Alla luce di quanto ancora oggi rimane di non affrontato e risolto nell’ambito della gestione di patrimoni audiovisivi, e di quello che invece potrebbe rappresentare davvero un modello condiviso, vorrei riproporre all’attenzione della comunità che opera nel settore della valorizzazione, della tutela, del trattamento di queste tipologie documentarie, un’esperienza non solo ancora valida, ma dalla quale ripartire per il rilancio di un confronto. Si tratta di una iniziativa proposta nel 2004 dall’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico (Aamod).
La Fondazione Aamod in quell’anno, su idea e sollecitazione dell’allora Presidente, il regista Ansano Giannarelli (scomparso nel 2011), organizzò in collaborazione con il Dipartimento Comunicazione e Spettacolo Roma Tre un seminario per affrontare alcuni temi legati a quello più generale, che diede il titolo all’iniziativa: Modelli di archivi audiovisivi. Si voleva in tal modo approfondire l’esame delle realtà molto diverse che costituivano allora un panorama nuovo delle strutture di conservazione e fruizione dei prodotti filmici e multimediali.
Tra le motivazioni principali ci fu la necessità di riaffrontare complessivamente una materia sottoposta nella realtà a tante modifiche radicali e continue, nonché l’ambizione di mettere a disposizione degli organi istituzionali preposti, elaborazioni utili per dare fondamenti solidi alle indispensabili attività legislative e di governo del settore.
L’intenzione era anche quella di contribuire al confronto tra l’ambito degli “archivi audiovisivi e multimediali” e quello delle radicate discipline biblioteconomiche e archivistiche, per facilitare la comprensione di una specificità come quella dei documenti filmici e multimediali. Sotto questo profilo, il seminario era stato concepito come una tappa di un percorso da sviluppare. Al seminario furono invitati esperti delle materie, dirigenti di archivi audiovisivi, rappresentanti di istituzioni pubbliche, docenti universitari, autori.
Il progetto aveva previsto una fase precedente l’incontro, nella quale gli invitati al seminario stesso avevano risposto a un questionario. In calce si troverà il pdf del questionario allora formulato che potrebbe essere riproposto per lanciare una nuova inchiesta. Le risposte erano state fatte circolare prima del seminario, in modo che il tempo di una giornata previsto per il seminario fosse interamente utilizzato per la discussione, con interventi a rotazione.
I contributi raccolti attraverso il questionario e il dibattito nel seminario non furono mai pubblicati. Si ritiene quindi utile allegarli al presente articolo, in calce.
Il comitato scientifico del seminario era composto da: Giuseppe Bertolucci, Letizia Cortini, Giorgio De Vincenti, Ansano Giannarelli, Arturo Mazzarella, Vito Zagarrio. L’elaborazione del progetto e del questionario furono a cura di Ansano Giannarelli e Letizia Cortini.
Naturalmente l’impostazione del seminario e del questionario contenevano un “punto di vista”, che era e rimane tuttora quello elaborato dall’Aamod nel corso della sua intera attività, fin dal suo primo seminario del 1981 che s’intitolava appunto “Modello di archivio audiovisivo”.
In sintesi le risposte al questionario e la successiva discussione riguardarono i seguenti argomenti:
1. Definizione di film, a partire da quella elaborata agli inizi degli anni novanta dalla Fiaf (Federazione internazionale degli archivi dei film);
2. Film come prodotto, documento storico, opera d’arte
3. Audiovisivi e multimedialità
4. Supporti, conservazione e restauro
5. Uso e riuso di documenti filmici
6. Diritti di proprietà intellettuale ed economica
7. Fenomeno della moltiplicazione degli archivi audiovisivi
8. Assetti istituzionali e legislativi nel settore degli archivi audiovisivi
9. Formazione e archivi audiovisivi
10. Strumenti di descrizione e consultazione dei patrimoni audiovisivi.
I quesiti riguardanti le definizioni - da quella di film, a quelle di cinema, audiovisivi, multimedialità – ebbero lo scopo di stimolare una riflessione concettuale ancora poco elaborata e strutturata in materia e di fare emergere criticità, ovvero differenti e a volte contrastanti posizioni ideologiche, culturali, politiche nell’ambito del trattamento dei documenti audiovisivi, che di fatto condizionavano allora e tuttora condizionano il lavoro dell’ “archivista audiovisivo”, del documentalista, del conservatore di patrimoni filmici.
Il seminario, concepito e organizzato con una metodologia originale, ebbe inoltre l’obiettivo, più che di creare un’ulteriore, tradizionale occasione di incontro scientifico tra pochi esperti, di realizzare una vera e propria inchiesta, non solo tra esperti del settore archivistico/biblieteconomico e del trattamento documentale, ma anche tra storici contemporanei, storici del cinema, autori cinematografici e multimediali, restauratori, documentalisti, mediaconsultant, programmisti televisivi, informatici, studenti, nonché legislatori.
Per la prima volta probabilmente in Italia, si volle, in un dibattito pubblico, coinvolgere professionalità molto diverse, operanti comunque nel mondo degli archivi audiovisivi, seppure con finalità e modalità differenti, per stimolare un confronto aperto sulle questioni della salvaguardia del documento audiovisivo e del suo trattamento archivistico, sul problema della mancanza di profili formativi adeguati, sulle pratiche di riuso dei film con il problema annesso dei diritti, sulla questione dell’incremento e della nascita di nuovi archivi filmici con le relative difficoltà di regolamentazione normativa e di esercizio di un’effettiva tutela legislativa in tale settore. Ne emerse un quadro di concezioni, posizioni, proposte, estremamente variegato e interessante, ricco di spunti per futuri approfondimenti e discussioni, ancor oggi all’avanguardia per molti aspetti.
Data la vastità e complessità dei materiali raccolti, prima e durante l’incontro, qui si riporta una sintesi delle posizioni più significative, ancor oggi assolutamente attuali, a distanza di quasi dieci anni, rinviando al pdf allegato in calce la lettura integrale.
Per quanto riguarda il primo tema, Definizione di film, circa un terzo degli aderenti ha concordato con quanto affermato nell’art. 1 dello statuto della Fiaf:
“Per film occorre intendere ogni registrazione di immagini in movimento, con o senza accompagnamento sonoro, quale che sia il supporto: pellicola cinematografica, nastro video, videodisco, od ogni altro procedimento conosciuto o da inventare”.
Alcuni hanno sottolineato l’incompletezza della definizione rispetto alle innovazioni tecnologiche e del linguaggio cinematografico, mentre altri hanno evidenziato la sua genericità che, a loro parere, non tiene nel dovuto conto per esempio la differenziazione dei generi filmici o l’importanza di materiali quali i girati (materiali di ripresa, non montati) e i tagli (gli scarti durante il montaggio 2 e l’edizione di un film). Infine, alcuni studiosi hanno apertamente criticato l’assunto della Fiaf per il fatto che tenderebbe ad abolire le differenze tra i supporti, ritenute invece fondamentali ai fini di una corretta gestione archivistica dei materiali.
In merito alla conseguenza implicita nella definizione della Fiaf di trattare e di conservare senza differenze di valore e di trattamento, ovvero senza operare gerarchie nella tutela dei supporti (pellicola, videonastro, magnetico, digitale, etc…), più di un terzo ha risposto di essere d’accordo. Alcuni si sono dichiarati assolutamente contrari, mentre altri hanno specificato di essere d’accordo ai fini del trattamento archivistico, ribadendo tuttavia la necessità di tenere conto di elementi quali il genere, l’efficacia comunicativa, la percezione di un film, sottintendendo così la necessità di operare una gerarchia rispetto ai contenuti. Dal punto di vista del trattamento archivistico, vale la pena segnalare la posizione secondo la quale, pur essendo condivisibile la conseguenza implicita alla definizione della Fiaf della sostanziale parità tra tutti i documenti filmici, “la gerarchia di valori basata sulla qualità comunicativa-espressiva non deve, in linea di principio, interessare le strutture di conservazione, in analogia con la cosiddetta ‘avalutatività’ della conservazione archivistica in ambito cartaceo. Questa “avalutatività” non deve essere intesa come impossibilità a svolgere eventuali operazioni di selezione, se dovessero rendersi necessarie […], ma semplicemente indicare che il trattamento degli archivi deve essere nei limiti del possibile neutrale quanto al loro contenuto, e che la selezione deve basarsi su criteri riferiti ad eventuali vincoli giuridici e alle esigenze di autodocumentazione e memoria storica del soggetto produttore e del soggetto che promuove la conservazione. In altre parole, un film ‘brutto’ in termini qualitativi può essere una testimonianza storica unica e insostituibile.”. Sul tema della selezione e della necessità di elaborare dei criteri condivisi negli archivi audiovisivi, alcuni archivisti in particolare sono intervenuti più diffusamente durante il seminario.
A proposito della distinzione tra film di finzione e film documentario alcuni si sono schierati contro tale differenziazione, considerandola fittizia soprattutto ai fini conservativi; altri, con diverse motivazioni, hanno sottolineato la necessità di mantenere tale distinzione: chi attribuendo un differente valore “intellettuale” ai due “generi” (gerarchia di valore in merito al contenuto quindi), chi per motivi ideologici, chi di utilità di approccio, chi riferendosi alla necessità di tener conto della storia dei due termini. Si è, inoltre, configurata una posizione estrema, per molti versi contestabile, secondo la quale i motivi della distinzione dipenderebbero dal supporto: “… Il documentario può essere diverso da un film, se per quest’ultimo intendiamo un oggetto complesso in cui immagine e materia sono coestensive tra loro. Ovvero se il documentario è registrato e riproducibile attraverso un supporto differente dalla pellicola allora non è un film”.
In merito ai quesiti successivi, relativi alle definizioni di film e audiovisivo, cinema e audiovisivo, le risposte sono state piuttosto variegate e frammentarie. Per alcuni non dovrebbe comunque esistere né interessare ai fini conservativi, la distinzione terminologica. Alcuni si sono limitati a ricostruire la storia dell’uso comune e/o specialistico dei diversi termini, mentre altri - con sfumature e posizioni diverse - hanno tentato di spiegare la nascita delle diverse denominazioni, chi facendo riferimento al contesto industriale, chi all’avvento della televisione, chi all’ambito della didattica, chi a quello tecnologico, chi a quello della diversità di qualificazione professionale.
In merito alla proposta, contenuta nel questionario, di definire un film sempre come prodotto e documento storico e solo in determinati casi come opera d’arte, la maggior parte delle persone hanno concordato. Si è distinta la posizione degli storici, dei critici delle nuove fonti filmiche, secondo i quali affermare che un prodotto audiovisivo sia sempre un documento storico è esagerato, comportando il rischio di una feticizzazione” del passato, a causa della quale si vorrebbe “salvare ‘tutto’, quando ‘tutto’ non è necessariamente utile.”. In sede di dibattito tale posizione è stata ribadita al punto da sottolineare, provocatoriamente, il fatto che la definizione di opera d’arte per un film sia il frutto di una mentalità e di un’operazione europee, che non trovano riscontro per esempio in America.
Interessante inoltre il rilievo sulla insufficienza di studi rispetto alla fruizione del prodotto filmico nel corso del tempo. Dal punto di vista della ricostruzione del contesto storico, infatti, è stata evidenziata l’utilità di “inserire il prodotto filmico in una prospettiva storica, in modo da cogliere attraverso indici scientificamente riscontrabili quali gli incassi al botteghino, le critiche, i passaggi televisivi quali siano stati i tipi di ricezione del prodotto filmico da parte del pubblico e come questi siano mutati nel corso del tempo. Questo tipo di studio può concorrere a definire quali fossero i canoni estetici e quali le mentalità collettive condivise di una data società …”.
Le definizioni proposte nel questionario, all’interno del tema Audiovisivi e multimedialità, se da una parte hanno trovato concordi la maggioranza degli interpellati - soprattutto gli autori -, sono state d’altro canto oggetto di una maggiore e più articolata puntualizzazione scientifica da parte di alcuni studiosi, con un richiamo alla necessità di una formulazione concettuale meno generica e più elaborata e precisa.
Nell’area tematica relativa ai supporti e alla loro conservazione, la maggioranza delle persone si è espressa contro ogni tipo di gerarchia di supporti in base alla quale operare scelte e selezioni nel trattamento dei documenti filmici; i più numerosi hanno concordato sul fatto che le differenze di qualità, in termini di efficacia comunicativa di un film, dipendano non dal supporto su cui sono registrati, ovvero da fattori soggettivi (dipende da chi fa il film), culturali, di strategia editoriale e produttiva, relativi al contesto storico in cui può nascere o in cui verrà fruito e valorizzato il film, etc. In alcune risposte si ravvisa una sorta di nostalgica rivendicazione della pellicola quale supporto maggiormente utilizzato per i film di qualità, soprattutto di fiction. Numerose le riflessioni secondo le quali non è ininfluente la qualità del supporto per la buona riuscita comunicativa o per la fruizione e percezione estetica di un film.
Interessanti le considerazioni, in merito alle definizioni di originale e copia a proposito del documento audiovisivo, che hanno evidenziato da una parte l’importanza della salvaguardia, quando possibile, del supporto originale del documento filmico, ricorrendo altresì alla caratteristica della sua riproducibilità per facilitarne l’uso e soprattutto il riuso; dall’altra la necessità di pensare a salvare soprattutto il contenuto di un film, il suo testo, al di là del supporto.
Alcuni hanno sottolineato la complessità delle scelte nel campo del restauro cinematografico, che richiedono spesso investimenti molto cospicui. A proposito della legittimità al riuso dei documenti filmici, fiction e non fiction, i pareri sono stati discordanti. La maggior parte degli interpellati si è dichiarata favorevole al riuso dei materiali filmici d’archivio, a prescindere dal loro “genere” e dalla loro tipologia. Numerose però le specificazioni e le condizioni: che venga innanzitutto rispettata la finalità della conservazione, che siano sempre spiegate le finalità del riuso, che siano sempre citati la provenienza, i tipi di fonte utilizzati e gli autori, che siano trattati differentemente i film di montaggio, d’autore, da quelli di non fiction, che sia esplicito il consenso degli autori.
A proposito del tema relativo ai Diritti di proprietà intellettuale ed economica, la maggior parte delle persone intervenute hanno evidenziato la complessità del dibattito e dei conflitti in corso su tale problematica, sottolineando l’inefficacia dell’adozione di misure solo repressive contro l’attacco della “pirateria”. I più hanno concordato sul fatto che il tema veda coinvolti aspetti etici, oltre a quelli economici. Molti si sono dichiarati a favore dei nuovi fenomeni e movimenti del copyleft e delle creative commons, pur manifestando alcune perplessità e necessità di maggiori chiarimenti.
Sul tema della Moltiplicazione degli archivi audiovisivi quasi tutti hanno espresso un parere positivo su tale fenomeno, pur ritenendo in alcuni casi eccessive, con il rischio di inefficacia, le proposte di categorizzazione formulate nel questionario.
La maggioranza degli interpellati ha quindi auspicato un intervento legislativo per elaborare una regolamentazione organica nel settore, a condizione di tenere conto delle diversità e delle specificità delle strutture e dei patrimoni conservati.
Sul tema Formazione e archivi audiovisivi tutti hanno concordato sulla necessità di creare strutture di formazione istituzionali ad hoc, essendo attualmente inesistenti in Italia. La maggior parte degli intervenuti ha sottolineato la necessità che gli archivi operino a stretto contatto con le università. Interessanti gli interventi di alcuni documentalisti che hanno denunciato la mancanza di riconoscimento e di visibilità di tale professione e l’assenza nel nostro paese di una tradizione scientifica consolidata nel trattamento del documento audiovisivo. Illuminante e rappresentativo della condizione del “documentalista” un intervento in particolare: “ Responsabile principale del processo di fruizione del documento catalogato, il documentalista è anche spesso ‘costretto’, dall’organizzazione del lavoro, a farsi garante dell’integrità ed autenticità del documento audiovisivo senza alcun potere decisionale. L’archivista audiovisivo si trova ad analizzare un documento che può essere stato ‘preparato’ in precedenza […]. Insomma un documentario degli anni Venti può essere stato parzialmente ricostruito nella successione delle sequenze, perché danneggiato, un ‘girato’, paradossalmente, in parte montato ricostruito. Il punto è che questo processo di lavorazione […] non è reso esplicito, né sono resi espliciti i criteri di preparazione.”. Alcuni studiosi hanno inoltre denunciato, in sede di dibattito, la mancanza di collegamento tra i pochi corsi di formazione e master specializzati esistenti e il mondo del lavoro.
In merito all’ultimo punto, Strumenti di descrizione e consultazione, tutti hanno concordato con la necessità di un’iniziativa collettiva degli archivi audiovisivi per costruire programmi e procedure che consentano l’interoperabilità tra le diverse piattaforma informatiche dei sistemi adottati negli archivi, al fine di valorizzare al meglio i patrimoni conservati e soprattutto di renderli più accessibili. In sede di dibattito è stata da più parti denunciata la mancanza di norme di catalogazione condivise o di standard di riferimento per la descrizione dei documenti filmici.
E’ stata inoltre sottolineata la mancanza, nei temi e nei quesiti proposti, di riferimento anche ai materiali extrafilmici conservati nelle strutture audiovisive, che sono indissolubilmente legati ai film e alla loro realizzazione (dalla documentazione cartacea, agli oggetti, alle macchine) e che dovrebbero essere oggetto, come gli audiovisivi, di interventi di tutela, oltre che di riflessioni e dibattiti sul loro trattamento.
Interessante l’analisi a tutto campo svolta da specialisti sulla situazione degli standard in ambito internazionale e sui progetti e le sperimentazioni all’epoca in corso.
E’ stata inoltre sottolineata l’importanza, per la conservazione futura e per progetti di interoperabilità, di descrivere i dati, compresi i metadati audiovisivi, con linguaggi di marcatura standard, come XML, tecnologicamente supportato da numerose e differenti piattaforme.
L’idea innovativa del progetto, cui ne seguirono altri analoghi, che riproporremo, è stata quella secondo la quale da quel seminario, prima tappa di un percorso da svilupparsi all’interno di un progetto più ampio, si dovesse partire per costituire una rete di archivi audiovisivi, già da anni proposta e promossa in più occasioni dall’Aamod, al fine di affrontare in modo più organico e condiviso le innumerevoli problematiche relative alla conservazione e valorizzazione dei documenti audiovisivi, operando in collaborazione con istituzioni, università e altri archivi. Oggi tra le problematiche principali sicuramente emerge quella dell'accesso on line a tali risorse e del loro uso a fini didattici e culturali.
Ci auguriamo quindi che in un prossimo futuro tali questioni vengano non solo riprese, ma ridiscusse, con nuovi punti di vista e rinnovata vitalità.
L'immagine in testa all'articolo è un bellissimo ritratto di Ansano Giannarelli, fotografato da Mario Dondero.