[Pubblichiamo anche sul Notiziario un interessante articolo di Simone Vettore, ideatore del blog "Memoria digitale. Tendenze e problemi in archivi e biblioteche alla fine degli anni zero". L'attuale post, come molti altri di Simone Vettore, pone nuovi problemi e questioni per l'impegno futuro, che dovrebbe essere già attuale, nelle professioni archivistiche e biblioteconomiche. Buona lettura e grazie all'autore]
La notizia non ha ricevuto la giusta attenzione da parte dei media ma è in verità indicativa della direzione verso cui sta andando il social network per antonomasia: il gigante (almeno in termini di utenti) di Menlo Park ha infatti annunciato pochi giorni orsono il lancio del nuovo servizio Photo Sync per tutti coloro che vi accedono attraverso device mobili. In estrema sintesi Facebook d’ora innanzi permetterà agli utenti di caricare sui serveraziendali non solo quelle foto che si intende pubblicare e condividere con i propri amici ma anche quelle foto scattate ma che, al contrario, non si pensa di pubblicare o almeno di farlo, eventualmente, in una fase successiva; in altri termini con Photo Sync FB si trasforma lentamente ma inesorabilmente in un cyberlocker, vale a dire un armadietto nella nuvola, nel quale riporre tutti i contenuti digitali da noi prodotti o comunque detenuti e non più solo un luogo di condivisione con gli amici.
Se per ora l’upload (intelligente peraltro: l’applicazione caricherà le foto di dimensioni maggiori solo quando connessi ad una Rete WiFi ed eviterà al contrario di farlo quando si è connessi tramite la rete 3G o 4G – a pagamento – così come quando il livello della batteria tende al rosso!) riguarda solo foto ed è limitato a 2 GB, è altamente probabile che nel prossimo futuro lo spazio di archiviazione a disposizione sulla cloud sarà espandibile e riguarderà tutte le tipologie di materiali: audio, video, documenti di testo e via dicendo.
Del resto che questa fosse la direzione lo si era già intuito a settembre quando Facebook aveva stipulato un accordo con Dropbox, colosso dell’archiviazione online di file personali, che prevedeva l’integrazione spinta (in termini di facilità di condivisione ed aggiornamento automatico) tra quanto caricato sui server di Dropbox e quanto condiviso sui propri gruppi Facebook. Ora Facebook porta in house anche i contenuti non pubblicati ed il perché è presto detto: secondo Techcrunch gli ingegneri Zuckerberg sono al lavoro per scrivere algoritmi capaci di estrarre dalla mole di foto detenute (ricordo che nel momento in cui si caricano foto Facebook ne diventa automaticamente proprietario) informazioni in qualche modo monetizzabili (se in una foto indosso una t-shirt Abercrombie la concorrenza potrebbe essere interessata, con inserzioni pubblicitarie mirate, a farmi preferire i loro prodotti…).
Insomma, ritorna prepotente il mai risolto problema della difficile coesistenza tra sostenibilità del business da una parte e rispetto della privacy / dei dati personali dall’altra: personalmente ho sempre sostenuto la necessità che i cittadini digitali, così come nella realtà, si costruiscano le proprie “nuvole personali” (personal cloud) sulle quali essi hanno controllo pressoché totale. Purtroppo tutto ciò ha un costo e c’è da scommettere che il richiamo del “tutto gratis” farà cadere qualsiasi remora o considerazione contraria…