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La modernizzazione agraria nelle carte del Comitato Agricoltura del CNR
Giovedì, 04 Settembre 2014

La modernizzazione agraria nelle carte del Comitato Agricoltura del CNR

Francesca Nemore
Sezione Studi

Abstract 

Questo contributo, attraverso l’analisi della documentazione del fondo del Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia del Consiglio Nazionale delle Ricerche, intende offrire un quadro dei processi di ricerca e modernizzazione del settore agricolo nel periodo compreso tra il 1928 e il 1970. La documentazione consente di offrire una visione completa delle attività svolte dal Comitato durante il periodo fascista, mentre per il periodo repubblicano risulta abbastanza lacunosa. Si è cercato così di ricostruire alcune attività del Comitato di questo periodo attraverso la consultazione di altri fondi afferenti al CNR.

 

This paper, through the analysis of the documentation of the archive of the National Committee for Agriculture and Animal Husbandry of the National Research Council, aims to provide a fairly exhaustive process of research and modernization of the agricultural sector in the period between 1928 and 1970 the documentation allows us to offer a complete overview of the activities undertaken by the Committee during the Fascist period instead for the Republican period appears quite incomplete, we have tried, therefore, to reconstruct some of the Committee's activities during this period by consulting other archives specified the CNR.

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Introduzione 

Il Comitato Agricoltura, fin dalle sue origini, fu coinvolto nella temperie culturale che il regime fascista aveva instaurato in Italia, infatti le ricerche agrarie erano al centro dei programmi del governo e fu proprio per aderire alla propaganda del fascismo sull’autosufficienza economica dell’Italia[1], iniziata ben prima delle sanzioni internazionali seguite all’invasione dell’Etiopia[2] e dell’uscita dell’Italia dalla Società delle Nazioni[3], che il Consiglio Nazionale delle Ricerche[4] decise di istituire un comitato per le scienze agrarie nonostante ci fossero in Italia molte altre istituzioni che si occupavano di ricerca in ambito agricolo e zootecnico. Il Comitato Nazionale per l’Agricoltura[5] fu istituito con regio decreto 10 gennaio 1929, la sua istituzione fu accompagnata da grandi proclami da parte degli organi dirigenziali del CNR, in un suo discorso del 2 febbraio 1929 il Presidente Guglielmo Marconi evidenziava come il Consiglio avesse un grande interesse per lo sviluppo delle ricerche agricole[6], tali dichiarazioni non ebbero una effettiva attuazione pratica tanto che il CA iniziò a svolgere le sue funzioni solo nel 1930 e con dotazioni finanziarie assai scarse.

Presidente del neonato comitato fu nominato Vittorio Peglion[7], che svolse questo ruolo fino al 1930, vicepresidente fu Antonio Marozzi, membro della Confederazione Generale dell’Agricoltura, segretario Giuseppe Tassinari, tra i membri del Comitato figuravano anche Emanuele De Cillis, esponente della Federazione Nazionale dei Sindacati Fascisti, Nello Fotticchia, rappresentante del Ministero dell’Economia Nazionale, e Arrigo Serpieri, sottosegretario alla bonifica del Ministero dell’Agricoltura.[8]

Durante la prima riunione della Giunta Esecutiva del Comitato, tenutasi nel febbraio 1929[9], fu decisa la divisione del Comitato in sei sezioni: 1) suolo e fertilizzanti, presieduta da Giovanni Raineri, 2) industrie agrarie, presidente Giuseppe Tommasi, 3) biologia agraria, con a capo Giovanni Tallarico, 4) tecnica agraria, responsabile Emanuele De Cillis, 5) zootecnia, presieduta da Nello Fotticchia e 6) economia statistica e legislazione agraria, retta da Arrigo Serpieri, l’organigramma e la suddivisione in sezioni fu inizialmente approvata dal Ministero dell’Educazione Nazionale ma poi su proposta di Peglion, Tassinari e Marozzi si decise di abolire la sesta sezione.

Nella riunione del novembre 1929 si decisero le aree di ricerca di cui il comitato si sarebbe occupato: alimentazione del bestiame, panificazione con farine di grani precoci, fertilizzazione del suolo in clima caldo e arido, trattamento a secco contro le malattie crittogamiche, problemi urgenti riguardo alla bonifica e all’irrigazione, la decisione sulle materie da studiare fu preceduta e seguita da un ampio dibattito, dovuto soprattutto alla scelta di tralasciare lo studio delle questioni concernenti la cerealicoltura su cui già stava lavorando il Comitato permanente per il grano, sempre durante questa riunione si annunciava che la Confederazione Nazionale Fascista degli Agricoltori avrebbe assegnato al nascente comitato un contributo annuo di 100.000 lire[10].

Nel 1930 fu nominato presidente del Comitato, il Ministro dell’Agricoltura, Giacomo Acerbo[11], questa nomina, che sottintendeva uno stretto collegamento tra il Comitato ed il Ministero, rappresentò durante tutto il periodo fascista una sorta di limite all’operatività del Comitato, infatti il Ministero tendeva ad accentrare tutte le attività di ricerca connesse all’agricoltura avendo a sua disposizione un gran numero di ricercatori e di istituti di ricerca, a partire dalle Cattedre Ambulanti di Agricoltura[12].

Il nascente Comitato Agricoltura si trovava quindi stretto tra la scarsità di fondi messi a sua disposizione dal CNR e la volontà del Ministero dell’Agricoltura di non vedere invaso da un organismo, che considerava quasi inutile, il suo campo d’azione, queste ristrettezze comportarono difficoltà e limiti nella scelta delle ricerche da effettuare.

Nella riunione della Giunta Esecutiva del 20 marzo 1930, in cui si rendevano effettivi i piani di ricerca, si decise di abbandonare gli studi sulla panificazione di cui già si stava occupando il Comitato permanente per il grano e quelli per la bonifica e l’irrigazione di cui si occupava un’apposita commissione tecnica istituita presso il Ministero dell’Agricoltura e presieduta dal sottosegretario Serpieri, al CA restavano quindi le ricerche sul valore nutritivo dei prodotti agrari secondo il loro stato funzionale, sulla migliore utilizzazione agraria dei rifiuti e sulla conservazione della frutta[13].

Nel marzo del 1930 il Direttorio del CNR approvò il regolamento del Comitato al cui articolo 1 si dice «Il Comitato Nazionale per l’Agricoltura ha sede in Bologna presso il R. Istituto Superiore Agrario. Esso ha il compito di studiare i problemi e di svolgere i compiti che la legge affida al CNR nel campo dell’agricoltura»[14], il regolamento prosegue elencando le cinque sezioni in cui è diviso precisandone i compiti, la composizione del Comitato e dei suoi organi direttivi, il modo in cui il Comitato può organizzarsi per svolgere ricerche e il suo funzionamento amministrativo.

Nella riunione della Giunta del maggio 1930 si decise di dare subito avvio agli studi sull’alimentazione del bestiame, sul valore nutritivo dei prodotti agrari, sulla conservazione della frutta e sulla fertilizzazione del suolo, inoltre fu assegnata una borsa di studio per ricerche sulle industrie agrarie da svolgersi all’estero[15].

La riunione successiva ebbe, invece, come argomento principale i problemi riguardanti i combustibili concludendo che sarebbe stato opportuno intensificare, con la collaborazione d’industriali ed agricoltori, le ricerche sui combustibili nazionali con particolare attenzione a quelli a base di alcool[16].

Le relazioni sull’attività del Comitato nei suoi primi anni di vita vertono quasi tutte sulla continuazione delle ricerche assegnate ai presidenti delle sezioni nel 1929, stando a ciò che risulta dai documenti l’attività di ricerca proseguì molto lentamente soprattutto a causa della scarsità dei finanziamenti.  

La situazione di stallo in cui si trovava il Comitato nel 1933 si complicò ulteriormente, infatti la Confederazione Fascista degli Agricoltori decise di interrompere l’erogazione del contributo annuale, e, nonostante le pressanti richieste e il fatto che Tassinari fosse il presidente della Confederazione, il finanziamento riprese solo l’anno seguente ma dimezzato; riguardo il blocco di questi contributi si sospettò che il Ministero delle Corporazioni, che in quel periodo aveva rapporti difficili con il CNR, avesse influito sulla decisione di porre fine al finanziamento. La situazione economica del comitato migliorò intorno alla metà degli anni ’30 con la ripresa del finanziamento della Confederazione e con l’aumento dei contributi erogati dal CNR.

A partire dalla fine degli anni ’30 il CA si trovò coinvolto nella battaglia autarchica[17] condotta dal Governo Mussolini, in questo ambito furono condotte numerose ricerche sugli anticrittogamici a basso contenuto di rame, si continuarono le ricerche sull’estrazione di alcool carburante dal sorgo zuccherino, alcune anche in collaborazione con la Commissione per i Succedanei e Surrogati, oltre alle ricerche sullo sfruttamento delle risorse coloniali che si svolsero in collaborazione con la Commissione sull’AOI[18] (Africa Orientale Italiana)[19].

Anche il Comitato Agricoltura  fu coinvolto nelle epurazioni dovute alle leggi razziali del 1938 e nella riunione del 16 dicembre 1938 il Consiglio di Presidenza del Comitato eliminò dall’elenco dei suoi membri quelli non ariani e i non iscritti al Partito Nazionale Fascista (PNF)[20].

Nel 1939 si ebbe un’altra prova dell’influenza del Ministero dell’Agricoltura sull’attività del Comitato:  il CNR era stato incaricato dal Governo di eseguire il collaudo dei prodotti e la taratura degli apparecchi scientifici, anche il Comitato Agricoltura avrebbe dovuto eseguire i collaudi ma in seguito al parere negativo espresso dal Ministero, che già effettuava tali controlli, non si ritenne di dover procedere[21].

Nel 1940 fu nominato presidente del Comitato Giuseppe Tassinari[22], divenuto anche Ministro dell’Agricoltura, suoi vice furono Ugo Frascherelli e Antonio Marozzi e segretario Giuseppe Tallarico, il Ministero dell’Agricoltura continuò, quindi, ad esercitare la propria influenza e a limitare l’attività del Comitato[23].

Durante tutto il periodo fascista il Comitato mantenne rapporti con organismi internazionali che si occupavano di agricoltura, molto spesso, infatti, i membri del Comitato furono invitati a partecipare a vari Congressi[24] internazionali su materie agricole, tuttavia la partecipazione fu limitata prima dalla mancanza di fondi poi dai rigidi controlli effettuati dal Governo sui delegati ai congressi che si svolgevano all’estero[25]. Riguardo invece i congressi agricoli che si svolgevano in Italia il Comitato spesso era tra gli organizzatori o tra i sostenitori economici, come ad esempio avvenne per la Mostra Frutticola, organizzata a Firenze da Morettini nel 1942[26] o per la Mostra sulle Conserve Alimentari svoltasi a Parma sempre nel 1942[27]. La mancanza di fondi causava anche al Comitato problemi per l’assegnazione di borse di studio[28].

Alla fine della Guerra il CNR, tornato a Roma dopo la breve esperienza veneziana al seguito della Repubblica Sociale Italiana, riprese la sua attività istituendo dei Comitati provvisori, fu quindi istituito il Comitato Provvisorio per l’Agricoltura e l’Alimentazione[29] composto da: Alberto Chiarugi, Alberto De Dominicis, Luigi Marimpietri, Vincenzo Rivera e Filippo Silvestri, il Comitato fu diviso in sette commissioni: 1) agronomia, 2) genetica, 3) zootecnia, 4) fitopatologia, 5) chimica agraria e industria agraria, 6) silvicoltura, 7) ingegneria agraria. Il CNR mise a disposizione del nuovo Comitato fondi per sovvenzionare nuove ricerche e in collaborazione col Comitato d’Ingegneria fu istituita una Commissione di ricerca sull’economia e la tecnica dell’irrigazione. Il CA fu anche incaricato di svolgere il censimento agricolo per controllare lo stato delle imprese agricole e zootecniche nell’immediato dopoguerra[30].

Durante gli anni ’50 e ’60 il Comitato presieduto prima da Pratolongo, poi da Arnaudi e infine da Fabris si preoccupò soprattutto di rafforzare le proprie strutture per la ricerca, sia presso gli istituti universitari sia con la creazione di centri autonomi direttamente dipendenti dal CA. Di questi anni sono la nascita dell’Istituto nazionale della Nutrizione a cui collaborarono il CA e il Comitato per la medicina e la biologia, l’istituzione di vari Centri Studio tra cui quelli per la genetica animale, per il miglioramento delle piante da orto e da frutto, per le piante officinali e per la protezione degli uccelli, notevole importanza assume la creazione in collaborazione con la Fiat e l’Università di Torino del Centro Nazionale Meccanico-Agricolo[31].

In questi anni il Comitato, pur non subendo più l’influenza diretta del Ministero dell’Agricoltura, si trovò in ogni caso a dover fronteggiare lo stesso problema che lo aveva afflitto nel periodo precedente e cioè tentare di evitare la duplicazione delle attività svolte dal Ministero, ma in questo caso invece di lasciare al Ministero le maggiori attività di ricerca tentò di instaurare proficue collaborazioni sia con i tecnici del Ministero sia con gli istituti universitari unendo così le risorse per giungere ad un’effettiva modernizzazione delle strutture agricole del Paese.

Dal 1965 il CA si dedicò allo sviluppo dei piani quinquennali due dei quali lo riguardavano direttamente e cioè: la meccanizzazione integrale delle aziende agricole e la ricerca di nuove fonti proteiche[32]. Si istituirono anche vari gruppi di ricerca finalizzando così le poche risorse disponibili su attività specifiche ed evitando di disperdere i fondi in tanti piccoli rivoli ma puntando su ambiti ben precisi di ricerca che riguardavano soprattutto la genetica vegetale e animale.     

Attività del CA dalla nascita alla fine della Seconda Guerra Mondiale 

Il Comitato Nazionale per l’Agricoltura dal momento in cui fu istituito ebbe come compito principale quello di coordinare e sollecitare lo svolgimento di attività di ricerca in campo agricolo e zootecnico[33], come detto inizialmente quest’attività fu molto limitata.

Il Comitato, oltre a controllare le relazioni che gli Istituti universitari inviavano al Ministero dell’Educazione Nazionale redigeva una relazione propria evidenziando gli aspetti positivi e negativi dell’attività da loro svolta[34].

Per tutti gli anni ’30 le relazioni del CA sottolinearono una disparità nel trattamento economico dei singoli Istituti, infatti, a ricevere i maggiori finanziamenti erano i laboratori che svolgevano ricerche specifiche sui problemi della coltivazione del grano e del frumento e ricerche di genetica e prove di adattamento sulle stesse piante[35], i laboratori di patologia vegetale e di entomologia che funzionano da sezioni degli Osservatori fito–patologici e i Laboratori di Chimica Agraria che avevano l’incarico dal Ministero dell’Agricoltura di vigilanza contro le frodi nella produzione e nel commercio dei prodotti agrari, i restanti Istituti si dedicavano soprattutto a ricerche su particolari problemi del territorio in cui erano situati, fornendo consulenze e creando ambulatori veterinari e laboratori di analisi per i prodotti agricoli. Molto esaustiva appare la relazione stilata dal Comitato per l’anno accademico 1936 - 1937 in cui si affermava: 

I° - Lo svolgimento dei corsi d’insegnamento è stato regolare in tutti gli Istituti; [...] II° - Da qualche insegnante viene lamentata la scarsa frequenza degli studenti alle lezioni. III° - Opportuni provvedimenti per una migliore sistemazione edilizia necessitano in taluni Istituti [...] IV° - Molte cattedre lamentano la mancanza di personale sia tecnico, che assistente, che subalterno, aggravata, in alcune, dalla esiguità dei mezzi finanziari che non solo non rendono possibile l’estensione di ricerche scientifiche, ma impossibilitano anche l’acquisto di materiale didattico e scientifico di prima necessità. V° - Continuando la lodevole iniziativa già effettuata negli scorsi anni, molte cattedre hanno tenuto corsi speciali di perfezionamento in vari rami, ma in particolar modo in quelli riguardanti coltivazioni tropicali per migliorare sempre più la produzione dell’Impero [...] VII° - Alcune cattedre di Ingegneria agraria hanno collaudato per conto di Enti Pubblici macchine varie, e, per conto del Ministero dell’Africa Italiana, tutto il materiale destinato all’Africa Orientale. [...] VIII° - Come negli anni precedenti, alcune Cattedre hanno funzionato quali Osservatori fitopatologici delle varie regioni in cui gli Istituti che le accolgono risiedono ed hanno fatto opera gratuita di consulenza al pubblico unito al servizio di vigilanza nell’applicazione della legge per la repressione delle frodi in commercio di semi. Questa tendenza di far partecipare gli Istituti scientifici alla vita della regione e della Nazione è sommamente lodevole e non potrà portare che vantaggi materiali e morali, perchè, dando agli agricoltori la certezza che molti dei problemi, dei quali si attende la soluzione, saranno con lo studio, con la ricerca sperimentale, superati e apportata nuova luce alle cognizioni agricole, li accosta sempre di più a cotesti Istituti dai quali ricevono le direttive per migliorare ed aumentare sempre più la produzione, e ciò perchè è supremo dovere degli agricoltori italiani rispondere al comandamento del Duce, che nello sviluppo dell’agricoltura fonda la grandezza della Nazione, e nello stesso tempo apportare nuovi contributi autarchici. [...]”[36].

Queste affermazioni rispecchiavano la situazione in cui si trovavano i vari Istituti, ma evidenziavano anche come il CA non fosse in grado di intervenire in modo autonomo per ovviare ad alcuni di questi problemi. Il Comitato si rivolgeva alle varie cattedre soprattutto per le risposte ai quesiti su specifici argomenti che gli erano posti dal Direttorio del CNR o dalla Commissione Brevetti e Invenzioni[37] o dai vari Ministeri. Il CA era anche chiamato a partecipare a numerose iniziative per la creazione di centri di studio e istituti di ricerca.

Durante il periodo fascista le iniziative più interessanti prese in tal senso furono la formazione di un’Oasi di protezione per gli uccelli utili in agricoltura[38] cui partecipano anche il Comitato Biologico e l’Istituto di Zoologia della R. Università di Bologna, l’iniziativa fu presentata proprio in funzione di coordinamento delle attività svolte da molte associazioni in tal senso ed era finalizzata alla creazione di oasi che potessero ricreare gli habitat naturali delle varie specie e le proteggessero sia dagli interventi nocivi dell’uomo sia dagli animali predatori, questa rete di parchi doveva essere realizzata sul modello dell’oasi già creata dall’Istituto bolognese che aveva avuto anche l’incarico di preparare i progetti dettagliati per la realizzazione. Nel 1938 si prospettò la creazione di un Istituto di ricerca per il legno che avrebbe dovuto, nelle intenzioni dei due proponenti, Pratolongo e Pavari, contribuire all’introduzione in Italia di nuovi tipi di legname, fino a quel momento importati, contribuendo così allo sforzo autarchico del paese e nello stesso tempo avrebbe anche potuto contribuire allo sfruttamento su vasta scala delle risorse forestali dell’AOI, il CA, interpellato in merito dal Direttorio del CNR, ritenne la proposta molto valida e propose di costituire l’istituto presso la Stazione di Silvicoltura di Firenze di cui avrebbe dovuto costituire una sezione. In questo stesso periodo assunsero notevole importanza anche gli studi condotti dal professore Calvino e dal suo staff presso la Stazione Sperimentale di floricoltura e acclimatazione “O. Raimondo” di Sanremo dove oltre a normali studi sulle coltivazioni di piante floreali si svolsero anche importanti studi di genetica vegetale e 

Per l’autarchia economica e la valorizzazione dell’Impero. La nostra Stazione Sperimentale [...] si è sempre occupata dei problemi dell’agricoltura coloniale e specialmente dell’introduzione di piante utili, oltreché per l’agricoltura locale e della madre patria, anche per i climi tropicali e sub tropicali delle nostre Colonie. [...] Abbiamo potuto far conoscere piante economiche diverse, mediante le quali l’Italia può rendersi indipendente dall’importazione per ingenti somme, di certe materie prime indispensabili in tempo di pace e specialmente in tempo di guerra[39]. 

Le ricerche autarchiche a cui ci si riferiva riguardavano l’estrazione di alcool carburante dal sorgo zuccherino e da altre piante simili alla canna da zucchero, ed alla coltivazione della soia.

Un altro tema di ricerca che rivestì grande importanza sia prima sia dopo la seconda guerra mondiale fu la ricerca sulla fecondazione artificiale degli animali per cui si creò un apposito centro di ricerche in collaborazione con l’Istituto per la fecondazione artificiale Lazzaro Spallanzani di Milano, secondo questa convenzione il CNR si impegnava ad erogare al centro un contributo annuale per il suo funzionamento e lo Spallanzani, invece, metteva a disposizione laboratori, ricercatori e strumentario tecnico scientifico[40].

Studi importanti furono condotti dal Comitato sin dall’inizio della sua attività sull’alimentazione del bestiame, di tali ricerche era stato incaricato Nello Fotticchia che propose di sviluppare la ricerca per zone geografiche ritenendo che in questo modo fosse possibile stabilire sia qualitativamente che quantitativamente il regime alimentare meglio rispondente alle esigenze del bestiame, si proponeva infatti di intervenire per migliorare le caratteristiche, la composizione chimica, il valore nutritivo e i metodi di conservazione dei mangimi, oltre ad indagare su quali fossero i sistemi in uso presso le varie industrie zootecniche e i singoli allevatori. Si decise di istituire una Commissione per gli studi sull’alimentazione del bestiame, coordinata inizialmente da Fotticchia e poi da Maymone, che avvalendosi dell’aiuto finanziario del Ministero dell’Agricoltura e dell’appoggio sul campo delle Cattedre Ambulanti di Agricoltura e degli Ispettorati agrari incaricò vari ricercatori di svolgere indagini, che proseguirono fino al 1942, in tutte le regioni italiane per fotografare la situazione esistente e fare proposte per migliorarla[41].

Altri studi importanti furono condotti sulle più diffuse malattie del bestiame come la peste suina e il colera dei polli, anche in questo caso nel 1939 fu istituita una Commissione per lo studio delle malattie infettive ed infestive del bestiame, lo scopo delle ricerche era quello di ridurre l’incidenza di queste malattie e di limitare il propagarsi di epidemie che compromettevano l’attività di molte industrie zootecniche, gli esiti delle ricerche furono abbastanza buoni perché si individuarono alcuni rimedi utili tuttavia non si riuscì a limitare in modo efficace il diffondersi delle epidemie tra il bestiame[42]

Gli esperti del Comitato furono impegnati per molto tempo anche sulla sperimentazione del “Metodo Falavigna”[43] d’insilamento dei foraggi freschi e bagnati, il problema della conservazione del foraggio era molto sentito, perché spesso i grandi ammassi erano soggetti a deterioramento riducendo così le scorte necessarie per alimentare il bestiame, perciò era stata istituita una Commissione di studi e ricerche per la conservazione dei foraggi freschi e bagnati composta da Maymone, Tommasi, Arnaudi, Pantanelli e Feruglio che lavorò dal 1941 al 1943 sul “Metodo Falavigna” facendolo sperimentare in varie località.

Il Comitato si occupò anche di sistemi di bonifica ed irrigazione, la più importante sperimentazione condotta fu quella sul “Sistema colturale Del Pelo Pardi” [44] che durò circa dieci anni e si svolse in varie regioni, soprattutto in Pianura Padana, nel Lazio e in Puglia, il sistema prevedeva particolari metodi di bonifica e di lavorazione del terreno, per seguire gli esiti della sperimentazione, finanziata in parte dal Comitato e in parte con contributi straordinari erogati dal CNR, furono coinvolti gli Ispettorati provinciali di agricoltura e fu creata una commissione ad hoc.

Per quanto riguarda l’irrigazione il CA in collaborazione con l’Ispettorato agrario compartimentale sperimentò un nuovo sistema ideato dal dottor Ferro-Poli[45], il metodo aveva come scopo quello di rendere coltivabili terreni fino ad allora improduttivi, anche in questo caso la sperimentazione diede buoni risultati soprattutto in alcune aree depresse del Mezzogiorno.

Un’altra sperimentazione che impegnò per molto tempo gli Istituti scientifici e i ricercatori fu quella sul sistema di bachicoltura meccanizzata ideato da Fioruzzi[46], inizialmente il Comitato diede parere negativo sulla continuazione della sperimentazione a causa degli alti costi che comportava ma poi sentito il parere di Manaresi decise di continuare le ricerche, condotte a Roma e all’Istituto di zoologia di Pavia, la continuazione degli esperimenti fu consentita anche da un ulteriore stanziamento di fondi da parte del Direttorio del CNR oltre che all’evidente funzionamento del nuovo sistema.      

Il Comitato diede il via a numerosi studi sulla produzione, conservazione e disinfestazione del grano, molte ricerche s’indirizzarono verso il miglioramento delle specie di grano e granturco esistenti in Italia, una delle più importanti riguardò la sperimentazione condotta su una nuova razza di granturco prodotta da Marrocco Antonio[47], la prima sperimentazione avvenne presso un terreno dell’Ispettorato provinciale per l’agricoltura di Roma per verificare l’adattabilità e la resistenza della pianta, inoltre presso l’Istituto di fisiologia dell’Università di Roma il seme fu analizzato per stabilirne il valore nutrizionale, gli esiti positivi delle prime sperimentazioni e l’esito favorevole delle prove condotte dall’Istituto di biologia del CNR indussero il Comitato ad estendere la sperimentazione e ad incrementare le risorse economiche da destinarvi.

Il CA decise anche di istituire una speciale Commissione di studi per la disinfestazione del grano[48], le ricerche, considerate assolutamente necessarie per garantire la salvaguardia del raccolto, furono finanziate dalla Federazione dei Consorzi Agrari, dal Ministero dell’Agricoltura e dal CNR, interessati alla ricerca erano anche le Confederazioni fasciste dei commercianti e dei panificatori, le prove riguardarono soprattutto l’utilizzo della cloropicrina, gli esiti della ricerca furono pubblicate in due opuscoli uno di Peglion, intitolato “La cloropicrina nella pratica degli ammassi di frumento e di altri prodotti”, ed uno di Salieri, “Prove relative all’impiego della cloropicrina nella disinfestazione degli ammassi granari”. Il Comitato, come detto, si occupò di tutti gli aspetti della ricerca sul grano e nel 1939 indisse un concorso, con l’autorizzazione del Ministero per l’Educazione Nazionale, per un edificio tipo per la conservazione degli ammassi granari, il concorso cui parteciparono con numerosi progetti, intitolati con le parole d’ordine del regime, architetti ed ingegneri ebbe una grande eco, soprattutto presso il Sindacato fascista degli ingegneri, ma nessun progetto fu ritenuto idoneo per essere messo in pratica e nel 1942 per risolvere il problema il Comitato decise di istituire una commissione ad hoc[49].

Il CA prese parte anche agli studi condotti nelle colonie, chiese infatti al Direttorio del CNR di far partecipare alcuni esperti di agraria alla Commissione per studi e ricerche da svolgere in AOI, in tale occasione presentò anche il programma di ricerche che aveva intenzione di svolgere che prevedeva due sezioni una per lo studio dell’allevamento del bestiame e per la lotta contro le epizoozie, l’altra per gli studi agronomici e fitopatologici, entrambe le sezioni avrebbero dovuto essere coordinate da un’economista agrario incaricato di studiare i problemi economici della colonizzazione e i rapporti tra imprese e lavoratori. Inoltre Tassinari fu nominato membro della Commissione De Stefani, creata dalla R. Accademia d’Italia per organizzare le missioni in AOI. Le coltivazioni che il Comitato propose e fece impiantare nelle colonie furono quelle del caffè arabico, del niger e della manioca ritenuta una pianta di speciale interesse autarchico da cui si potevano ricavare alcune sostanze utili alla nutrizione.

Tra tutti gli studi condotti per l’autarchia in agricoltura ebbero grande importanza quelli sugli antiparassitari che il CA svolse anche in collaborazione con il Comitato Nazionale per la Chimica. Le ricerche, per la maggior parte, riguardavano la produzione di antiparassitari con poco impiego di rame o preferibilmente senza questo metallo[50]. Il Comitato condusse la maggior parte delle sperimentazioni presso il R. Istituto di Viticoltura e di Enologia di Conegliano dove furono provati e comparati tra loro numerosi preparati, tra quelli sperimentati il migliore risultò essere l’Alarvis[51] un preparato prodotto dalla Ditta Osiride con arsenico e piombo mentre il Colloidol[52] fu considerato totalmente inefficace. Interessanti furono anche le esperienze condotte in provincia di Padova nella lotta contro la peronospora della vite con prodotti senza rame in comparazione con i comuni sali di rame, da questi esperimenti risultava che l’efficacia delle due tipologie di prodotto era molto simile anche se i preparati con il rame risultavano più efficaci.

Ricerche furono svolte dal Comitato anche per l’utilizzo di concimi naturali al posto di quelli chimici, anche in questo caso l’importanza delle ricerche risiedeva nell’utilizzo di scarti di varie lavorazioni al posto di alcune sostanze chimiche che era necessario impiegare per l’industria bellica.

Per il regime fascista una particolare rilevanza aveva la ricerca di nuovi carburanti che riducessero al minimo l’importazione del petrolio. Il Comitato in collaborazione con la Commissione per i carburanti e il Comitato di Chimica s’impegnò nella ricerca di materie prime da cui estrarre alcool da utilizzare in varie percentuali per diluire il carburante. Venne anche creata, con il Comitato di Ingegneria, una Commissione per lo studio della sostituzione delle macchine agricole a nafta e a benzina con quelle a gassogeno[53]. Le attività del Comitato si rivolsero soprattutto verso l’estrazione d’alcool da alcuni tipi di piante come il sorgo zuccherino, il canapulo, l’asfodelo e inoltre le ricerche di Tallarico erano indirizzate verso l’estrazione d’olio dai vinaccioli del fico d’india.

Il CA si occupò anche della produzione di cellulosa e fibre tessili da alcune piante, la maggior parte delle ricerche furono condotte su campioni di piante, inviati da privati cittadini, su cui erano condotte analisi per appurare se effettivamente si potessero utilizzare per la produzione di fibre con cui sopperire alla mancanza di materiali che in Italia non erano prodotti o erano ritenuti insufficienti.  

Il Comitato si occupò di numerose ricerche per il raggiungimento dell’autarchia[54] agricola dell’Italia, non sempre gli esiti furono positivi o gli studi condotti furono d’importanza vitale per il Paese, tuttavia non si può negare che diede un buon impulso allo sviluppo delle ricerche agrarie e tentò anche di introdurre elementi di modernizzazione in un’agricoltura ancora ancorata alle tradizioni latifondistiche.    

Gli anni della modernizzazione del Comitato Agricoltura 

Alla fine della guerra il Comitato Nazionale per l’Agricoltura e l’Alimentazione riprense la sua attività, fu innanzi tutto incaricato di svolgere un’inchiesta sullo stato delle imprese agricole, inoltre prese parte anche a un’inchiesta sui consumi alimentari della classe intellettuale proposta dalla Commissione per l’alimentazione[55].

A partire dal 1945 - 1946 ripresero le loro attività sia i Centri Studio dipendenti dal CNR, che sono riorganizzati, sia le Commissioni permanenti come quella per le piante officinali. Furono  istituiti nuovi centri studi, come il Centro Studio per le applicazioni del freddo.

Tra il 1947 e il 1949 il Comitato riprese in pieno la sua attività: furono assegnate numerose borse di studio, anche per l’estero, si concessero finanziamenti per studi e ricerche, s’istituì la Commissione di Studio per l’industria enologica, fu fondata la Società Italiana per il Progresso della Zootecnia[56].

Il CNR creò anche una Commissione per vagliare la necessità di istituire un organo per le applicazioni scientifiche della cinematografia di cui è chiamato a far parte Marimpietri, si propose anche la fondazione di un Centro Studi per la cinematografia scientifica[57].

Grande importanza rivestì la nascita nel marzo del 1951 del Centro Nazionale Meccanico Agricolo, istituito grazie ad una convenzione tra il CNR, l’Università di Torino e la Fiat. Il Centro fu costituito da due sezioni una per le discipline agrarie in genere e l’altra per la meccanica applicata all’agricoltura, si prevedeva anche la possibilità di creare sezioni distaccate fuori da Torino, nella convenzione istitutiva erano così descritte le finalità per cui era stato creato: 

a) Promuovere ed attuare studi e ricerche nel campo delle discipline agrarie ed in particolare nel settore della meccanica agraria e delle sue applicazioni; b) raccogliere e conservare la documentazione dell’attività scientifico-tecnica delle materie di propria competenza secondo i criteri stabiliti dal C.N.R.; c) curare la sperimentazione tecnica nel campo agrario in genere ed in particolare nel campo delle macchine e degli apparecchi per l’agricoltura; d) curare la compilazione di norme tecniche per la costruzione, la tipizzazione, la normalizzazione, il collaudo e l’impiego di macchine agricole, anche ai fini della loro omologazione; e) compiere prove di idoneità e di collaudo su macchine agricole a richiesta delle Amministrazioni dello Stato, di Enti pubblici e di privati; f) svolgere corsi diretti alla formazione ed al perfezionamento del personale scientifico nel campo dell’agraria in genere e nel campo professionale per la preparazione dei meccanici e dei conduttori di macchine agricole; g) esercitare la consulenza scientifico – tecnica a favore dello Stato, di Enti pubblici e di privati nel campo delle discipline agrarie in genere e della meccanica agraria in particolare; h) curare i rapporti e gli scambi culturali con le competenti organizzazioni internazionali e con gli altri istituti di studi e ricerche italiani ed esteri; i) svolgere ogni altra attività didattica, scientifica e tecnica che giovi al progresso ed al potenziamento della agricoltura in genere e della meccanizzazione agricola in particolare[58]. 

Il Comitato concesse anche cospicui finanziamenti al Centro e ne indirizzò le attività verso il coordinamento degli studi di meccanica agraria e dei problemi agronomici che ne derivano. L’istituzione del Centro Nazionale Meccanico Agricolo segna anche un punto di svolta nei rapporti tra il CA e le industrie private operanti nel settore agricolo, infatti in origine i rapporti con le industrie private furono quasi nulli un po’ per la mancanza d’interesse degli industriali verso ricerche più teoriche che applicate ma anche perché il Comitato stesso era limitato nel suo campo d’azione dall’ingombrante presenza del Ministero dell’Agricoltura, invece all’inizio degli anni ’50 il CA godeva di una maggiore autonomia e di più cospicui finanziamenti che gli permisero una più ampia autonomia e concrete possibilità di partecipare alla modernizzazione del settore primario, motivo per cui era stato creato. Questa maggiore libertà d’azione di cui il Comitato godeva si evidenziò anche nella creazione di proprie strutture interne alle Università che si occupavano di genetica animale, di parassitologia animale, d’entomologia agraria e forestale e di miglioramento genetico di vari tipi di piante. Negli anni ’60 il CA perseguì una politica d’indirizzo delle attività scientifiche verso specifici settori di ricerca per lo più legati ad impellenti esigenze dell’agricoltura italiana. In questo decennio nacquero il Centro studio appenninico di genetica al Terminillo, il Centro studio per gli anticrittogamici e gli insetticidi, quello per l’alimentazione degli animali in produzione zootecnica, quello per l’industria tessile e per le trasformazioni microbiche. All’atto della fondazione di questi Centri il Comitato riaffermò che la loro funzione doveva essere quella di coordinare le ricerche e di elaborare e attuare programmi d’interesse nazionale, molti Centri per meglio aderire all’indirizzo dato dal CA si divisero in vari sottogruppi di ricerca che si dedicavano allo studio di un particolare problema o per tipologia di colture e di allevamenti o per le necessità specifiche della zona di appartenenza. Sempre per favorire la concentrazione degli studi su aree di rilievo sostanziale per l’agricoltura italiana il CA in collaborazione con altri comitati del CNR, soprattutto ingegneria e biologia, istituì gruppi di ricerca come il Gruppo di lavoro per il miglioramento genetico delle piante erbacee e coltivate, quello per le virosi, per le piante officinali, per il latte, per le piante foraggiere, per la degradazione della vegetazione di montagna. Ogni gruppo di lavoro era in realtà costituito da diversi sottogruppi che svolgevano il proprio lavoro in vari Istituti Universitari sparsi sul territorio nazionale, ognuno di loro riceveva una parte dei fondi stanziati dal Comitato per la ricerca generale e si occupava, sempre partendo dall’argomento più generale della ricerca, di un particolare aspetto del problema legato soprattutto alla realtà territoriale in cui operava[59].

Negli anni ’70 s’intensificarono i rapporti tra il Comitato e le associazioni internazionali, infatti il CA aderì al Centro Internazionale per la cooperazione nella sperimentazione agraria, Scarascia Mugnozzi, membro del Comitato, fu incaricato di rappresentare il CNR durante i colloqui sul miglioramento delle risorse nelle proteine vegetali con metodi nucleari che si svolsero presso l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica a Vienna.

L’opera del CA si rivolse dunque sempre più verso ricerche applicative che potevano realmente contribuire allo sviluppo e alla modernizzazione dell’agricoltura italiana, ma spesso si trovò a dover fronteggiare problemi inerenti l’eccessiva frammentazione degli enti preposti alla ricerca e alla mancanza di un collegamento tra loro, il Comitato tentò di diventare il punto di collegamento tra i propri ricercatori, gli Istituti di ricerca dipendenti dal Ministero dell’Agricoltura e le facoltà universitarie in questo modo e creando sinergie anche con industrie private la ricerca avrebbe prodotto risultati veramente utili per agricoltori e allevatori italiani, aiutandoli con la meccanizzazione a superare la mancanza di addetti e con l’introduzione di nuove tecniche di coltivazione ad essere competitivi all’interno del nascente Mercato Comune Europeo che sicuramente rappresentava per tutti coloro che si occupavano di agricoltura in quegli anni un difficile ostacolo da superare soprattutto perché gli altri paesi membri avevano tecniche più avanzate e prodotti da offrire a prezzi più bassi.  

L’archivio del Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia 

Questo contributo prende in considerazione la documentazione relativa al Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia del CNR pervenuta all’Archivio Centrale dello Stato con i primi due versamenti di documentazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche effettuati negli anni ’50 e ’90.

I documenti esaminati sono relativi all’attività del CA dal 1928 al 1970.

Sul fondo è stata dapprima compiuta una schedatura analitica dei singoli fascicoli, resa necessaria dalla disomogeneità delle carte presenti nel secondo versamento.

Dall’analisi della documentazione è emerso un quadro relativamente completo sull’attività e sul funzionamento del CA dall’origine al 1944, invece per gli anni dal dopoguerra al 1970 i documenti ci offrono un quadro lacunoso e parziale soprattutto riguardo l’attività tecnico - scientifica del comitato, i rapporti del comitato con le associazioni estere equivalenti e la sua partecipazione a congressi.

Le lacune possono essere colmate consultando le altre posizioni del fondo CNR oltre che dalla documentazione, non ancora esaminata, degli altri versamenti effettuati dal CNR in ACS. 

Il fondo alla fine del lavoro di riordinamento risultava composto da 39 buste, per un totale di 449 fascicoli, ed è stato suddiviso in 10 serie omogenee: 

1. Normativa, regolamento, costituzione, nomina membri CA

2. Riunioni del CA: include le riunioni plenarie del Comitato, della Giunta Esecutiva e del Consiglio di Presidenza.

3. Corrispondenza: la serie è stata divisa in due sottoserie, la prima con la corrispondenza divisa per anni dal 1929 al 1943 e la seconda invece contenente la corrispondenza divisa per materie e scambiata con Ministeri, enti e associazioni.

4. Studi e ricerche: la serie è divisa in nove sottoserie[60].

5. Centri studi, istituti superiori, stazioni sperimentali.

6. Concorsi e borse di studio.

7. Congressi nazionali e internazionali.

8. Rapporti internazionali.

9. Rapporti con la stampa scientifica

10. Situazione economico - finanziaria del CA.


[1] Basti pensare alla cosiddetta “battaglia del grano” lanciata da Mussolini nella seduta della Camera dei Deputati del 20 giugno 1925 con lo scopo di ottenere l’autosufficienza dell’Italia nella produzione di frumento (cfr. R. DE FELICE, Mussolini il fascista, I, Torino, Einaudi, 1966).

[2] L’invasione dell’Etiopia fu decisa e attuata nel 1935, le sanzioni decretate nello stesso anno vietavano l’esportazione dei prodotti italiani e l’importazione in Italia di materiali utili alla causa bellica, le sanzioni furono revocate nel 1936.

[3] La nascita della Società delle Nazioni nel 1920 era la diretta conseguenza degli avvenimenti della Prima Guerra Mondiale tanto che il suo atto costitutivo era stato inserito nei trattati di pace di Parigi. Fu il primo organo internazionale con fini politici generali e aveva soprattutto come compito di dirimere le controversie internazionali e scongiurare e prevenire lo scoppio di un altro conflitto. La Società delle Nazioni non riuscì comunque nei suoi intenti anche perché nacque già fortemente indebolita dalla mancata adesione degli USA. L’uscita dell’Italia dalla Società delle Nazioni fu decisa da Mussolini nel 1937.

[4] D’ora in poi CNR. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche fu istituito con regio decreto 18 novembre 1923, n. 2835, come organo di collegamento per l’Italia con il Consiglio Internazionale delle Ricerche (CIR), costituito nel 1918, sulla scia dell’importanza assunta dalla ricerca scientifica durante la Prima Guerra Mondiale. Primo presidente del CNR, eretto in Ente Morale e posto sotto il controllo del Ministero della Pubblica Istruzione, fu Vito Volterra. Il Consiglio nell’intenzione del legislatore doveva «coordinare ed eccitare l’attività nazionale nei differenti rami della scienza e delle sue applicazioni; tenersi a contatto con i vari enti statali per le questioni scientifiche; gestire ed eventualmente istituire laboratori di ricerche di carattere generale e speciale» (cfr. Statuto del CNR 1924). Nel 1927, con r.d. n. 638, il CNR fu posto alle dirette dipendenze del Capo del Governo e al suo vertice fu posto un Direttorio, composto dal Presidente e da membri nominati dal Capo del Governo e dal Ministero della Pubblica Istruzione, dal Direttorio venivano nominati i membri dei Comitati Nazionali. Presidente fu nominato Guglielmo Marconi che mantenne la carica fino alla sua morte, avvenuta nel 1937. Con r.d. 24 agosto 1933, n. 1306, il CNR divenne Supremo Consiglio Tecnico dello Stato e fu organizzato in undici Comitati Nazionali e quattro Commissioni Speciali Permanenti. A succedere a Marconi fu chiamato il Maresciallo Pietro Badoglio, che, nelle intenzioni di Mussolini avrebbe dovuto rafforzare il rapporto tra il Consiglio e le Forze Armate, ma il contributo del CNR alla ricerca militare fu nettamente inferiore alle attese. Con la caduta di Mussolini e la nascita della RSI la sede del CNR fu trasferita a Venezia. Alla fine della Guerra fu nominato presidente Gustavo Colonnetti e con decreto legislativo luogotenenziale 1 marzo 1945, n. 82, il CNR fu posto alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dotato di gestione autonoma e personalità giuridica, il decreto strutturava il Consiglio in: Presidenza, Giunta Amministrativa e Comitati Nazionali. Con la legge 2 marzo 1963, n. 283, il CNR fu ulteriormente riformato, innanzitutto si obbligavano i Ministeri a indicare nei loro bilanci le somme da destinare alla ricerca scientifica e incaricava il Presidente del CNR di presentare in Parlamento una relazione annuale sullo stato della ricerca scientifica in Italia e infine furono istituiti quattro nuovi Comitati Nazionali per le materie giuridico-umanistiche. A partire dalla metà degli anni ’60 il CNR si dedicò alla preparazione dei cosiddetti “progetti finalizzati” che però presero avvio solo a partire dalla metà degli anni ’70.  Cfr. R. SIMILI - G. PAOLONI, Per una storia del Consiglio Nazionale delle Ricerche, 2 voll., Bari - Roma, Laterza, 2001.

[5] D’ora in poi CA.

[6] Cfr. ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, b. 1 fasc. 3.

[7] Vittorio Peglion (Escaréne (Nizza) 1873 - Bologna 1967) fu uno dei maggiori biologi italiani. Fu deputato del Regno dal 1924 al 1934 quando divenne senatore e sottosegretario al Ministero dell’Economia Nazionale dal 1924 al 1926. Fu professore di patologia vegetale all’Università di Bologna dal 1903. Cfr. http://www.treccani.it/enciclopedia/vittorio-peglion/

[8] Cfr. ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, b. 1 fasc. 1.

[9] Ibidem.

[10] Ibidem fasc. 4.

[11] Ibidem. Per una biografia di Giacomo Acerbo cfr. A. PARISELLA, Acerbo, Giacomo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, 1988, http://www.treccani.it/enciclopedia/giacomo-acerbo_(Dizionario-Biografico)/

[12] In seguito denominate Ispettorati Provinciali.

[13] Cfr. ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, b. 2 fasc. 12.

[14] Ivi, b. 143 fasc. 74.

[15] Ivi, b. 2 f. 13.

[16] Ivi f. 14.

[17]Cfr. R. MAIOCCHI, Gli scienziati del Duce: il ruolo dei ricercatori e del CNR nella politica autarchica del fascismo, Roma, Carocci, 2003.

[18] Cfr. ACS, CNR, Comitati Nazionali,Commissione permanente per lo studio dei problemi coloniali, b. 967 A

[19] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, bb. 8 e 9.

[20] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, b. 2 f. 22.

[21] Ivi b. 10 f. 103.

[23] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, bb. 28 - 31.

[24] Cfr. anche ACS,CNR, Segretariato Generale,Convegni e congressi

[25] La lista dei delegati da inviare doveva prima essere approvata dal CNR, poi dal Ministero degli Affari Esteri ed in ultima e decisiva istanza dal Capo del Governo, una delle discriminanti principali per l’invio di una delegazione italiana era il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale del Congresso stesso.

[26] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, b. 31 f. 361.

[27] Ivi f. 360.

[28] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, b. 28 ff. 328-329. Cfr. anche ACS, CNR, Segretariato Generale, Borse di studio(Posizione 14)

[29] Ivi, b. 1 f. 9.

[30] Ivi, b. 10 f. 110.

[31] Ivi, b. 27 ff. 322-323.

[32] Ivi, b. 27, ff. 326-327.

[33] C. ARNAUDI, Le ricerche scientifiche promosse dal Comitato nazionale per l’agricoltura del Consiglio Nazionale delle Ricerche nell’anno 1960-1961, Roma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, 1963

[34] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, b. 148, le relazioni inviate dal Comitato al Ministero dell’Educazione Nazionale riguardano gli anni dal 1929-1930 al 1941-1942.

[35] Laboratori di agronomia di Perugia, Portici, Bologna, Milano e Pisa

[36] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, b. 148

[37] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Speciale di Consulenza sulle invenzioni e sullo sfruttamento dei brevetti, b. 966 A

[38] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, b. 26 f. 312.

[39] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la zootecnia, b. 147, Relazione tecnica per l’anno 1936 del prof. Mario Calvino.

[40] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, ff. 188, 240, 320, 369.

[41] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, b. 12 ff. 136-138.

[42] Ivi, b. 13, f. 140.

[43] Ivi, b. 19, f. 214.

[44] Ivi, b. 12 ff. 131-135.

[45] Ivi, b. 16, f. 188

[46] Ivi, ff. 254, 257, 264, 385.

[47] Ivi, b. 13, ff. 151-152.

[48] Ivi, b. 13 f. 145.

[49] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, ff. 149 e  332-333.

[50] Il rame era uno dei metalli che l’Italia doveva importare e inoltre il poco disponibile era destinato all’industria bellica.

[51] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, b. 15, f. 176.

[52] Ivi, b. 16, f. 179.

[53] Ivi, b. 10, f. 107.

[54] Riguardo le ricerche sull’autarchia cfr. anche: ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Tecnico Consultivo IMI per l’Autarchia; ASI-IMI, Serie Mutui Gestione Speciale Autarchia Economica Nazionale.

[55] ACS, CNR,Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, b. 10, f. 108.

[56] Ivi b. 11, f. 13.

[57] Ivi.

[58] ACS, CNR, Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, b. 27, f. 323

[59] ACS, CNR,Comitati Nazionali, Comitato Nazionale per l’Agricoltura e la Zootecnia, b. 27 ff. 326-327.

[60] 1) Attività, piani di studio e di lavoro, 2) Sistema di coltura Del Pelo Pardi, 3) Studi sul bestiame, 4) Studi sul grano, 5) Studi e ricerche per l’autarchia applicata all’agricoltura, 6) Studi e ricerche su anticrittogamici e antiparassitari, 7) Presentazione al CA di proposte riguardanti progetti di studio e di ricerca, 8) Pareri richiesti al CA dal CNR, 9) Pareri richiesti dalla Commissione Brevetti e Invenzioni.

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