L'ANAI accoglie con soddisfazione alcune modifiche che riguardano il settore archivistico, per il quale è previsto il recupero dell’autonomia a livello sia centrale sia territoriale e il rafforzamento dei compiti istituzionali - al fine di meglio interagire con tutte le amministrazioni pubbliche produttrici di documenti che prima di essere patrimonio culturale sono garanzia dei diritti di tutti - ma deve anche constatare la presenza di elementi negativi e contraddittori nel progetto di riorganizzazione del Ministero. In particolare per quanto riguarda l'amministrazione archivistica, pur con riserva di più approfondite analisi particolarmente sulle modalità applicative della riforma, si constata con favore il ripristino della competenza della Direzione generale centrale per gli archivi su organizzazione, bilancio e personale degli istituti archivistici, sulle direttive in materia di archivi correnti (con particolare riferimento alla formazione e conservazione dei documenti informatici), così come si apprezza il collegamento di Soprintendenze e Archivi di Stato direttamente alla Direzione generale centrale competente per tipologia di beni.
Benché manchi la previsione di una occasione, che rimane necessaria, di periodico confronto a livello regionale in cui creare condizioni favorevoli alla collaborazione non solo tra gli uffici di tutti i settori che operano sullo stesso territorio, ma specialmente tra Archivi dirigenziali e Archivi di Stato “afferenti” alla Soprintendenza, tuttavia si apprezza l'accoglimento della richiesta ANAI di mantenere agli Archivi non dirigenziali autonomia tecnico scientifica e amministrativa (fino al limite di spesa di centomila euro). Ci si attende che il collegamento degli Archivi non dirigenziali alla Soprintendenza sarà gestito in spirito di servizio, per offrire sostegno reciproco e facilitare sinergie e razionalizzazioni anche in collaborazione con gli enti locali, dunque ovviamente non nel quadro di un burocratico rapporto gerarchico, come non di rado accaduto con le Direzioni regionali. Naturalmente ciò sarà possibile non solo se la riforma sarà applicata con intelligenza dai vari responsabili, tagliando sprechi e complicazioni inutili, ma sopratutto se finalmente ci sarà una inversione di tendenza nella disponibilità delle risorse per la cultura. Dovrebbe apparire ovvio che anche la migliore delle riforme rimane sulla carta se mancano soldi e personale per applicarla.
Lo snellimento delle procedure e un rinnovato ruolo riconosciuto alle strutture tecniche del Ministero, si auspica possano consentire di assicurare migliori condizioni di lavoro anche agli archivisti libero professionisti, che operando in regime di collaborazione esterna e di consulenza richiedono certezze nelle indicazioni di metodo e nella tutela della qualità dei loro interventi.
Per quanto riguarda lo schema generale della nuova organizzazione del Ministero, rimangono notevoli perplessità relative alla moltiplicazione e complicazione burocratica degli organi centrali trasversali rispetto all’unica originaria direzione generale amministrativa, mentre si riducono le strutture territoriali in regioni ad alta densità di beni e addirittura si abolisce l’autonoma Direzione generale tecnica per le antichità. Sembra peraltro in contrasto con il principio della separazione tra politica e amministrazione l’istituzione presso il Ministro di un Ufficio di programmazione strategica, sovraordinato al Segretariato generale. Rimane inoltre il vizio d'origine della riforma che è quello di nascere da esigenze generali di diminuzione della spesa pubblica, anziché di forte investimento in un settore finora molto trascurato, che dovrebbe essere invece considerato strategico e trainante per la ripresa, anche per il nesso con il turismo di qualità.
Benché emergano non pochi motivi di delusione, si apprezza invece, tra l’altro, la tendenza a ridare o dare ruoli incisivi agli uffici impegnati in prima linea nella conservazione e tutela dei beni, la rivalutazione del ruolo di coordinamento sugli istituti dei rispettivi settori e di uniformazione metodologica da parte delle direzioni generali tecniche, salvate dal rischio di soppressione, e la ricostituzione dei Comitati tecnico-scientifici di consulenza. Rimangono da chiarire i rapporti tra le direzioni generali tecniche e le direzioni generali trasversali, in particolare quella che sarebbe competente per l’innovazione (funzione che richiederebbe di essere declinata in maniera diversa a seconda dell’ambito disciplinare cui si applica, come sperimentato positivamente in materia di sistemi informativi nazionali dall’ICAR e dagli altri istituti centrali) e la valorizzazione (funzione quest’ultima che occorrerebbe decentrare il più possibile e mantenere connessa all’attività di tutela). Occorrerà evidenziare che l'interdisciplinarità è un valore da coltivare con intelligente cautela da parte degli specialisti dei diversi settori, senza confusioni concettuali. Infatti se mancheranno specifiche intese con le direzioni di settore si rischia di riprodurre gli sprechi e gli errori commessi non solo in Italia nel mettere in moto costosi progetti indifferenziati di informatizzazione e digitalizzazione, o di valorizzazione prevalentemente economica o di mero intrattenimento, non calibrati su obiettivi di effettiva crescita culturale e sulle caratteristiche delle singole categorie di beni.