale si era formato. Egli fece eseguire a più riprese (anni 1864-1877) da fotografi professionisti la raccolta fotografica di oltre 3.300 immagini su Roma. Gran parte dei negativi andarono distrutti nell’incendio dello studio del fotografo Pompeo Molinas (1893), il quale alla morte del Parker aveva acquistato gran parte delle lastre originali (1880). Successivamente il cospicuo fondo andò diviso tra gli archivi dell'Accademia Americana32 e del Gabinetto Fotografico Nazionale; positivi originali si conservano anche alla British School of Rome e all'Istituto Archeologico Germanico. Il progetto di Parker fu quello di fotografare tutti i monumenti di Roma, un repertorio completo che egli stesso archiviò in maniera sistematica e precisa. Nel 1879 fu dato alle stampe il catalogo di 3.391 fotografie nel formato originale 18x2433.
L’Archivio Fondi Fotografi Storici dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione comprende gallerie fotografiche di notevole importanza di pertinenzza del Gabinetto Fotografico Nazionale (G.F.N.), fondato nel 1892 da Giovanni Gargiolli come istituzione afferente al Ministero della Pubblica Istruzione confluita poi nell'ICCD con l'istituzione, nel 1975, del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Il Gabinetto Fotografico Nazionale è diviso in tre Servizi (tutela, fruizione e valorizzazione), svolge attività di monitoraggio delle collezioni, incremento, inventariazione e catalogazione, riproduzione, e promozione della conoscenza e del patrimonio; nel corso degli anni ha raccolto, oltre alla propria produzione realizzata con specifiche campagne fotografiche su tutto il territorio, anche molte collezioni fotografiche che hanno arricchito l'archivio negativi dell'Istituto rendendolo unico nel proprio genere. Il patrimonio fotografico presente nelle collezioni dell’Istituto è composto dai fondi dell’Aerofototeca, della Fototeca Nazionale, del Ministero Pubblica Istruzione, e dell’Archivio Fondi Fotografici Storici. Tale corpus (circa 1.500.000 immagini), si pone nella sua complessità qualitativa e numerica come un insieme di grande valore storico-artistico e documentario.
Tra i fondi più interessanti sono quello di Lodovico Tuminello (Roma 1824-1907): abile sperimentatore di tutti i processi fotografici, attivo già dal 1842 quando ancora si usava il dagherrotipo o la calotipia. Tuminello realizzò in ambito archeologico alcune tra le più importanti campagne fotografiche dell’epoca. Dopo una spedizione in Tunisia nel 1875, dove fotografò i luoghi più interessanti delle civiltà cartaginesi e romane, il fotografo romano si dedicò ai monumenti del Foro Romano, del Palatino, delle Terme di Caracalla; ed ancora della Villa di Livia a Prima Porta, di Ostia Antica e della Villa di Adriano a Tivoli34. Il fondo è compreso nella ricca collezione di Piero Becchetti, storico ed appassionato collezionista e conservatore di fotografia storica, acquisito dall’Istituto nel 1995: comprende circa 40.000 positivi di notevole importanza per la conoscenza della storia della fotografia-in Italia35. Del Fondo Tuminello fanno parte anche una serie di negativi di John Henry Parker.
Altro fondo di notevole interesse per la ricerca in campo archeologico è quello dell’inglese Thomas Ashby (1871-1931), il quale utilizzò sistematicamente l’immagine fotografica come strumento di indagine e documentazione durante le sue campagne di scavo; egli nel 1902 fu il primo allievo della British School at Rome. Le sue fotografie ritraggono le fasi di lavoro in diverse aree archeologiche e costituiscono probabilmente la documentazione più attenta e dettagliata di quell’epoca. Ashby fotografò anche i primi scavi che furono eseguiti tra il 1899 e il 1904 nel Foro Romano sotto la guida di Giacomo Boni. Egli era solito visitare gli scavi e fotografare ed appuntare note e riflessioni sulle scoperte, da rielaborare successivamente in reportage per riviste inglesi36. I negativi conservati sono di proprietà della British School at Rome, in deposito permanente all'ICCD per effetto della convenzione firmata nel luglio 1984: grazie alla proficua collaborazione tra i due enti, è stata possibile la pubblicazione di volumi tematici sulla collezione Ashby37.
Lo sviluppo della fotografia in ambito archeologico ha favorito anche la raccolta d’immagini e la costituzione di grandi archivi fotografici pubblici e privati. Nel 1852 a Firenze Leopoldo Alinari, con i fratelli Giuseppe e Romualdo, fondarono un laboratorio fotografico privato che divenne in seguito uno dei più grandi archivi a livello mondiale. L’Archivio Alinari si è andato arricchendo nel corso degli anni: attualmente è costituito da oltre quattro milioni di immagini, tra le quali opere realizzate da Anderson, Brogi e Chauffourier38.
A livello pubblico la situazione appare molto complessa e articolata. Ogni soprintendenza statale (Ministero per i Beni e le Attività Culturali) o ufficio culturale di Enti locali possiede e conserva raccolte fotografiche di documentazione del patrimonio archeologico: a Roma La Sovraintendenza BB.CC. Comunale ha istituito un Archivio Storico/Disegni e un Archivio Fotografico. Importanti archivi fotografici pubblici sono attivi presso l’Istituto Centrale per il Restauro e presso l’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte.
Di grande interesse a Roma sono gli archivi fotografici di istituzioni straniere operanti in Italia, come l’Accademia di Danimarca, l’Istituto Archeologico Germanico, l’American Academy in Rome e la British School at Rome. Vasto ed articolato anche il patrimonio della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra: si contano circa 80.0000 immagini degli scavi archeologici, e costituiscono il patrimonio dell’archivio fotografico39.
La fotografia archeologica aerea
La necessità di cogliere una visione generale d’insieme e di mettere in evidenza i rapporti delle singole aree di scavo o delle strutture messe in luce durante un intervento archeologico, ha reso indispensabile l’uso della fotografia dall’alto, che non ha tardato a divenire un imprescindibile strumento di lettura del territorio finalizzato allo studio attraverso la lettura ed interpretazione delle anomalie. Infatti una fotografia aerea può rivelare, attraverso un’esatta interpretazione dei tracciati di superficie del terreno, presenze d’insediamenti del passato. Le immagini scattate dal capitano Moris dell’area archeologica centrale sotto la direzione di Giacomo Boni si trovano parte presso l’Aereofototeca Nazionale (ICCD), e parte nell’Archivio Fotografico Foro Romano e Palatino della Soprintendenza Speciale BB.AA. di Roma.
L’Aerofototeca Nazionale, nata nel 1958 come sezione distaccata del Gabinetto Fotografico Nazionale del Ministero della Pubblica Istruzione, fu diretta dal 1959 al 1990 dall’archeologo Dinu Adamesteanu.
Ha acquisito, nel corso degli anni, un patrimonio di oltre due milioni d’immagini del territorio italiano, dalle prime immagini scattate dal personale del Genio militare (le foto del Foro Romano del 1899), alle foto stereoscopiche scattate durante la seconda guerra mondiale dai ricognitori della Royal Air Force britannica (RAF), della United States Army Air Force (USAAF) e della Luftwaffe tedesca. Si aggiungono inoltre i voli dell’Aereonautica Militare, dell’Istituto Geografico Italiano, oltre a diverse collezioni private (Aereofoto Consult, Nistri, etc.)40.
Le riprese aeree possono essere planimetriche (rilevamento verticale) o prospettiche (rilevamento obliquo). La prima, quella tecnicamente più valida e dalla quale si può derivare un’eventuale cartografia, assicura un rapporto reale con proporzioni corrette. La ripresa obliqua, di più facile comprensione, offre una visione meno geometrica; in ambito archeologico può risultare utile per uno studio generale di un sito o dell’ambiente che lo circonda.
Prospettive attuali
Negli ultimi anni sono stati messi a punto strumenti on line che rendono molto agevole l’accesso e la fruibilità degli archivi fotografici. Però va aggiunto che l’informatizzazione, se da un lato ha facilitato l’individuazione della informazione, dall’altro non ha risolto un aspetto limitante che è insito nell’atto della catalogazione della fotografia, indipendentemente dal supporto su cui essa si sviluppa. In merito alla catalogazione informatizzata, va rilevato come la normativa di riferimento sia costituita dal modello ministeriale proposto dall’ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione) attraverso la Scheda F.
A completamento della rassegna sul rapporto tra immagine ed archeologia, si può brevemente accennare alla Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto. La manifestazione è nata nell'aprile del 1990 nell'ambito del convegno "Paolo Orsi e l'archeologia del '900“, con l'intento di raggiungere e sensibilizzare il grande pubblico sui temi della ricerca archeologica e della tutela del patrimonio culturale; è organizzata dal Museo Civico di Rovereto. Il programma di proiezioni si svolge annualmente nelle prime settimane di ottobre e possono parteciparvi opere cinematografiche nel settore della ricerca archeologica, storica, paleontologica, antropologica e comunque aventi come scopo la tutela e la valorizzazione dei beni culturali. Ogni anno vengono proiettati in media dai 60 ai 70 filmati e attraverso il voto del pubblico viene attribuito il premio "Città di Rovereto - Archeologia Viva"; ogni due anni inoltre una giuria internazionale attribuisce il Premio "Paolo Orsi" al film giudicato migliore entro una selezione di opere cinematografiche. La selezione è tematica e attiene alle opere di recente produzione. La conoscenza in campo archeologico viene approfondita tramite molteplici incontri e conversazioni con i diretti protagonisti della ricerca e con i responsabili della conservazione e della tutela, archeologi e scienziati provenienti da tutto il mondo.
La Rassegna, in team con la rivista "Archeologia Viva", promuove tutti gli anni una rete diffusa di manifestazioni cinematografiche su temi specifici della ricerca archeologica. Queste manifestazioni si svolgono in Italia e all'estero in collaborazione con Enti e Istituzioni scientifiche e Musei. Film on line è l'iniziativa che il Museo Civico di Rovereto può proporre in esclusiva sul proprio sito Internet grazie ad anni di ricerca finalizzata alla cura, alla conservazione ed alla divulgazione di opere cinematografiche ad argomento archeologico e scientifico. Il Museo infatti dispone di una ricca documentazione audiovisiva costruita in anni di riprese, che illustra tutte le esperienze didattiche e scientifiche nei vari campi di interesse dell'istituzione. Nell'ambito di questa sezione sono stati realizzati i primi filmati prodotti dal Museo, su tematiche naturalistico-ambientali e archeologiche.
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1 AF SAR, Serie C 699: “Boni presso una tomba a cremazione del Sepolcretum”. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma.
2 Sulla metodologia di scavo e il pensiero di Boni si veda: Giacomo. Boni, Il metodo degli scavi archeologici, «Nuova Antologia» 36 (1901), fasc. 710, pp. 312-322.
3 Nel 1885 a Roma fu insediata la Sezione Aerostatica della Brigata Mista del 3° Reggimento Genio, nel 1896 fu fondata la Sezione Fotografica guidata dal Capitano Maurizio Mario Moris, perché fosse sviluppata la fotografia aerea. La campagna fotografica del Foro fu eseguita da un pallone frenato su lastre 21x21 con obiettivo ZEISS da 150 mm. Laura Castrianni, elisa Cella, “Giacomo Boni e il Foro Romano: la prima applicazione della fotografia aerea archeologica in Italia”, in Giuseppe Cerando (a cura di), 100 anni di Archeologia aerea in Italia, Atti del Convegno internazionale (Roma, 15-17 aprile 2009), Foggia, Claudio Grenzi Editore, 2010, pp. 33-40; Patrizia Fortini, Veronica Romoli, “La collaborazione tra il Genio Militare e Giacomo Boni per la nascita della fotografia aerea archeologica”, in Giuseppe Cerando (a cura di), 100 anni di Archeologia aerea in Italia, Atti del Convegno internazionale (Roma, 15-17 aprile 2009), Foggia ,Claudio Grenzi Editore, 2010, pp. 23-32.
4 «Bisogna dunque che essa (la fotografia) torni al suo vero compito, quello di essere la serva delle scienze e delle arti, ma la serva umilissima, come la stampa e la stenografìa, che non hanno nè creato nè sostituito la letteratura. Arricchisca pure rapidamente l'album del viaggiatore e ridia ai suoi occhi la precisione che può far difetto alla sua memoria……. Salvi pure dall'oblio le rovine cadenti, i libri, le stampe e i manoscritti che il tempo divora, le cose preziose di cui va sparendo la forma, che chiedono un posto negli archivi della nostra memoria: sarà ringraziata e applaudita»: Charles Baudelaire, “Il pubblico moderno e la fotografia”, Salon 1859, in Scritti di estetica, traduzione di A. Luzzato, Firenze, Sansoni, 1948.
5Lorenzo Scaramella, Fotografia. Storia e riconoscimento dei procedimenti fotografici, Materiali della cultura artistica, 3, Roma, De Luca Editori d’arte, 2003, pp. 23-26; Gabriele D'Autilia, Storia della fotografia in Italia dal 1839 ad oggi, Torino, Einaudi, 2012.
6 Horace Vernet, Frédéric Goupil Fesquet, Voyage d'Horace Vernet en Orient, rédigé par M. Goupil Fesquet, Bruxelles, C. Muquardt, 1844.
7Pierre-Gustave Joly de Lotbinière, Voyage en Orient (1839-1840). Journal d’un voyageur curieux du monde et d’un pionnier de la dagherŕotypie, transcribed by Georges Aubin and Renée Blanchet, annotated by Jacques Desautels, Presses de l'université Laval, Québec, 2010.
8 Il viaggio si protrasse per 4 anni visitando Grecia, Palestina e Siria: nel 1852 Blanquart-Evrard pubblicò un album con le 122 immagini prodotte da Du Camp; una raccolta di stampe su carta salata è conservata presso il Metropolitan Museum of Art di New York, Gilman Collection: http://www.metmuseum.org/Collections/search-the-collections/286683. Maxime Du Camp, Égypte, Nubie, Palestine et Syrie: dessins photographiques recueillis pendant les années 1849, 1850 et 1851 accompagnés d'un texte explicatif et précédés d'une introduction, Paris, Gide et J. Baudry, 1852.
9 La calotipia è un’immagine negativa su carta.
10John Beasley Greene, Le Nil : monuments, paysages, explorations photographiques, Imprimerie photographique de Blanquart-Évrard, Lille 1854.
11Idem, Fouilles exécutées à Thèbes dans l'année 1855 : textes hiéroglyphiques et documents inédits, Paris, Firmin Didot frères, 1855.
12 Vedi anche: Claire L. Lyons, John K. Papadopoulos, Lindsey S. Stewart, Andrew Szegedy-Maszak, Antiquity & photography : early views of ancient Mediterranean sites,Los Angeles, J. Paul Getty Museum, 2005.
14Giacomo Caneva, Della fotografia. Trattato pratico di Giacomo Caneva pittore prospettico, Roma, Tip. Tiberina, 1855; Piero Becchetti (a cura di), Giacomo Caneva e la scuola fotografica romana 1847/1855, Catalogo della mostra (Roma maggio-giugno 1989), Alinari, Firenze 1989.
16Arturo Carlo Quintavalle, Gli Alinari, Firenze, Alinari Idea, 2003, pp. 186-189, 233-235; da segnalare anche il Fondo Caneva-Tuminello presso la Calcografia Nazionale: Piero Becchetti, L’opera fotografica di Giacomo Caneva, di Ludovico Tuminello e di John Parker in un prestigioso fondo romano, in Serena Romano (a cura di), L’immagine di Roma 1848-1895, la città, l’archeologia, il Medioevo nei calotipi del Fondo Tuminello, Catalogo della Collezione di Piero Becchetti, Napoli, Electa, 1994, pp. 17-32.
17 L’archeologo austriaco insegnò archeologia classica ad Halle ed a Vienna prima di diventare segretario del Deutsches Archäologisches Institut a Berlino dal 1887 al 1905, dove è conservato il suo archivio.
18Andrea Domanig, Rainald Franz, Mila Moschik, Michael Zappe, Gipsmodell und Fotografie im Dienste der Kunstgeschichte 1850-1900, Wien, Wiss. Kabinett Simon Weber-Unger, 2011, pp. 42-44.
Alexander Conze, Alois Hauser, George Niemann, Archäologische Untersuchungen auf Samothrake, Wien, C. Gerold, 1875-1880; Alexander Conze, Alois Hauser, Otto Benndorf, Neue Archaeologische Untersuchungen auf Samothrake, Wien, C. Gerold, 1880.
19Eugène Trutat, La photographies appliqué à l'archéologie, Paris, Gauthier-Villars, 1879.
20http://findingaids.aarome.org/?p=collections/controlcard&id=12; Karen Einaudi (a cura di), Esther B. Van Deman : immagini dall'archivio di un'archeologa americana in Italia all'inizio del secolo (Images from the archive of an American archaeologist in Italy at the turn of the century), con contributi di Katherine A. Geffcken, Rom, American Academy in Rome, 1991; Esther Boise Van Deman: an archaeologist's eye: images from the Photographic Archive, Catalogo della Mostra (American Academy in Rome, December 5, 2001-January 18, 2002), New York, N.Y. Art Gallery of the Graduate Center, City University of New York, 2002.
21 AAR, PA, Van Deman Collection, n. 569: “Atrium Vestae sotto la neve (1909)”.
22 Alessandra Tomassetti , Scoperte tra il Foro di Cesare ed il Carcere dai documenti dell’Archivio di A. M. Colini, in «Bollettino della Unione Storia ed Arte», n.s., n. 3 (2008), pp. 57-67.
23 ICCD, AFFSt, Collezione Becchetti, n. fb4869_055.
24Ceccarius, La mostra della fotografia nella Roma che fu, in «Capitolium», XXVIII, 9 (1953), pp. 270-280; Mostra della fotografia a Roma dal 1840 al 1915, Roma Museo di Roma – 1953, Roma, Ente Provinciale del Turismo, 1953.
25 Ampia disamina della storia delle collezioni dell’Archivio fotografico comunale in: Carlo Pietrangeli, “L’Archivio Fotografico Comunale: la sua formazione e la sua funzione stimolante nello studio e nella conoscenza dell’antica fotografia romana”, in La fotografia a Roma nel secolo XIX: la veduta, il ritratto, l’archeologia, Atti del Convegno (Roma, Palazzo Braschi, 12-13 dicembre 1989), Roma, Artemide, 1991, pp. 18-25.
26 Istituita nel 1872 con deliberazione comunale del 24 aprile allo scopo di vigilare sul patrimonio archeologico ed artistico della città, produsse un archivio ricchissimo di documenti fondamentali per lo studio della topografia di Roma antica, tra Rapporti di Zona, Registro Trovamenti, Relazioni, disegni e fotografie, frammentata in fondi separati e custoditi in diversi archivi comunali.
27 Notevole il confronto tra la foto di Armando Bruni del maggio 1932 (AF 24384) con un coevo acquerello di Maria Barosso (MR 2497) che riproducono entrambi il ritrovamento dei resti di Elephas antiquus durante l’apertura di Via dell’Impero.
28Anita Margiotta, “La campagna fotografica sulle demolizioni degli anni Trenta a Roma”, in Via dell’Impero. Nascita di una strada, Catalogo della Mostra (Roma, Musei Capitolini, 23 luglio-20 settembre 2009), Roma, Palombi Editore, 2009, pp. 19-21; Rossella Leone, “L’illustrazione delle demolizioni”, infra, pp. 22-23.
29 Archivio Storico Luce, Giornale Luce B0218 (02/1933): Nuovi lavori di demolizione sulla Via dell'Impero daranno una più chiara e completa veduta dei Fori; produzione: Luce RCA Photophone; durata: 00:00:52 - b/n, sonoro: http://www.archivioluce.com/archivio/.
30 AFC, Album Demolizioni 4/4, C/1141: “Via dell’Impero. Via di S. Nicola in Carcere. Demolizione di grossa struttura in laterizio che si appoggia a mura in blocchi di tufo, forse sono le strutture dell’Auguraculum”.
31Lucia Cavazzi, Anita Margiotta, Simonetta Tozzi (a cura di), Un inglese a Roma: 1864-1877. La raccolta Parker nell'Archivio Fotografico Comunale, Roma, Artemide, 1989
33John Henry Parker, A systematic catalogue of Mr. Parker's collection of photographs illustrative of the history of Rome, and of architecture, sculpture, and drawing in Rome arranged according to subjects, London, W.A. Mansell E. Stanford – Rome, Phelps & Co., 1873.
34Serena Romano (a cura di), L' immagine di Roma, 1848-1895 : la città, l'archeologia, il medioevo nei calotipi del fondo Tuminello, Catalogo della collezione di Piero Becchetti, Napoli, Electa, 1994.
35 Recentemente il Fondo è stato oggetto di uno studio per una tesi di specializzazione in Beni archivistici e librari di Sapienza Università di Roma: Simona Turco, Studio metodologico applicato alla revisione archivistica della collezione fotografica Piero Becchetti conservata presso l'Istituto Centrale per il Catalogo e la documentazione, a.a. 2011/2012.
36 Si veda a tal proposito: Henry Hurst, “Giacomo Boni seen from a British wiewpoint then and now”, in Patrizia Fortini (a cura di), Giacomo Boni e le istituzioni straniere. Apporti alla formazione delle discipline storico-archeologiche, Atti del Convegno Internazionale (Roma, Palazzo Altemps, 25 giugno 2004), Roma, Tipografia Giammarioli (Frascati), 2008, pp. 73-78.
37Thomas Ashby. Un archeologo fotografa la campagna romana tra '800 e '900, Catalogo della Mostra (British School at Rome, 18 aprile-7 maggio 1986), Roma, De Luca Editore, 1986; Archeologia a Roma nelle fotografie di Thomas Ashby 1891-1930, Napoli, Electa, 1989; Il Lazio di Thomas Ashby 1891-1930, vol. I,Roma, Palombi, 1994: si veda Anna Perugini, “Le collezioni dei negativi storici”, in Serena Romano (a cura di), Museo della fotografia storica, Roma, Nuova Argos Edizioni, 1994, pp. 27-34.
38Arturo Carlo Quintavalle, op. cit.
39http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_commissions/archeo/italiano/documents/rc_com_archeo_doc_20011010_regolarchiviofoto_it.html.
40Elizabeth J. Shepherd, “Cinquanta anni di Aerofototeca Nazionale 1958 – 2008”, in Giuseppe Cerando (a cura di), 100 anni di Archeologia aerea in Italia, Atti del Convegno internazionale (Roma, 15-17 aprile 2009), Foggia, Claudio Grenzi Editore, 2010, pp. 19-22.
Bibliografia
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Giovanna Alvisi, La fotografia aerea nelle indagini archeologiche, Roma, Carocci Editore, 1989.
Sitografia:
http://www.iccd.beniculturali.it/index.php?it/330/gabinetto-fotografico-nazionale: L'archivio delle immagini della città di Roma della Fototeca Nazionale.
http://www.fotosar.it/: Fototeca della Soprintendenza Speciale BB.AA. di Roma
http://www.archart.it/incisioni-foto-storiche/index.html: ArchArt: una raccolta di fotografie archeologiche di diverse regioni italiane a cura del fotografo Giovanni Lattanzi.
http://www.sovraintendenzaroma.it/: Pagine internet dedicate a musei, monumenti aree archeologiche e mostre pertinenti alla Sovraintendenza BB.CC. del Comune di Roma.
http://www.museocivico.rovereto.tn.it/cinema.jsp?ID_LINK=171&area=3: La Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto
Abbreviazioni
AFC: Archivio Fotografico Comunale (di Roma)
AFFSt: Archivio Fondi Fotografici Storici dell’ICCD
AF SAR: Storico Fotografico SSBAR, Sede Foro Romano – Palatino
DAI: Deutsche Archaeologische Institut in Rom
ICCD: Istituto Centrale per la Catalogazione e la Documentazione
SBCAS: Sovraintendenza BB.CC. Del Comune di Roma. Archivio Storico