Lo schema di decreto ministeriale di riorganizzazione del Mibact, presentato dal Ministro Franceschini il 19 gennaio alle Commissioni cultura di Camera e Senato, prevede, tra le altre cose, le trasformazione delle Soprintendenze archivistiche in Soprintendenze archivistiche e bibliografiche. Questi nuovi soggetti assommano, nello schema di decreto, la funzione di tutela dei beni archivistici e dei beni librari non statali.
La tutela dei beni librari era stata affidata, sin dal 1972, alle Regioni; nel 2015, col decreto legge n. 78, convertito dalla legge n. 125, si è avocata questa competenza allo Stato, affidandone l’esercizio al Mibact e, in particolare, in collaborazione con le biblioteche statali, alle soprintendenze archivistiche, già in cronica sofferenza di personale e mezzi, come già lamentato da Aib e Anai con un documento congiunto del 28 novembre u.s. La messa in opera di questo ulteriore tassello della riorganizzazione del Mibact comporta notevoli rischi, nei confronti dei quali occorre subito dedicare la massima attenzione, evitando pericolose confusioni di funzioni, di responsabilità e inutili complessità organizzative. Per la tutela dei beni librari occorrono bibliotecari, così come occorrono archivisti nelle soprintendenze per tutelare il patrimonio archivistico di privati e di enti pubblici non statali il quale, occorre ricordarlo, comprende anche gli archivi correnti di quest’ultimi.
Quello del bibliotecario e dell’archivista sono mestieri ben diversi, che richiedono anni di studio differenziati ed esperienze specifiche. Per ovviare a questo problema, lo schema di decreto prevede che le soprintendenze archivistiche e bibliografiche possano “avvalersi del personale delle biblioteche statali” (peraltro neppure presenti in tutte le regioni), dipendendo funzionalmente, per quanto attiene alla tutela dei beni librari, dalla Direzione generale biblioteche. Il provvedimento riconosce dunque l’esigenza di dedicare personale competente alle nuove funzioni, prevedendo un coordinamento tecnico specifico; l’assetto istituzionale che ne deriva rischia tuttavia seriamente di determinare inefficienza, ridondanza e sovrapposizioni.
La tutela di beni diversi come quelli archivistici e librari, non a caso mai gestiti congiuntamente a livello statale nella storia italiana, richiede, infatti, che le nuove competenze acquisite dal Mibact siano organizzativamente ben distinte, tanto nelle procedure quanto nel personale dedicato. L’articolazione prevista nello schema di decreto per le soprintendenze archivistiche e bibliografiche, ripartite “in almeno tre aree funzionali, riguardanti rispettivamente: l’organizzazione e il funzionamento; il patrimonio archivistico; il patrimonio bibliografico”, per non rimanere lettera morta dovrebbe prevedere subito organici adeguati. Ma le attuali dotazioni di personale del Ministero sono del tutto insufficienti sia per le soprintendenze archivistiche sia per le biblioteche statali: un organico oggi ridotto all’osso che rende e renderà arduo assolvere anche alle loro funzioni ordinarie. Il decreto ministeriale 6 agosto 2015 ha ridefinito gli organici del Mibact senza modificare significativamente la situazione, assegnando alle soprintendenze poco più di un centinaio di archivisti i quali, oltre a dover svolgere una sistematica attività di consulenza, formazione e vigilanza sugli archivi (anche digitali) di alcune decine di migliaia enti pubblici, privati e sui nuovi poli digitali di conservazione, dovranno occuparsi anche di buona parte dei procedimenti connessi alla tutela dei beni librari: così le previste 11 unità di personale della Soprintendenza archivistica del Lazio, le 12 di quella della Lombardia, le 9 di quella veneta ecc., senza contare che i numeri reali sono oggi ancor più scarni (alla Soprintendenza della Lombardia, ad esempio, sono oggi solo in 7, dirigente incluso).
Non è tuttavia solo un problema di organici, ma di coerenza degli assetti istituzionali, di riconoscimento delle specificità delle procedure a fronte di una crescita abnorme e complessa di fonti documentarie, archivi e delle loro forme di produzione. È ben chiara a chi scrive la necessità di procedere ad un più generale ripensamento della macchina ministeriale e del sistema della tutela. Di questa consapevolezza va dato atto al Ministro e ai suoi collaboratori.
Tuttavia, occorre anche sottolineare che le trasformazioni necessarie, rese ancora più delicate dalla dimensione digitale, dovrebbero poter contare sul pieno coinvolgimento e sulla collaborazione degli attori in campo, comprese le associazioni professionali e la comunità scientifica di riferimento le quali, ben lungi dal perseguire obiettivi corporativi, offrono la loro disponibilità a cercare coi vertici ministeriali soluzioni che, tenendo conto delle ristrettezze di bilancio e della complessità della questione, contribuiscano a rendere più efficace la tutela, necessariamente distinta, per i beni archivistici e per quelli librari. Solo così si riuscirà a ridar forza e coesione ai settori tecnici che solo con grande fatica, molta tenacia e spirito di servizio sono riusciti a garantire negli anni un presidio reale per la protezione e il recupero delle fonti prodotte e custodite dagli enti privati, dagli enti pubblici, da persone e famiglie che costituiscono le testimonianze vitali della nostra storia e le basi documentarie del nostro futuro.
Roma, 1° febbraio 2016
Il Direttivo nazionale ANAI