Si è svolta a Brescia, il 21 giugno 2013, una prima giornata di studi dedicata a un tema a dir poco "difficile" e "complesso", non solo in ambito storiografico: "L'eredità controversa del XX secolo". Contestualmente è stato presentato un progetto europeo relativo proprio alla gestione dei patrimoni dissonanti nell'area dei paesi del Mar Adriatico e dell'area dello Ionio. Il progetto, Dissonant Heritage of the XX Century. Ideologies and Wars in Adriatic and Ionian Region, vede coinvolta la Fondazione Micheletti come capofila.
Studiosi italiani e stranieri, nonché conservatori di patrimoni culturali, si sono confrontati, in questo primo appuntamento, sulle questioni relative a fonti, ovvero a beni culturali (di qualunque tipo: carte, fotografie, film, paesaggi, itinerari, oggetti, quadri, sculture, libri, ...) prodotti, segnati e "condizionati", in determinati e drammatici periodi storici nell'arco soprattutto del Novecento, da ideologie differenti. Patrimoni quindi "rappresentativi" di valori e culture, sensibilità e fedi, dogmi, mentalità, psicologie e fenomeni diversi e in conflitto, espressi da gruppi, popoli, individui all'interno dei quali, al di là di ogni dualismo, si sono alternati anche differenti e contraddittori stati d'animo, scelte politiche e culturali, nonché azioni conseguenti.
Patrimoni che oggi sono conservati e resi accessibili in archivi, biblioteche, musei, disseminati in percorsi tematici on line o lungo itinerari storici nelle città, nei paesaggi, testimoni e "contenitori" di tracce, memorie, rappresentazioni di eventi, per lo più tragici del Novecento.
I periodi storici a cui si è fatto riferimento sono stati: fascismo e antifascismo, seconda guerra mondiale, nazismo e comunismo, regimi dittatoriali e resistenza.
Per quanto riguarda l'Italia, in questo primo appuntamento i relatori hanno discusso dei patrimoni archivistici e iconografici relativi agli anni della seconda guerra mondiale, 1943 - 1945, durante la Resistenza, la guerra di liberazione e gli anni della Repubblica Sociale Italiana. Il confronto non ha riguardato semplicemente le tipologie di fonti conservate ma soprattutto le modalità di accesso, di comunicazione e fruizione, di uso e riuso.
Tale documentazione copiosa, prodotta dai diversi soggetti in campo durante il secolo scorso è conservata presso innumerevoli istituti ed enti, sparsi su tutto il territorio nazionale. In gran parte essa è digitalizzata e resa accessibile on line, da quella più nota presso gli Istituti storici per la storia della Resistenza, gli archivi di Stato, gli archivi privati dichiarati e non, gli archivi politici e sindacali, gli archivi audiovisivi e fotografici, i centri di documentazione e le biblioteche di storia contemporanea, nonché le fondazioni culturali e politiche, non ultimi i musei di storia del territorio, delle città, dell'industria e del lavoro... Non esiste un vero e proprio censimento e molte sono le realtà che custodiscono, raccolgono, valorizzano memorie e giacimenti documentari di movimenti e di soggetti politici importanti, ma tuttora non conosciuti, o molto poco, così come la loro storia "controversa".
Nel convegno del 21 giugno sono state illustrate alcune realtà, anche di paesi esteri, dalla Serbia alla Slovenia, con riflessioni sulle modalità di gestione "politico-culturale", di comunicazione sociale, oltre che storica e scientifica, di tali patrimoni e sull'eredità che essi rappresentano non solo per gli studiosi, ma per i cittadini e per i territori e le comunità dove si trovano disseminati e sedimentati.
Secondo il punto di vista della sottoscritta sarà fondamentale cogliere questa occasione per una riflessione sulle modalità dell' "uso storico" di questi documenti, che hanno determinato e determinano l'uso pubblico della loro storia, in particolare nel mondo della scuola, oltre che nelle sfere private (famiglie, cittadini, comunità civili). Aspetti questi ultimi spesso tralasciati per il prevalere dell’attenzione sugli usi culturali, storiografici, ovvero dei contributi e delle indagini degli studiosi, della ricerca storica, che spesso delimitano campi, settori, “feudi”, problematiche recepiti passivamente, o forse affatto, dalla società civile. Eppure un lungo filo rosso ha tenuto e tuttora tiene viva la memoria o gli immaginari emotivi relativi a quegli eventi, così come le conseguenze, spesso determinate dalla mancanza di elaborazioni, di quelle “memorie”. La storia dell'Italia del secondo dopoguerra è disseminata di fenomeni ed eventi oscuri e tragici che in quelle "memorie" hanno avuto origine, per esempio nel periodo cosiddetto del terrorismo e delle stragi, negli anni settanta del Novecento. La Rete degli archivi per non dimenticare, in questi ultimi anni, rappresenta un modello unico di accesso a patrimoni dissonanti più recenti (soprattutto attraverso il Portale della rete sul SAN), con uno sforzo notevolissimo e prezioso di coinvolgimento responsabile della cittadinanza, del mondo della scuola, nella riflessione e nell'elaborazione di queste memorie. Tutti temi che verranno sviluppati, dai soggetti che operano in questa direzione (come la Rete degli archivi per non dimenticare), in successivi appuntamenti e soprattutto nel convegno internazionale del 2014, a conclusione del progetto.
Infine, a proposito della memoria e dei patrimoni dissonanti, segnalo il lavoro dell'artista fotografa, Isabella Balena, che tra il 2000 e il 2004 ha "deciso di raccontare attraverso la fotografia, la memoria della seconda guerra mondiale combattuta e subita dall’Italia", un progetto che ha suscitato in questi anni un notevole dibattito, che ha visto nuovamente schierarsi "ideologie dissonanti". Lei stessa lo racconta nel suo intervento alla tavola rotonda dei fotografi, durante il convegno organizzato nel 2012 dall'Istituto Veneto delle scienze e delle arti a Venezia, dedicato alla fotografia come fonte di storia.
Per alcune indicazioni bibliografiche e risorse on line: www.visionandonellastoria.net.