Il documento è on line, sia in versione integrale che in sintesi, con nessun riferimento alle imprese di tipo culturale, tanto meno ai lavori "invisibili" nel settore dei beni culturali. Ovvero, beni culturali e lavoro nel settore sembrano non esistere...
"Calano sia il lavoro standard sia quello atipico e diminuisce la durata dei contratti (nel 2013 poco più della metà degli atipici ha un contratto per meno di un anno); un quinto degli atipici permane però nella situazione di precarietà da almeno cinque anni, con incidenze più elevate tra i collaboratori e tra chi lavora nei servizi generali della Pubblica amministrazione e nell’istruzione. Il lavoro atipico continua ad essere molto diffuso tra i giovani di 15-34 anni, tra i quali un occupato su quattro ha un lavoro a termine o una collaborazione, con una percentuale che sale al 31,7 per cento tra i laureati. Tuttavia, il lavoro atipico non è appannaggio solo dei giovanissimi, visto che un terzo di questi lavoratori ha tra 35 e 49 anni. L’unica forma di lavoro che continua a crescere è il lavoro parzialmente standard (vale a dire il lavoro permanente a tempo parziale) che aumenta, rispetto al 2008, di 572 mila unità. Il ricorso al lavoro a tempo parziale è stata una delle strategie delle aziende per far fronte alla crisi, tanto che tutto l’incremento complessivo di questa forma di lavoro è di tipo involontario, con un’incidenza che arriva nel 2013 al 71,5 per cento tra gli uomini e al 58,1 tra le donne." (dalla Sintesi, p. 12)
Cosa cambierà con la nuova riforma del lavoro? Lo spiega un ciclo di seminari a Roma, che inizia oggi, organizzato dalla Unioncamere.