Giovedì, 27 Marzo 2014

“Memorie di carta”. I contesti locali e la creazione di reti archivistiche: risorse, professionalità e risultati

Allegra Paci
Sezione Studi

Le premesse al progetto

Il progetto ”Memorie di carta” nasce nel 2010[1] e, promosso dalla provincia di Ascoli Piceno interessa gli archivi storici di venticinque comuni: Castel di Lama, Cupra Marittima, Carassai, Comunanza, Grottammare, Massignano, Montemonaco, Ripatransone, Acquaviva Picena, Castorano, Cossignano, Force, Monsampolo, Montedinove, Rotella, Montefiore dell'Aso, Folignano, Maltignano, Castignano, Spinetoli, Colli del Tronto, Montegallo, Palmiano, Roccafluvione, Monteprandone, Montalto Marche.

Così fortemente caratterizzato dal contesto locale che lo ha voluto, sostenuto e portato ormai a compimento nasce, oltre che dall’insieme delle specificità del territorio e del patrimonio archivistico da questo prodotto – specificità di cui si parlerà diffusamente più avanti – anche da alcune attività che ne sono state precorritrici.

Alcuni interventi, avviati già nel 2005, hanno avuto l’indiscusso merito di suscitare attenzione sul patrimonio documentario dei comuni ascolani, fornire sostegno anche economico alle realtà locali e, non ultimo, suscitare aspettative occupazionali - almeno nel breve periodo - per quei soggetti che, in controtendenza con le effettive necessità di un territorio che ha nel proprio patrimonio storico e culturale una inesauribile fonte di ricchezza, seguitano ad avere difficoltà a collocarsi proficuamente sul mercato del lavoro.

Si richiama qui l’aspetto correlato alle aspettative occupazionali perché, come si vedrà, il progetto ha avuto il proprio perno nella volontà della classe politica come è noto sensibile alle richieste e pressioni dei propri elettori, più che dalla spinta di una comunità scientifica. Va pertanto senz’altro visto l’aspetto occupazionale come una delle premesse e leve da cui ha potuto generarsi il progetto “Memorie di carta”.

Si pone quindi nel 2005 l’intervento predecessore e strettamente connesso al progetto ascolano, intervento che ha dato luogo ad attività di primo riordino degli archivi comunali attraverso la formula di uno stage di 200 ore, legato al corso di specializzazione di “Archivista conservatore”, realizzato dalla stessa provincia di Ascoli Piceno.

Tale corso, che all’epoca suscitò parecchie perplessità tra gli addetti ai lavori, venendosi a collocare in un territorio già particolarmente ricco di offerte formative[2], era stato attivato grazie ad un progetto finanziato dal fondo sociale europeo, che aveva come obiettivo fornire personale specializzato alle aziende in risposta allo studio dei dati sulla disoccupazione dovuta, all’epoca, ad un problema strutturale del sistema produttivo piceno e non ad una congiuntura economica sfavorevole.

Per l’attivazione del corso furono individuate delle priorità all’interno del sistema produttivo locale[3] e furono avviate collaborazioni con il Politecnico delle Marche, l’Università di Macerata e l’Università di Camerino.

Per l’annualità 2005 furono destinati alla formazione professionale nel suo complesso quattro milioni di euro e furono emanati quattro bandi per la presentazione da parte degli enti accreditati dei progetti formativi. Nel primo bando, per il settore cultura e sport, furono individuate tre figure professionali: tecnico catalogazione e classificazione beni culturali, archivista conservatore e operatore amministrativo per il settore sportivo[4].

Il corso che, come detto, prevedeva uno stage di 200 ore, fu effettivamente l'occasione per avviare una prima serie di interventi in alcuni comuni già in contatto con la Provincia.

Rispetto a quanto ci si sarebbe potuto aspettare, le priorità seguirono un ordine rovesciato, secondo un fenomeno che purtroppo si vede spesso nel mercato del lavoro connesso alla professione di archivista storico: in più casi i Comuni che avevano già dato avvio a interventi di riordino e non disponevano di risorse per portarli a compimento indirizzarono gli archivisti che se ne erano occupati – quasi tutti professionisti già attivi da tempo – a frequentare il corso, in modo da garantirsi una modesta retribuzione per il prosieguo della loro attività.

Questo rovesciamento, che vede come utenti dei corsi soggetti già ampiamente titolati, sembra vanificare gli obiettivi di un corso di formazione, che dovrebbe intercettare invece un’utenza da formare e - attraverso l’interessante e proficuo meccanismo del tirocinio, troppo spesso superficialmente demonizzato - collocarla in un ambiente recettivo alla possibilità di dare un valido seguito all’incarico[5]. In questo caso, invece, il tirocinio fu in più casi utilizzato per garantire il completamento o quanto meno lo svolgimento di un’ulteriore tranche di attività già avviate, agendo sulla relazione tra committenze e professionisti già in contatto e venendo quindi meno ai propri caratteri distintivi, come sono stati voluti dal legislatore[6].

Se pure è sembrato opportuno evidenziare questo passaggio critico, va sempre e comunque rammentato come, in un settore così povero di risorse, sia spesso necessario - da parte di tutti i soggetti coinvolti - ottimizzare l'impiego di tutte le risorse umane ed economiche disponibili, attuando a volte formule “creative” e non del tutto ortodosse.

Riprendendo quindi l’analisi delle attività che si sono rivelate propedeutiche alla nascita e alla realizzazione del progetto ascolano, si identifica nel corso per archivista conservatore il primo passo che, sia pure condizionato dalle problematiche richiamate, fu di fatto l’inizio di una importante attività di sensibilizzazione e coinvolgimento delle amministrazioni comunali, degli operatori del settore e degli organismi tecnico-scientifici in qualche modo a questo collegati, quali la Soprintendenza archivistica per le Marche e l’Università di Macerata.

Volendo ripercorrere lo sviluppo delle diverse fasi di attività che hanno interessato gli archivi comunali della provincia di Ascoli Piceno, va rilevato che, dopo la conclusione degli stage, alcuni comuni avevano tentato di dar seguito ai progetti basandosi su risorse finanziarie proprie. La limitata disponibilità economica, associata spesso ad una oggettiva difficoltà di corretto indirizzo nell’utilizzo delle risorse, non ha di fatto consentito il completamento dei lavori di riordino ed inventariazione.

Si innesta in questa fase il progetto “Memorie di carta” vero e proprio, che ha inteso riprendere e rilanciare le iniziative dei comuni coinvolti, dandovi un nuovo impulso. Si sono quindi svolti una serie di incontri preparatori tra i comuni e l’ente provinciale, finalizzati innanzitutto alla individuazione degli obbiettivi che dovevano interessare il patrimonio documentario: riordino, inventariazione, salvaguardia, tutela, fruizione e valorizzazione, recupero della cultura e della storia delle comunità locali, sviluppo del senso di appartenenza, apertura degli archivi alla vita culturale e creativa delle comunità “anche con l’utilizzo continuativo di personale qualificato”[7].

  

Il contesto di riferimento

Tracciate a grandi linee le tappe che hanno preceduto e reso possibile l’attuazione di “Memorie di carta”, conviene forse ora cercare di fare emergere il contesto in cui il progetto si è sviluppato.

Sono ormai molteplici in Italia esperienze avvicinabili al progetto ascolano e possiamo quindi senz’altro dire che, a livello nazionale, “Memorie di carta” si innesta su un tessuto se non numericamente ricco di certo ampio e interessante, basti pensare - per rimanere in aree simili alle Marche sia storicamente che geograficamente - al polo degli archivi umbri[8] o al progetto di recupero degli inventari del Lazio RInASCo[9], progetto che ha interessato ben 354 inventari di archivi storici comunali.

Quello che forse vale la pena sottolineare è che, se nelle altre regioni molto si era già fatto nelle Marche, al momento dell’avvio del progetto ascolano, si stava e si sta pagando un certo ritardo, in parte dovuto a deficit strutturali[10] e in parte per mancata crescita della sensibilità politica e culturale nei confronti del proprio patrimonio documentale, ritardo che affonda le proprie radici lontano se già Elio Lodolini, nel suo studio del 1960 sugli archivi storici delle Marche,[11] evidenzia come la maggior parte degli archivi storici comunali avesse subito importanti mutilazioni per scarti abusivi effettuati perlopiù nell’immediato dopoguerra e nei primi anni ’50.

Anche l’attuale Soprintendente, Luisa Montevecchi, nel suo contributo dedicato al progetto “Memorie di carta” richiama uno stato di abbandono e di incuria di antica origine. Sulle motivazioni che possono aver sostenuto la scelta della amministrazione provinciale picena ci dice che su questa non pensa possa:

«aver influito in modo determinante la consapevolezza delle amministrazioni circa gli obblighi di conservazione, inventariazione e ordinamento degli archivi storici, obblighi che spesso, nel passato come anche oggi, le Soprintendenza archivistiche sottolineano, ma che talora rimangono in tutto o in parte disattesi. Leggendo le relazioni ispettive degli anni passati ricorrono frequentemente descrizioni di documentazione in stato di disordine, di scaffalature non adeguate, di locali non idonei, di presenza di polvere ed umidità e conseguenti richiami agli obblighi che la legge impone»[12].

Si nota quindi che “Memorie di carta” si sviluppa in un contesto locale che, se pur ricco dal punto di vista del patrimonio archivistico disponibile malgrado le scadenti pratiche conservative, risulta ancora poco sviluppato per attività e iniziative di conservazione, descrizione e valorizzazione.

Bisogna senz’altro aggiungere che, comunque, in ambito regionale sono nati e si sono sviluppati alcuni progetti interessanti e di rilievo.

Tra le realtà regionali che sembra di poter prendere come riferimento per il progetto ascolano emerge, innanzitutto, il Polo archivistico di Urbino (PAU). Il PAU, avviato sin dal 2009, si inserisce nella politica di promozione dei poli archivistici da parte della Direzione generale per gli archivi del Ministero per i beni e le attività culturali.

La propensione alla costituzione dei poli, ribadita anche nella II Conferenza nazionale degli archivi, (Bologna 2009)[13] può essere considerata ormai una realtà consolidata. Già nella I conferenza nazionale della fine degli anni ‘90, era emersa «l'esigenza di un costante colloquio e confronto tra i diversi soggetti, pubblici e privati, operanti nel settore, per l'elaborazione di programmi comuni di attività»[14] ed uno dei temi su cui è stata incentrata la II Conferenza era proprio il “fare sistema” anche attraverso la «costituzione di poli archivistici, condivisi con enti territoriali e soggetti privati».

A due anni dalla Conferenza di Bologna, a ribadire la centralità di questo tema e l’attenzione riservatagli da parte delle istituzioni competenti e della comunità scientifica, la III Conferenza nazionale - svoltasi a Pescara nel dicembre del 2011 - era stata incentrata proprio sui poli archivistici e sulle reti informative[15]. Le profonde trasformazioni che hanno investito tanto il circuito della produzione e conservazione della memoria storica che la sua comunicazione – basti pensare solo alla estensione raggiunta dall’utilizzo dell‘information and communication technology (ICT) in tutte le attività collegate alla valorizzazione, con la creazione diffusa di portali tematici di ambito non solo italiano ma anche europeo[16] - hanno indotto una riflessione anche sulla modalità di gestione dei depositi cartacei. Si è assistito alla crisi della tradizionale organizzazione statale basata sulla distinzione tra Archivi di Stato – nati come istituti di conservazione tenuti ad acquisire le carte prodotte dagli uffici e organi dello Stato – e le Soprintendenze archivistiche, cui compete la vigilanza sugli archivi di enti pubblici e su quelli privati di interesse storico particolarmente importante. È sembrato quindi necessario avviare una politica di salvaguardia e valorizzazione degli archivi che assumesse quale fattore determinante il loro carattere di fonte storica «indipendentemente dal profilo giuridico dei soggetti che ne hanno la titolarità»[17]. I Poli archivistici si pongono quindi quale luogo e strumento idoneo alla cooperazione interistituzionale e, in quest’ottica è nato e si è concretizzato il polo di Urbino.

Il PAU, inoltre, sembra anche aver dato risposta al modello ora estremamente diffuso dell’utilizzo di outsourcer. Vi sono stati infatti, sia da parte della comunità scientifica che dei principali enti detentori di archivi pubblici, numerosi momenti di dibattito sulle problematiche connesse all’affidare ad un soggetto privato la gestione dei propri archivi, che sono e rimangono, quando prodotti da un soggetto pubblico, beni demaniali in cui la responsabilità relativa alla corretta conservazione, gestione e valorizzazione rimane al soggetto che li detiene[18]. Nel corso degli anni si sono susseguiti numerosi interventi per tentare di regolamentare e disciplinare il fenomeno dell’outsourcing tra cui, a supporto della scelta controversa di affidare ad un privato, tramite appalto, la custodia e gestione dei propri depositi documentari, la redazione di linee guida, a cura dell’ Associazione italiana imprese gestione documenti (AIDOC)[19].

Le indicazioni presenti nelle Linee guida sono state valutate e recepite, per le questioni pertinenti, anche all’interno del progetto “Manifattura” a cui chi scrive ha collaborato e da cui sono state tratte in parte le note che seguono[20]. Si richiama qui “Manifattura”, perché, anche se ancora in fase di studio, rappresenta un ulteriore, diversificato passo, in ambito regionale, verso la costituzione di poli, in questo caso allargati non più solo agli archivi ma a soggetti molteplici.

Il progetto “Manifattura” vede la Regione Marche come soggetto capofila, soggetto che ha demandato al Consorzio Marche spettacolo di redigere uno studio di pre-fattibilità. L’obbiettivo che ci si è posti è il recupero di un’area industriale come “acceleratore di innovazione” per la manifattura marchigiana. L’area dovrebbe essere destinata a rimessaggio delle scenografie, museo di eco-design, sede di imprese creative, polo archivistico regionale. All’interno dell’area della manifattura tabacchi di Chiaravalle – industria ancora in attività – si è ipotizzato l’utilizzo di una superficie di circa 12.000 metri quadrati tra depositi archivistici ed uffici/servizi a questi collegati. Con i partner di “Manifattura” si dovrebbe garantire la gestione di tutte quelle attività – apertura di spazi per la consultazione, attività di formazione interna, convegnistica, allestimenti espositivi, comunicazione istituzionale, promozione web – che andrebbero a costituire un valore aggiunto alla mera custodia.

I due progetti presenti sul territorio regionale – Polo archivistico di Urbino e “Manifattura” – sia pur a livello di sviluppo assolutamente diversi essendo il primo già una realtà operativa e il secondo in fase di studio – sembrano costituire due modelli assolutamente da considerare nell’analisi del contesto in cui si è sviluppato il progetto ascolano.

Sembra però interessante evidenziare quegli elementi che fanno risaltare la sostanziale diversità dei tre progetti e che fanno si che PAU e “Manifattura”, per quanto possono rimandare al progetto “Memorie di carta”, se ne distaccano sostanzialmente e ne vanno a costituire a tutti gli effetti dei validi esempi alternativi.

Il primo, il PAU, si distacca da “Memorie di carta” in quanto si caratterizza come un vero e proprio polo archivistico, quindi fondato su «una politica di salvaguardia e valorizzazione degli archivi che assuma quale fattore determinante il loro carattere di fonte storica indipendentemente dal profilo giuridico dei soggetti che ne hanno la titolarità»[21] mentre “Manifattura” si caratterizza per essere addirittura aperto non solo a soggetti titolari di archivio ma ad una pluralità di realtà “culturali” in linea con il modello regionale di “Distretto culturale evoluto”.

Quello che caratterizza “Memorie di carta” è invece, innanzitutto, l’aver interessato esclusivamente come “soggetti titolari” i comuni della provincia di Ascoli Piceno, escludendo altri “profili giuridici”. Oltre ai veri e propri archivi comunali si sono considerati solo i fondi da questi conservati e, in numerosi casi, per questi fondi altri si è optato per un livello descrittivo differenziato, destinando al solo archivio comunale una descrizione analitica ed utilizzando per gli altri fondi una descrizione sommaria, fornendo dati relativi ai soli livelli inventariali “alti”.

Quello che sicuramente si avvicinerà al progetto ascolano per ambito di intervento, obiettivi e impianto attuativo che lo renderanno direttamente confrontabile è il progetto promosso dalla provincia di Fermo, il Polo archivistico fermano (PAF).

Anche il PAF ha come obiettivo il riordino, l’inventariazione e la valorizzazione di soli archivi comunali facenti parte di una precisa area geografica - il territorio provinciale - e ha già sottoscritto una convenzione tra Università di Macerata, Provincia di Fermo e Soprintendenza archivistica.

Al momento in cui si scrive, però, il progetto fermano è ancora in fase di avvio, avendo prodotto solo una graduatoria di archivisti ed individuato sei archivi comunali che saranno oggetto di un primo intervento di riordino. Sembra pertanto necessario rinviare un’attività di analisi e di confronto ad una fase più evoluta.[22]

 

Le attività propedeutiche alla attuazione del progetto[23]

Esaurita la fase esplorativa, il Servizio cultura della Provincia di Ascoli Piceno, per acquisire informazioni di dettaglio, ha effettuato un monitoraggio di tutti gli archivi storici comunali, attraverso la predisposizione di una scheda in cui ciascun ente è stato invitato a riportare una serie di dati relativi al proprio archivio.

Oltre al recupero e all’analisi della scheda di rilevamento si sono effettuati sopralluoghi preliminari, anche al fine di concordare con gli amministratori locali la fattibilità operativa degli interventi presso ciascun archivio.

L’intensa attività di coordinamento ha portato alla predisposizione di un protocollo d’intesa e alla formalizzazione di un accordo di rete tra la provincia e tutti i trentatré comuni del territorio[24]: Acquasanta Terme, Acquaviva Picena, Appignano del Tronto, Arquata del Tronto, Ascoli Piceno, Carassai, Castel di Lama, Castignano, Castorano, Colli del Tronto, Comunanza, Cossignano, Cupra Marittima, Folignano, Force, Grottammare, Maltignano, Massignano, Monsampolo del Tronto, Montalto Marche, Montedinove, Montefiore dell'Aso, Montegallo, Montemonaco, Monteprandone, Offida, Palmiano, Ripatransone, Roccafluvione, Rotella, San Benedetto del Tronto, Spinetoli, Venarotta[25].

Il protocollo di fatto recepiva la rete già costituita dai comuni del territorio - che vedevano il Comune di Ascoli Piceno come soggetto capofila - per la presentazione di un progetto ai sensi della Legge regionale 75/1997[26] per l’attivazione di interventi di inventariazione sugli archivi comunali in un’ottica di «attività sinergiche e complementari al progetto provinciale».

La redazione del protocollo da fare approvare alla Giunte dei comuni aderenti era stata curata dalla provincia, che ne aveva predisposto l’invio ai singoli enti, instaurando contestualmente un rapporto diretto con il comune capoluogo, coinvolto nella stesura materiale del progetto, presentato e quindi finanziato con i fondi della LR 75/1997.

Una volta costituita la rete tra i comuni si è reso necessario garantire l’indispensabile raccordo con la Soprintendenza archivistica per le Marche. Dopo una serie di incontri con l’allora Soprintendente Mauro Tosti Croce, si è arrivati alla formalizzazione del rapporto di collaborazione attraverso la stipula di uno specifico protocollo d’intesa sottoscritto ad Acquaviva Picena il 9 ottobre 2010[27], nel corso di una iniziativa organizzata con il comune. Nel protocollo, oltre a riconoscere i rispettivi impegni, si sottolinea già in premessa l’accordo a «garantire l’accessibilità al patrimonio […] attraverso l’attuale sistema informativo in uso presso l’amministrazione archivistica (Sistema informativo unificato delle Soprintendenza archivistiche - SIUSA) e quello in fase di costituzione (Sistema archivistico nazionale - SAN)». Un altro punto del protocollo che sembra qualificare la specificità del progetto ascolano che, come accennato, nasce con un forte orientamento “politico” nell’accezione più estesa e migliore del termine, è il «garantire l’utilizzo continuativo di personale qualificato dotato di titolo specifico».

Per quanto attiene alle competenze demandate alla Soprintendenza, in cui peraltro non si evidenzia nulla al di fuori delle attribuzioni istituzionali – a questa viene demandato di « mettere a disposizione i dati di cui già dispone, concordare con la Provincia di Ascoli Piceno i criteri descrittivi e le modalità operative di intervento, l’applicazione degli standard archivistici, la verifica delle fasi dei lavori ed il collaudo finale». Di qualche rilievo sembra anche il punto in cui la Soprintendenza si impegna a dare comunicazione all’inizio di ogni annualità degli interventi che intende attuare in proprio, in modo che tali attività si integrino sinergicamente con le attività svolte nel contesto provinciale.

Il progetto, oltre ad essere ammesso ai finanziamenti regionali di cui alla citata LR 75/1997, ha ottenuto un decisivo contributo dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno.

Costituita la rete di comuni, stipulato un protocollo di intesa con la Soprintendenza e ottenuti adeguati finanziamenti da Regione Marche e Fondazione Carisap, è stata organizzata una giornata di studio, anche per garantire una corretta presentazione al territorio delle successive fasi operative. L’incontro, dal titolo La Memoria del Territorio: progetti di recupero degli archivi storici comunali, si è svolto il 10 dicembre 2010 presso la Cartiera Papale di Ascoli Piceno[28].

Si è giunti quindi agli inizi del 2011 alla fase successiva, ovverosia al reperimento di professionalità archivistiche da individuare tramite l’emissione di un avviso pubblico[29].

Una commissione interna, presieduta dal Dirigente del Servizio cultura, è stata preposta alla valutazione delle domande e dei curricula pervenuti e alla formazione della relativa graduatoria. Oltre agli archivisti destinati agli interventi di riordino ed inventariazione è stato individuato in Andrea Martinelli il coordinatore scientifico, affidandogli un importante lavoro di raccordo tra il gruppo di lavoro, l’ assessorato e i comuni coinvolti, segnalando e risolvendo, in raccordo con la Soprintendenza Archivistica per le Marche, le diverse problematiche sorte durante lo svolgimento delle attività.

 

La fase operativa

Il Progetto “Memorie di Carta” ha interessato – per il triennio 2011/2013 - gli archivi di sedici comuni: Castel di Lama, Cupra Marittima, Carassai, Comunanza, Grottammare, Massignano, Montemonaco, Ripatransone, Acquaviva Picena, Castorano, Cossignano, Force, Monsampolo, Montedinove, Rotella, Montefiore dell'Aso.

Nel 2013, per la terza ed ultima fase in corso di compimento, si è proceduto al riordino e alla inventariazione degli archivi di altri nove comuni: Folignano, Maltignano, Castignano, Spinetoli, Colli del Tronto, Montegallo, Palmiano, Roccafluvione, Monteprandone. Oltre a questi archivi comunali si è voluto inserire in questo ultimo anno di attività l’archivio del Presidato Sistino, conservato dal Comune di Montalto delle Marche.

Sin dai primi contatti si sono concordate le modalità di intervento tra gli archivisti e il coordinatore, tra cui il livello di analiticità descrittiva, passaggio indispensabile visto anche che gli archivi che si sono andati a riordinare e descrivere erano molto diversi sia per consistenza che per stato di ordinamento.

Per valutare lo stato di inventariazione preesistente nei comuni ascolani conviene forse analizzare qualche dato.

Circa un terzo – venti comuni su trentatré – era già stato censito per l’inserimento nel SIUSA[30].

Quasi tutti avevano uno strumento di corredo sia pur sommario, in particolare gli elenchi redatti dai funzionari della Soprintendenza nel corso delle proprie visite ispettive.

In particolare Castel di Lama, Carassai e Colli del Tronto avevano un elenco di consistenza antecedente al 1999, Grottammare, Massignano, Ripatransone, Force, Montedinove, Montemonaco, Castignano avevano un inventario sommario redatto nei primi anni 2000, mentre Cupra Marittima solo una scheda descrittiva. Solo per l’archivio comunale di Folignano non risulta esservi alcuno strumento[31].

I lavori di riordino sono stati preceduti da un incontro in provincia tra gli archivisti incaricati e il coordinatore, Andrea Martinelli, che ha illustrato brevemente il software che si sarebbe utilizzato – Sesamo 4.1 –, ha fornito degli esempi inventariali da tenere come punti di riferimento e alcune indicazioni di massima. Ha inoltre consegnato agli archivisti delle schede prodotte dalla Soprintendenza archivistica e già utilizzate dagli archivisti incaricati dei censimenti degli archivi comunali ai fini dell’inserimento in SIUSA, quale la scheda di analisi dei fondi giudiziari prodotta da Sonia Ferri.

Nei giorni immediatamente successivi il coordinatore, inoltre, ha accompagnato gli archivisti presso i comuni per i primi contatti e per facilitare l’avvio della collaborazione con l’ente.

Durante l’attività di inventariazione sono stati frequenti i contatti tra il coordinatore e gli archivisti e, nella quasi totalità dei casi, sono seguiti da parte di questo nuovi sopraluoghi per supportare, verificare e indirizzare l’attività.

Terminati i lavori di riordino e inventariazione e consegnati gli inventari alla provincia si è sempre effettuata, presso ciascun comune interessato, una giornata di presentazione quando non una vera e propria inaugurazione dell’archivio. Infatti, una delle condizioni a cui i comuni erano tenuti, era l’approntare locali idonei. Proprio per questo, in numerosi casi, oltre alla attività sulla documentazione c’è stato un restauro dei locali o un trasferimento dell’archivio in una sede più indicata.

Come ha raccontato Luisa Montevecchi:

«Quasi sempre la manifestazione, sia pur dedicata all’archivio comunale, è divenuta momento di scoperta, riscoperta o valorizzazione anche di memorie “altre” e ha saputo riunire per qualche ora buona parte della cittadinanza che spesso non è stata in passivo ascolto, ma è intervenuta con ricordi e testimonianze di vita locale. A Montedinove, per esempio, il ritrovamento del fascicolo personale della maestra che aveva insegnato a leggere e scrivere a più generazioni è stato lo spunto per l’allestimento di una piccola mostra di argomento scolastico. A Force si è voluto riscoprire e ricordare l’architetto Vannucci (…). A Rotella è stata ricordata la famiglia Ciccolini»[32].

In più casi, quali Cupra Marittima e Grottammare, si sono coinvolte le scuole, articolando la giornata in due parti, di cui una più propriamente didattica.

 

I risultati

Si è già sottolineato come, per cause diverse, le Marche pagassero una certa arretratezza nell’attenzione al proprio patrimonio archivistico e, di conseguenza, nella attuazione di tutte le buone pratiche che la tutela e la valorizzazione degli archivi richiede.

Di questo elemento va senz’altro tenuto conto per valutare compiutamente quali sono stati i risultati del progetto ascolano. Si inizia quindi con il riportare qualche dato dalle relazioni annuali della Soprintendenza[33].

Considerando i tre anni in cui si è sviluppato “Memorie di carta” e i soli archivi che qui interessano – ovverosia gli archivi storici comunali –, se si valuta un’attività confrontabile al progetto ascolano – ovverosia la redazione di un inventario analitico – si rileva che, nel 2011, sono stati consegnati alla Soprintendenza archivistica due soli inventari.

Nel 2012 gli inventari di archivi storici comunali consegnati sono stati dieci, di cui otto relativi ad archivi rientranti nel progetto ascolano: Grottammare, Cupra Marittima, Montemonaco, Massignano, Comunanza, Ripatransone, Carassai, Castel di Lama.

Nel 2013 gli inventari completi sono stati due, di cui uno – Castignano – facente parte di “Memorie di carta”.

Lasciando parlare i numeri, emerge che, su quattordici inventari analitici di archivi storici comunali prodotti nelle Marche nel triennio 2010 – 2013 nove sono stati voluti, prodotti e finanziati all’interno di “Memorie di carta”, pari ad un 64% del totale.

Al momento attuale, il progetto è giunto alla fase conclusiva e nella seconda metà del mese di gennaio sono stati consegnati gli ultimi inventari. L’amministrazione provinciale sta organizzando le giornate di presentazione che si svolgeranno presso i diversi comuni alla presenza, come da obbligo contrattuale, degli archivisti riordinatori e del coordinatore.

Come previsto dal protocollo di intesa stipulato tra la Provincia di Ascoli Piceno e la Soprintendenza archivistica, si sta procedendo alla pubblicazione degli inventari in SIUSA. Ed è questa fase, forse, quella che sta facendo emergere le principali problematicità nella macchina ben congegnata di “Memorie di carta”.

Si è solo brevemente richiamato sopra il bando di selezione degli archivisti e conviene forse ora tornare a occuparsene. La valutazione da parte della Commissione veniva fatta sulla base di un punteggio attribuito metà sulla base dei titoli di studio in cui, sembra piuttosto correttamente, si teneva conto «della completezza e della coerenza del percorso formativo in materia archivistica e di eventuali titoli di studio superiori o aggiuntivi a quelli previsti come requisito per la partecipazione al presente avviso pubblico». Per l’altra metà il punteggio era attribuito in base alle esperienze professionali «in cui costituirà titolo di preferenza [...] l’aver già svolto esperienze professionali in materia archivistica presso Enti pubblici del territorio della provincia di Ascoli Piceno o presso soggetti privati sottoposti alla vigilanza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali del territorio della provincia di Ascoli Piceno».

Certamente la conoscenza diretta del contesto in cui si opera è un elemento assolutamente rilevante per il lavoro archivistico, ma è un elemento che non può non essere valutato in maniera proporzionale ed equilibrata con i titoli di studio e, più in generale, con altre esperienze lavorative significative.

Nel caso ascolano questo titolo di preferenza sembra avere inciso in maniera molto significativa in fase di valutazione da parte della Commissione. Se, come si è detto, il progetto nasceva più da una volontà politica che non all’interno di una comunità scientifica, sembra naturale che sia stato posto in premessa dalla amministrazione provinciale l’intento di sviluppare professionalità locali; ma sta di fatto che, nella individuazione dei professionisti, qualche criticità è emersa ed è forse imputabile anche a questo elemento se è risultato piuttosto disomogeneo il livello scientifico degli inventari prodotti.

La disomogeneità degli inventari potrebbe comportare la necessità di significative revisioni - o addirittura esclusioni – nella fase di pubblicazione nel SIUSA, andando a costituire comunque, nella migliore delle ipotesi, un aggravio di lavoro sulla struttura della Soprintendenza archivistica, come abbiamo visto fortemente sotto organico. Va inoltre detto che, nell’attività di raccordo prevista tra Soprintendenza e Provincia, qualche passaggio sembra essere venuto meno, se è vero che le necessarie informazioni redazionali per la produzione di inventari compatibili con le norme richieste dal SIUSA sono state fornite agli archivisti solo a lavoro già collaudato.

Questo elemento ha reso necessario affidarsi alla buona volontà dei professionisti che hanno dovuto rivedere il proprio lavoro – in più casi in maniera significativa – ai fini di una attività – la pubblicazione in SIUSA – non prevista dai contratti sottoscritti ma in realtà già contemplata dal protocollo d’intesa.

Concludendo non si può non tracciare un bilancio assolutamente positivo del progetto che ha visto le comunità locali farsi parte attiva nella gestione del proprio patrimonio documentale ed ha consentito di riportare in condizioni di sicurezza fondi esposti a concreti rischi conservativi. In tutti i casi gli interventi – oltre a produrre uno strumento di corredo migliorativo rispetto a quanto già esistente – hanno focalizzato l’attenzione sull’importanza delle fonti locali dando visibilità a produzioni storiografiche di assoluto rispetto. In chiusura non si vuole dimenticare neanche l’incidenza dal punto di vista occupazionale se, nell’arco dei quasi quattro anni di attività, sono stati dati ventisei incarichi distribuiti tra una ventina di archivisti.

  

Allegra Paci

Archivista, socio fondatore e responsabile del settore archivi della Cooperativa Ebla di Cesena, membro del gruppo ALP – ANAI Marche e del gruppo di lavoro ANAI per il censimento degli archivisti.



[1] Il primo atto si può identificare con la sottoscrizione di un protocollo d’intesa tra la Provincia di Ascoli Piceno e tutti i trentatré Comuni del territorio, Deliberazione della Giunta Provinciale n. 100 del 24 marzo 2010.

[2] Si pensi al corso di Laurea in scienze archivistiche, librarie e dell’informazione documentaria dell’Università degli studi di Urbino “Carlo Bo”, o al corso di Laurea in Conservazione e gestione dei beni culturali e al Master in Formazione Gestione Conservazione di Archivi Digitali dell’Università di Macerata.

[3] Furono interessati in particolare il settore calzaturiero, agro-alimentare, socio-assistenziale, turistico-alberghiero, ambiente e sicurezza, cultura e sport, meccanico ed elettromeccanico, economia delle reti e informazione tecnologica.

[4] Il Quotidiano.it della Provincia di Ascoli Piceno, 30 giugno 2005; <http://www.ilquotidiano.it/articoli/2005/06/30/39668/presentati-i-bandi-dei-corsi-di-formazione-predisposti-dallamministrazione-provinciale>.

[5] Per una visione d’insieme delle problematiche connesse al mercato del lavoro legato agli archivi: A. Paci, «Figure professionali e fisionomia del mercato del lavoro in ambito archivistico», in Archivi & Computer, XVIII, 2008, nn. 2-3.

[6] Per le disposizioni all’epoca in materia di tirocini formativi nella Regione Marche si rimanda all’art. 18 della Legge regionale n. 2/2005 ed ora anche alle Linee guida nazionali, definite il 24 gennaio 2013 in sede di Conferenza Stato – Regioni, ai sensi dell’articolo 1, commi 34-36 della legge 28 giugno 2012, n. 92; <http://www.istruzioneformazionelavoro.marche.it/Lavoro/Tirocini.aspx> (febbraio 2014).

[7] Notizie tratte dalla relazione prodotta dalla Provincia di Ascoli Piceno per Regione Marche a cura di R. Giovannozzi, dirigente servizio cultura e beni culturali, Progetto memorie di carta – riordino e inventariazione degli archivi storici dei comuni della provincia di Ascoli Piceno. Relazione attività anni 2010 – 2011 – 2012 (Ascoli Piceno, 16 novembre 2012).

[8] F. Valacchi, «DOC. Polo informativo archivi umbri» in Bollettino del Cilea n. 111 sezione speciale, Giugno 2008; <http://eprints.rclis.org/11896/1/umbria.pdf> (febbraio 2014).

[9] <http://www.maas.ccr.it/ProgettoRinasco/default.html>.

[10] Basti pensare, solo per fornire qualche dato numerico, che la Soprintendenza archivistica per l’Umbria impiega attualmente più di venti funzionari mentre la Soprintendenza archivistica per le Marche ha un organico di nove persone (di cui solo tre archiviste), oltre aver visto susseguirsi, negli ultimi nove anni, quattro Soprintendenti, quasi tutti con altri incarichi ministeriali.

[11] E. Lodolini, Gli archivi storici dei comuni delle Marche, Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato VI, Roma, 1960.

[12] L. Montevecchi, «“Memorie di carta”: il progetto per gli archivi storici comunali della provincia di Ascoli Piceno» in Le carte e la storia, II, 2013.

[13] II Conferenza nazionale degli archivi “Fare sistema”, Bologna 19-21 novembre 2009.

[14] L. Scala, Introduzione alla II Conferenza nazionale, Bologna 2009. <http://www.conferenzanazionalearchivi.it/index.php?it/1/seconda-conferenza-nazionale-degli-archivi> (febbraio 2014).

[15] A due anni da Bologna, I poli archivistici e le reti informative, Pescara 15-17 dicembre 2011; <http://www.icar.beniculturali.it/index.php?it/150/archivio-news/50/conferenza-nazionale-a-due-anni-da-bologna-i-poli-archivistici-e-le-reti-informative-pescara-1517-dicembre-2011> (febbraio 2014).

[16] Vedi ad esempio il portale della cultura europea Europeana <http://www.europeana.eu/portal> o Michael e Michael plus, inventario multilingua delle collezioni digitali europee promosso attraverso la European Commission's eTen programme <http://www.michael-culture.org> (febbraio 2014).

[17] L. Scala, Seconda conferenza nazionale degli archivi “Fare sistema”. Documento conclusivo; <http://www.conferenzanazionalearchivi.it/documenti/CNA2009_DocumentoGeneraleFinale.pdf> (febbraio 2014).

[18] Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), art. 30, c. 1: «Lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico hanno l'obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza».

[19] M.E. Marinelli-L. Asta (a cura di), L’outsourcing nei servizi archivistici: linee guida per operare una scelta, AIDOC 2006; <http://www.archivi.beniculturali.it/index.php/cosa-facciamo/progetti-di-tutela/gruppi-di-studio/item/565-gruppi-di-studio-|-loutsourcing-nei-servizi-archivistici> (febbraio 2014).

[20] A. Paci, «Archivi» in Verso un centro regionale di sviluppo per la cultura e le imprese creative. Un esempio di applicazione: la manifattura tabacchi di Chiaravalle. Studio di pre-fattibilità, Ancona, Consorzio Marche spettacolo, 2012.

[21] L. Scala, Introduzione alla II Conferenza nazionale, cit.

[22] Per un’analisi del PAF si rinvia a F. Valacchi, «Poli archivistici e trasformazioni del modello conservativo. Il caso del polo archivistico del Fermano» in Il capitale culturale “Studies on the Value of Cultural Heritage”. Eum edizioni, Università di macerata, vol. 7, 2013; <http://riviste.unimc.it/index.php/cap-cult/issue/view/31> (febbraio 2014).

[23] Si ringrazia Donatella Paoloni, funzionaria della Provincia di Ascoli Piceno, che, incaricata di seguire il progetto sin dalle prime fasi, è stata un costante punto di riferimento e, in fase di stesura di questo articolo, una preziosa fonte di informazioni.

[24] Deliberazione della Giunta Provinciale n. 100 del 24 marzo 2010.

[25] Dalla relazione di R. Giovannotti, Progetto memorie di carta, cit.

[26] «Disciplina degli atti e delle procedure della programmazione e degli interventi finanziari regionali nei settori delle attività e dei beni culturali» in Bur Marche, n. 3 del 9/1/1998. Successivamente modificata con Legge Regionale 13 marzo 2001, n. 7.

[27] Il protocollo è in attesa di essere pubblicato sul sito della Soprintendenza archivistica per le Marche; <http://www.sa-marche.beniculturali.it/index.php?it/240/rapporti-con-regione-enti-territoriali-soggetti-pubblici-e-privati> (febbraio 2014).

[28] Non sono stati pubblicati gli atti. Il programma è disponibile al seguente link: <http://www.cultura.marche.it/CMDirector.aspx?id=9737> (febbraio 2014).

[29] Deliberazione della Giunta Provinciale n. 291 del 13.10.2010 e determinazione dirigenziale n. 3073/GEN del 14.10.2010 per approvazione avviso pubblico.

[30] Ad oggi non risultano pubblicati in SIUSA i fondi relativi ai Comuni di Comunanza, Acquaviva Picena, Castorano, Cossignano, Monsampolo, Rotella, Montefiore dell'Aso, Maltignano, Spinetoli, Montegallo, Palmiano, Roccafluvione e Monteprandone.

[31] Dati tratti dal SIUSA (febbraio 2014).

[32] L. Montevecchi, «“Memorie di carta”», cit.

[33] Si ringrazia, oltre alla Soprintendente Luisa Montevecchi, Lucia Megale che ha cortesemente fornito, estrapolandoli dalle relazioni annuali, i dati che qui si riportano.

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