"L'Italia in guerra"
Come raccontare il livello "locale" della Prima Guerra Mondiale, per una città che sembra non averla vissuta, perché troppo lontana dal fronte, dalle trincee, dagli scoppi delle granate? La documentazione archivistica viene in aiuto di questa esigenza, rivelando in che misura ogni città della penisola sia stata investita dal tragico evento e ne abbia patito le conseguenze.
La motivazione della mostra "L'Italia in guerra", in corso, appena inaugurata, il 23 maggio 2015, presso l'Archivio di Stato di Salerno, è quella di portare alla luce il doppio livello, locale e globale, del primo grande conflitto del '900. Mettendo insieme materiali provenienti dall'Archivio di Stato, dall'Archivio storico del comune e dalla Biblioteca Provinciale di Salerno, oltre che da archivi privati, si è riusciti a ricostruire i primi momenti dell'entrata in guerra dell'Italia, così come furono vissuti dai cittadini della nostra provincia.
I documenti - sopratutto carte della Prefettura, corrispondenze fra sindaci e prefetti, ordinanze e manifesti comunali - si dipanano in un lungo e complesso racconto, diviso in due grandi corpi: "La mobilitazione" e "I Salernitani al fronte".
La mobilitazione inizia con i telegrammi di convocazione del Parlamento per la ratificazione del Patto di Londra. Segue la documentazione con cui Sindaci e Prefetti comunicano l'entusiasmo e gli auspici per la guerra appena iniziata, e, subito dopo, gli innumerevoli ordini di mobilitazione.
La provincia è tutta tesa allo sforzo bellico: dalle partenze dei primi contingenti di truppe dalla stazione di Salerno alla requisizione delle scuole per gi alloggiamenti militari, fino al censimento degli animali, cavalli e bovini, e dei mezzi di trasporto. Si adottano misure eccezionali per la protezione delle coste e delle ferrovie. Come nei tempi antichi, in caso di attacchi sarebbe stato il campanone del Duomo ad avvisare i cittadini di Salerno dell'incombente pericolo.
La popolazione civile è mobilitata nella raccolta di generi di prima necessità per le truppe, e per la prima volta, “fare la calza” assurge a dignità nazionale, con la necessità di produrre in grandi quantità maglie, calze, guanti e sciarpe per i soldati. Nascono comitati cittadini, e si cerca di affidare la lavorazione della lana alle famiglie in cui ci siano soldati partiti al fronte, per offrire loro un sostegno economico.
Le carte che riguardano il Prestito Nazionale di Guerra portano alla luce il lato più nascosto degli interessi economici che si nascondono sotto lo sventolare delle bandiere.
Anche la censura sulla stampa e sulle comunicazioni rivela i suoi effetti a livello locale, col ferreo controllo sui pochi giornali di provincia e con le pagine bianche al posto degli articoli censurati. La sezione sulla mobilitazione si conclude con l'arrivo, in provincia di Salerno, dei primi prigionieri per cui saranno allestiti dei campi, soprattutto nel lontano Vallo di Diano, a Padula.
La sezione "Salernitani al fronte" si serve per buona parte di corrispondenze private, lettere e cartoline spedite dalla zona di guerra ai familiari rimasti a casa, ma anche di corrispondenze pubblicate sui giornali. Si ricostruisce la storia di un soldato, fatta di memorie private. Ma, accanto, ci sono le lettere di supplica rivolte soprattutto alla regina Elena da parte di donne i cui uomini - mariti, fratelli, figli - sono partiti alla guerra.
Alcuni documenti della Prefettura documentano la difficoltà di portare avanti il lavoro dei campi da parte di piccole comunità rurali decimate dall'emigrazione e dalla guerra; richieste di sussidi da parte di altre famiglie danno la misura delle grandi difficoltà affrontate da chi è rimasto a combattere sul fronte interno. Una sezione a parte riguarda la Massoneria, di cui autorevole rappresentante fu un antico direttore dell'Archivio di Stato di Salerno, che ha lasciato il proprio archivio da cui è possibile ricostruire la posizione della massoneria nei confronti dell'intervento.
La sezione "In fuga dalla guerra" riaccoglie documenti riguardanti coloro che nel conflitto non volle nemmeno entrarci, a costo di farsi passare per matto, o addirittura di morire. La cultura del tempo è rappresentata da una serie di libri del 1915 e dintorni.
La mostra è organizzata nell'ambito di una serie di iniziative promosse dal Comitato scientifico locale, voluto dall'amministrazione Comunale, composto da: Archivio di Stato di Salerno, Archivio Storico Diocesano, Comune di Salerno, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano-Sezione di Salerno, MIUR-URS Campania UAT Salerno, OGEPO, Provincia di Salerno, Società Salernitana di Storia Patria, Soprintendenza Archivistica della Calabria e della Campania, Università degli Studi di Salerno; la ricerca è stata condotta da Renato Dentoni Litta, Eugenia Granito, Maria Teresa Schiavino e Anna Sole per l'Archivio di Stato di Salerno; Lucia Napoli, Maria Manzo, Stella Nunziante Cesàro e Antonio Iemma per l'Archivio Comunale; Wilma Leone per la Biblioteca Provinciale.
Nel corso dell'inaugurazione è stato presentato un video/documentario dal titolo “La Grande Storia del Capitano Gerbaldi” a cura dell'Associazione DAVI.Co.N, realizzato grazie alla documentazione messa a disposizione degli eredi di Geraldo Gerbaldi. La mostra sarà aperta fino alla fine di maggio 2016 dal lunedì al venerdì dalle 8,00 alle 18,30 e il sabato dalle 8,00 alle 13,00.