Sul perché LinkedIn possa ricoprire un notevole interesse per gli archivisti è abbastanza intuitivo: infatti anche questo servizio (che, per chi non lo conoscesse, consente agli iscritti, siano essi persone oppure aziende, di pubblicare sul web il proprio curriculum vitae e di replicare in modo virtuale la propria rete di contatti lavorativi), al pari di altri social network ben più diffusi (LinkedIn ad oggi conta “appena” 200 milioni di iscritti – traguardo tagliato il 9 gennaio scorso – ben lontano dunque dal miliardo circa di utenti attivi su Facebook e dagli oltre 500 di Twitter) sicuramente rappresenterà, qualora conservato per i posteri (un po’ come la Library of Congress sta facendo con i tweet), una preziosissima fonte di notizie ed informazioni.
Per quanto riguarda gli individui sono del parere che LinkedIn potrebbe risultare in assoluto una delle reti sociali più utili per i seguenti semplici motivi: a) ha contenuti formalizzati (i CV vengono inseriti in modo omogeneo) ed attendibili (diversamente da Facebook, su LinkedIn è più difficile bluffare dal momento che i nostri contatti possono in qualsiasi momento contestarci eventuali falsità relativamente agli studi ed alle posizioni di lavoro ricoperte) b) si rivolge a profili medio-alti potenzialmente assai “interessanti”, quali manager, imprenditori, appartenenti al mondo delle professioni (giornalisti, medici, avvocati, ingegneri e via dicendo). Non meno ricchi di informazioni sono i profili delle aziende presenti su LinkedIn: gli storici dell’economia ad esempio potrebbero trovarvi informazioni sugli organigrammi aziendali, sui membri dei board (con predecessori e successori), comunicati stampa, etc.
Seppur con tutte le cautele del caso appare dunque evidente come LinkedIn, per la sua intrinseca conformazione, vada tenuto d’occhio per gli utili apporti che può dare nei settori, giusto per usare una terminologia scientifica, degli archivi di persona e degli archivi d’impresa.
D’ora innanzi abbiamo però un ulteriore valido motivo per seguire con attenzione questo professional network: come preannunciato da Jeff Weiner, CEO della società, nel corso della presentazione dei dati relativi al quarto trimestre 2012, la scommessa per il 2013 è la valorizzazione del capitale intellettuale degli iscritti. Infatti, appoggiandosi anche alla piattaforma di Slideshare (piattaforma acquistata nel maggio 2012 che permette di pubblicare online slide, documenti, pdf così come di postare video e webinar), l’obiettivo è spingere gli iscritti a farsi notare (da potenziali datori di lavoro, soci, clienti, etc.) non solo per gli studi fatti o per la posizione di lavoro ricoperta, ma anche e soprattutto per il contributo in termini di know-how, di idee e di progetti che essi possono dare. Tali materiali, questo è il succo del discorso, possono fungere da vetrina per gli iscritti che li pubblicano e contribuiscono nel contempo ad accrescere il valore di LinkedIn stesso… per la serie “e vissero tutti felici e contenti”!
L’invito a pubblicare “contenuti” peraltro non è indirizzato solo ai singoli individui ma anche alle imprese: nel corso della medesima conference call Weiner ha annunciato che sono stati avviati colloqui con aziende di primissimo piano (si sono fatti nomi di Xerox e General Electric) affinché esse condividano la messe di pubblicazioni, studi, white paper redatti nel corso degli anni e talvolta mai resi pubblici.
Si tratta di un’iniziativa a mio avviso decisamente affascinante e meritoria dal momento che intende valorizzare quel materiale eterogeneo ed assai ostico da trattare noto agli addetti ai lavori come “letteratura grigia” ma che lascia nel contempo un po’ con l’amaro in bocca: per l’ennesima volta archivi e biblioteche (pubblici) sono stati relegati ai margini del flusso di informazioni e documenti che affolla il Web. Non è forse giunto il momento di darsi una svegliata?
Domenica, 10 Febbraio 2013
LinkedIn e la letteratura grigia
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