Domenica, 28 Ottobre 2012

L'Archivio della Provincia Agostiniana d'Italia

Emanuele Atzori
Sezione Studi

Origine dell’Ordine di Sant’Agostino

Contrariamente a ciò che molti pensano, l’Ordine di Sant’Agostino non è una diretta emanazione del Vescovo di Ippona. Il tentativo di collegare – non solo idealmente ma, soprattutto, storicamente – la forma di vita comunitaria ideata da Sant’Agostino nel IV secolo, al nuovo Ordine sorto nel XIII secolo è stato ormai completamente abbandonato. Ciononostante, la sua storia non si rivela per questo meno avvincente e interessante.

Risaliamo così all’XI secolo, a quegli aneliti di riforma della Chiesa che portarono vaste porzioni degli appartenenti alla vita canonicale a sganciarsi dai ricchi capitoli cittadini per ritirarsi in luoghi appartati fuori delle aree urbanizzate. Questi canonici cercavano quindi di vivere una vita aderente all’ideale evangelico formando delle societates eremitiche, adottando spesso la regola di S. Agostino e iniziando a chiamarsi tra di loro fratres.

Queste societates costituiranno così la base da cui avranno origine i successivi ordini religiosi, ad iniziare da quelli cavallereschi (ospitalieri e templari), arrivando agl’ordini mendicanti del XIII secolo (domenicani, francescani, carmelitani, agostiniani, ecc.).

La peculiarità dell’Ordine di Sant’Agostino si deve al fatto che, al contrario degli altri ordini citati, non ha alla sua origine un santo fondatore, ma sorge piuttosto dalla volontà della Chiesa di dare pieno compimento a un processo che stava portando molte delle comunità eremitiche sparse per l’Italia a riunirsi in un sistema più definito.

Questo movimento, iniziato nei primi decenni del XIII secolo, troverà il suo compimento in due momenti: il primo nel 1244 e il secondo nel 1256. Al 1244, infatti, risale la prima unione di tutti gli eremiti della Toscana (detta anche “piccola unione”) e che fu il banco di prova dell’unione più grande che avvenne nel 1256, nel corso di un grande capitolo tenutosi a Roma (detta per questo “grande unione”). Nel corso di questo capitolo, dunque, vide la nascita l’Ordo Eremitarum Sancti Augustini[1], sancita ufficialmente con la bolla Licet Ecclesiae Catholice di Alessandro IV (1254-1261).

Gli ordini eremitani coinvolti furono:

1.      gli eremiti toscani di Sant’Agostino (riuniti nella “piccola unione” del 1244);

2.      gli eremiti di San Guglielmo da Malavalle (guglielmiti);

3.      gli eremiti di fra Giovanni Bono (giovanniti);

4.      gli eremiti di Brettino (brettinesi);

5.      gli eremiti di Monte Favale (e altri).

La creazione dell’Ordine di Sant’Agostino si inserisce nel grande processo di riforma avviato dalla Chiesa nel 1215 con il IV Concilio Lateranense, volta a inquadrare la corrente eremitica, frenando quei gruppi che presentavano elementi di eccessiva dissidenza con la Sede apostolica e valorizzando quelli disponibili a porsi a servizio della Santa Sede nella sua attività di riforma dei costumi ecclesiastici.

Ciononostante, come riassume in modo molto efficace p. Rocco Ronzani:

«L’ordine soffrì a lungo di una sorta di “complesso di inferiorità”, se così si può dire, di fronte ai domenicani e ai francescani e ai loro due fondatori d’eccezione, difficilmente eguagliabili. Tale “complesso”, tuttavia agevolerà da una parte, nei suoi risvolti più nobili, il processo di recupero della paternità spirituale di Agostino da parte dell’ordine eremitico – fattore che ne caratterizzerà la perenne freschezza – dall’altra contribuirà alla individuazione più precisa della Chiesa come sua vera e immediata istitutrice»[2].

Tale processo di allacciamento alla grande figura di Agostino ebbe sicuramente uno snodo fondamentale nel corso del XIV secolo quando Giovanni XXII (1316-1334) affidò all’Ordine la basilica di S. Pietro in Cieldoro a Pavia dove, fin dall’VIII secolo, si conservava il corpo di Sant’Agostino.

Ovviamente non è questa la sede per ripercorrere tutti i sette secoli di storia dell’Ordine[3], ci si concentrerà ora piuttosto sulla penisola italiana e sulle province in cui era suddivisa fino al 1996, anno in cui furono riunite canonicamente nell’attuale Provincia Agostiniana d’Italia.

 

Le province agostiniane in Italia

Quante e quali erano le province italiane alla nascita dell’Ordine di Sant’Agostino nel 1256? Come afferma p. David Gutierrez: «Per rispondere con certezza a questi due quesiti non troviamo purtroppo alcun fondamento né nella documentazione agostiniana del Medioevo, né nei cronisti, che scrissero prima del secolo XVII»[4]. Ciononostante sembra sia possibile ipotizzare che l’Italia contasse all’epoca ben dieci province, molto probabilmente derivate dalle strutture degli Ordini uniti nel corso della Grande Unione[5] (tra parentesi si indica dunque l’anno della prima attestazione documentaria, non della fondazione):

1.      Pisa (1259);

2.      Siena (1260);

3.      Marche (1262);

4.      Romagna (1267);

5.      Terra di Lavoro (1270);

6.      Roma (1274);

7.      Lombardia (1275);

8.      Valle di Spoleto (1281);

9.      Veneto (1287, da questa inoltre dipendevano i possedimenti nel Mar Egeo che formeranno la cosiddetta provincia di Terra Santa);

10.  Sicilia (1295).

Successivamente sorsero anche le province di:

11.  Puglia (1317);

12.  Abruzzi (1476);

13.  Calabria (1543, che poi si dividerà in Calabria Citra e Calabria Ultra);

14.  Sardegna (1505, all’epoca tuttavia faceva capo alla Spagna, dove risiedeva il suo Superiore).

A queste si aggiungono, inoltre, le Congregazioni di osservanza, ossia delle comunità che, volendo vivere una più stretta osservanza della Regola, avevano ottenuto dal Superiore generale la dispensa dalla giurisdizione del Superiore provinciale, potendo così governarsi autonomamente o seguiti da un Rettore preposto ad hoc. Queste le principali Congregazioni di osservanza:

1.      Genova (Battistini);

2.      Lombardia;

3.      Monte Ortone;

4.      Dalmazia (territori veneti in Dalmazia);

5.      Lecceto;

6.      Perugina;

7.      S. Giovanni a Carbonara;

8.      Centorbi o Centurie in Sicilia.

La Rivoluzione francese, diede un duro colpo all’Ordine agostiniano, i cui effetti si fecero ovviamente sentire anche sulle Provincie italiane. Dopo il Congresso di Vienna del 1814-15, infatti, le Province che poterono ricostituirsi furono otto e due le Congregazioni di Osservanza.

Con la successiva soppressione nel Regno d’Italia, le Province dovettero vivere in un regime di semiclandestinità legale fino al 1929, quando venne siglato il Concordato tra l’Italia e la Santa Sede.

All’inizio del XX secolo, dunque, le province italiane[6] videro ridotto il loro numero a sette (essendosi nel frattempo estinte o unificate alle rispettive Provincie le Congregazioni di osservanza):

1.      Liguria;

2.      Marche;

3.      Napoli;

4.      Roma;

5.      Sicilia;

6.      Toscana;

7.      Umbria.

 

La Provincia Agostiniana d’Italia (1996-)[7]

A partire dalla fine della Prima guerra mondiale, si assisté ad un aumento dei conventi e dei frati agostiniani che vedrà il suo culmine nel 1967. A partire da questa data, infatti, inizierà un processo di ridimensionamento che vede coinvolti soprattutto l’Europa e gli Stati Uniti.

Fu così che, dapprima riunite nella Federazione delle Provincie d’Italia, le sette Provincie si unirono definitivamente nel 1996, con decreto generalizio del 6 gennaio del medesimo anno.

L’attuale Provincia raccoglie dunque un’eredità plurisecolare:

«Come ebbe a pronunziare il priore generale, P. Miguel Angel Orcasitas, nel corso del primo capitolo ordinario della nuova provincia, celebrato a Cascia (PG) a cavaliere tra i mesi di giugno e luglio del 1996, malgrado le sofferenze, quello al quale si stava assistendo era il parto di una vita nuova; non una morte, ma una realtà nuova con la vocazione precipua di rinnovare l’Ordine di Sant’Agostino in Italia»[8].

 

L’Archivio della Provincia Agostiniana d’Italia

Legislazione provinciale in merito agli archivi

Le Costituzioni generali dell’Ordine di Sant’Agostino fin dalla sua origine hanno sempre dedicato un certo spazio al tema degli archivi. Vi sono, infatti, diversi articoli che danno disposizioni sulla tenuta degli archivi all’interno dell’Ordine[9]. Tuttavia, è anche da notare come queste disposizioni siano spesso eccessivamente generiche e ogni provincia deve così predisporre delle regole più specifiche. Come si rileva in una recente pubblicazione:

«Avendo constatato che la legislazione vigente dell’Ordine e della Provincia necessita di un’ampia integrazione, in attesa di più precise norme che auspichiamo possano essere inserite negli Statuti o in un’apposita delibera capitolare, il Consiglio [Provinciale] (2004-2008) ha deliberato alcune norme sull’Archivio provinciale e sul patrimonio archivistico e librario della Provincia. Tali norme colmano parzialmente alcune lacune, toccano alcuni casi per i quali era necessario intervenire con urgenza e favoriscono il ruolo di tutela, conservazione e fruizione di questo patrimonio»[10].

Tali norme possono essere così sintetizzate:

1.      Riconoscimento dell’integrità del Fondo della Provincia Agostiniana nelle sue tre fasi di vita (corrente, di deposito, storico);

2.      Riconoscimento dell’Archivio Storico della Provincia Agostiniana d’Italia come archivio di concentrazione (sui fondi conservati si veda più avanti al paragrafo Patrimonio archivistico);

3.      Determinazione dell’Intesa relativa alla conservazione e consultazione degli archivi d’interesse storico e delle biblioteche degli enti e istituzioni ecclesiastiche (D.P.R. 16 maggio 2000, n. 189) come quadro legislativo di riferimento (non essendo stato dichiarato l’Archivio di notevole interesse storico a norma dell’articolo 13 del D.L. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio);

4.      Riconoscimento della funzione di tutela da svolgersi dall’Archivio della Provincia, raccogliendo tutti quei fondi che per motivi di sicurezza non possano più essere conservati nei rispettivi conventi;

5.      Elaborazione di un titolario per il fondo della Provincia;

6.      Svolgere attività di sensibilizzazione affinché in ciascun convento si adottino le opportune misure di tutela dei propri archivi.

 

Patrimonio archivistico[11]

Come appena visto l’Archivio della Provincia Agostiniana d’Italia si configura come un archivio di concentrazione dove devono raccogliersi tutti i fondi dei conventi delle ex province italiane che, per ragioni di sicurezza, non possano più essere conservati nel loro luogo di formazione.

La necessità di spazi adeguati ad accogliere il materiale che doveva confluire in un unico luogo di concentrazione ha fatto sì che la scelta ricadesse sul Convento della Santissima Trinità di Viterbo. Il Convento risale agli anni successivi alla fondazione dell’Ordine, ossia al 1256-1258, quando gli agostiniani della Tuscia si trasferirono dall’eremo di Monterazzano a Viterbo[12].

Lo spostamento di questi fondi non è ancora terminato, pertanto i dati forniti sono suscettibili di ulteriori incrementi (di prossima acquisizione è l’importantissimo fondo del Convento di Sant’Agostino in Campo Marzio di Roma). Attualmente l’Archivio raccoglie 40 fondi[13] così ripartiti:

1.      Provincia romana

1.1.    Fondo della Provincia romana

1.2.    Convento della SS. Trinità di Viterbo

1.3.    Convento di Riano (RM)

1.4.    Convento di Carpineto (RM)

1.5.    Convento di Maenza (LT)

1.6.    Convento di Acquapendente (VT)

1.7.    Agostiniani di Sant’Anna in Vaticano e Sacrestia Pontificia

1.8.    Convento di Soriano del Cimino (VT)

1.9.    Convento di Tolfa (RM)

1.10.Convento di Cerveteri (RM)

1.11.Convento di Anagni (FR)

1.12.Convento di Bracciano (RM)

 

2.      Provincia Toscana

2.1.    Provincia Agostiniana di Toscana (1778-1996)

2.2.    Provincia Agostiniana di Pisa

2.3.    Provincia Agostiniana di Siena

2.4.    Congregazione e Convento di Lecceto (SI)

2.5.    Convento San Gimignano

2.6.    Convento Sant’Agostino di Siena

2.7.    Concento Livorno

2.8.    Convento Galeata

2.9.    Convento di San Nicola di Pisa

2.10.Convento di Montalcino

2.11.Convento di Borgo

2.12.Congregazione di Lecceto

2.13.Convento di Santo Spirito

2.14.Fondo P. Tullio Zazzari

 

3.      Provincia picena

3.1.   Provincia Picena

 

4.      Provincia Napoletana

4.1.   Provincia Napoletana

4.2.   Convento di S. Maria del Soccorso di S. Giovanni a Teduccio (NA)

4.3.   Convento di Pomigliano d’Arco (NA)

4.4.   Convento della SS. Annunziata di Benevento

4.5.   Convento di Aversa (CE)

4.6.   Convento di S. Agostino alla Zecca di Napoli

 

5.      Provincia Siciliana

5.1.   Provincia Siciliana

 

6.      Provincia Ligure-Lombarda

6.1.   Provincia Ligure-Lombarda

 

7.      Provincia Umbra

7.1.   Provincia Umbra

7.2.   Convento di San Pietro di Terni

7.3.   Convento di Città della Pieve (PG)

 

8.      Varie

8.1.   Fondo Federazione delle Provincie d’Italia

8.2.   Fondo Padri agostiniani defunti.

 

Allo stato attuale si è semplicemente effettuato un primo censimento di questi fondi per comprenderne caratteristiche e dimensioni. Da questo censimento risulta dunque un’estensione di oltre centocinquanta metri lineari di documentazione. Completamente descritti sono il fondo del Convento della Trinità e i fondi dei conventi della Provincia Toscana.

L’Archivio, per portare avanti al meglio l’attività di inventariazione e riordinamento ha deciso di aderire al progetto CEI-Ar promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana tramite l’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali ecclesiastici[14].

Per informazioni sugli orari di apertura, i contatti e i servizi offerti dall’Archivio si consulti la relativa scheda dell’Anagrafe degli istituti culturali ecclesiastici a questo link.

 

Il Centro Culturale Agostiniano Onlus

Costituito giuridicamente dalla Provincia Agostiniana d’Italia il 6 maggio 2006, Il Centro Culturale Agostiniano Onlus è un’associazione senza fini di lucro nata per coordinare le attività culturali della Provincia Agostiniana d’Italia, dedicato a due scopi prioritari:

1.      la conoscenza, la diffusione e lo sviluppo del pensiero di Sant’Agostino;

2.      la conoscenza, la valorizzazione e la conservazione del patrimonio storico e culturale dell’Ordine di Sant’Agostino nella sua storia plurisecolare.

 

Il Centro è dunque coinvolto in modo particolare nelle attività di valorizzazione e tutela portate avanti dall’Archivio della Provincia, come si legge alla lettera o) delle Decisioni del Consiglio Provinciale:

 

«Attraverso l’Associazione di volontariato Centro Culturale Agostiniano Onlus di Roma, […] il Consiglio chiede di promuovere le necessarie richieste per accedere ai fondi messi a disposizione da enti pubblici e privati per la conservazione, il restauro, l’ordinamento e l’inventariazione dei beni archivistici della Provincia»[15].

 

Oltre a questo, l’attività del Centro si declina nel conseguimento degli obiettivi previsti dal progetto Gli Agostiniani in Italia, volto a studiare e valorizzare la storia e il contributo dell’Ordine di Sant’Agostino sul territorio italiano. Uno dei principali risultati già disponibili, oltre alle numerose pubblicazioni (rintracciabili al seguente link), è il sito internet: www.agostiniani.info, dove è possibile reperire notizie, sulla storia, i conventi, i personaggi e quant’altro attiene all’Ordine agostiniano in Italia.



[1]Tale denominazione è stata utilizzata fino al 1968, quando è stata sostituita dalla dicitura Ordo Sancti Augustini. Tale cambiamento è così spiegato dalle Constitutiones dell’Ordine: «Titulus eremitarum paulatim factus est synonymus Augustiniensium; unde apte Ordo noster “Ordo Fratrum Sancti Augustini” appellatur et siglis O.S.A. designatur; qui titulus “Ordo Sancti Augustini” vel “Ordo Augustinianus” recte breviari potest».

[2] R. Ronzani, Note di sigillografia dell’Ordine di Sant’Agostino, Centro Culturale Agostiniano, Roma 2010, p. 6.

[3] In questo senso, l’opera fondamentale per conoscere e approfondire la storia dell’Ordine è costituita dai quattro volumi che ne raccolgono l’intera storia. In particolare: D. Gutierrez, Gli Agostiniani nel medioevo, I/I (1256-1356), Institutum Ordinis Fratrum S. Augustini, Roma 1986; Id., Gli Agostiniani nel medioevo, I/II (1357-1517), Institutum Ordinis Fratrum S. Augustini, Roma 1987; Id., Gli Agostiniani dal protestantesimo alla riforma cattolica, II (1518-1648), Institutum Historicum Ordinis Fratrum S. Augustini, Roma 1972; J. Gavigan, Los Agustinos desde la revolución francesa hasta los tiempos modernos, IV, Institutum Historicum Ordinis Fratrum S. Augustini, Roma 1999.

[4] D. Gutierrez, Gli agostiniani nel medioevo,I/I, cit., p. 87.

[5]M. Mattei, Il processo di canonizzazione di fra Giovanni Bono (1251-1253/54) fondatore dell'Ordine degli Eremiti, Institutum historicum Augustinianum, Roma 2002, pp. 87-88.

[6]Per un elenco di tutti i monasteri agostiniani in Italia, si veda: G. Pelliccia - G. Rocca (ed.), Dizionario degli Istituti di Perfezione, I, p. 327-340, sub voce «Agostiniani», oltre al sito: www.agostiniani.info di cui si tratterà più avanti.

[7]Ringrazio P. Pietro Bellini, Superiore provinciale dal 2004 al 2008, che mi ha gentilmente offerto tutte le indicazioni di cui avevo bisogno inerenti questo delicato periodo di cambiamento.

[8]P. Bellini – R. Ronzani, Provincia Agostiniana d'Italia liberamente consultabile al seguente link.

[9]Si vedano in particolare gli artt. 137, 138, 139, 315, 248, 361, 405, 433 e 487 delle Costituzioni dell’Ordine di Sant’Agostino emendate nel 2007 nel corso del Capitolo Generale.

[10] E. Atzori - R. Ronzani (ed.), Archivi e Biblioteche della Provincia Agostiniana d’Italia, Centro Culturale Agostiniano, Roma 2010, p. 16.

[11]Ringrazio P. Mario Mattei, archivista della Provincia Agostiniana d’Italia, il quale mi ha gentilmente concesso tutti i dati necessari a completare questo paragrafo.

[12]Per la storia del Convento della Santissima Trinità e dello splendido ciclo pittorico che ne adorna il chiostro, si veda: Sub Regula Augustini. Il ciclo pittorico nel Chiostro della Santissima Trinità di Viterbo, King Edizioni 2010.

[13]Il fondo dei Padri agostiniani defunti, sebbene qui considerato come un fondo unico darà luogo a diversi fondi, uno per ciascuno dei padri.

[14]Per informazioni sul progetto CEI-Ar si veda: E. Atzori, «Gli Istituti religiosi e l’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici: una collaborazione possibile?» in Notiziario CNEC. Mensile del Centro Nazionale Economi di Comunità, n. 3, marzo-aprile 2012, pp. 7-11. Liberamente consultabile al seguente link. Sull’Ufficio Nazionale e i suoi progetti, si veda: http://www.chiesacattolica.it/beniculturali.

[15] E. ATZORI - R. RONZANI (ed.), Archivi e Biblioteche della Provincia Agostiniana d’Italia, cit., pp. 20-21.

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