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Martedì, 04 Dicembre 2012

Il Congresso Internazionale degli archivi di Brisbane, agosto 2012

relazione di Barbara Bertini
Sezione Primo piano

BE NICE TO ARCHIVISTS THEY CAN ERASE YOU FROM HISTORY

Questa scritta, tutt’altro che rassicurante, si illumina sullo schermo della mia vicina di poltrona, simpatica archivista australiana tra i moltissimi che partecipano attivamente al Congresso Internazionale nel Convention ed Exhibition Centre di Brisbane. Per quanto risuoni un filo minacciosa, la frase mi ha colpito, lo ammetto, e la riporto perché mi sembra comunque degna di nota e perfettamente in linea con il tema del Congresso stesso.

Dal 20 al 24 agosto 2012 si è svolto a Brisbane il diciassettesimo Congresso Internazionale degli Archivi dal significativo titolo di “A climate of change”-”Les temps changent”.

Gli sviluppi estremamente rapidi delle tecnologie fanno sì che i documenti possano essere molto rapidamente creati e condivisi ma allo stesso modo possono rapidamente andare distrutti. Per questo uno scambio di esperienze risulta fondamentale tra i membri della professione archivistica.

Le giornate si sono susseguite dense di eventi, relazioni e presentazioni suddivisi secondo i tre filoni principali dedicati a “Sustainability “ “Trust”, “Identity” .

Sustainability e archivi. Preservare i documenti a lungo termine a beneficio delle generazioni future è al centro del compito degli archivi. Possiamo essere tranquilli in merito alle nostre capacità di svolgere appieno questo ruolo nell'era digitale?

La sostenibilità si riferisce anche alla conservazione della documentazione tradizionale conservata e nella conservazione presso gli enti produttori degli archivi correnti in modo tale che rispondano alle necessità per le quali sono stati creati. In un mondo di cambiamenti climatici e di disastri provocati dall'uomo, le sfide della prevenzione aumentano costantemente- Infine la sostenibilità si riferisce alla rilevanza della professione archivistica stessa mentre un'onda dopo l'altra di innovazioni si abbatte sul mondo dell'informazione. Gli archivisti devono necessariamente dimostrare di essere essenziali in questo mondo dell'informazione che cambia rapidissimamente.

Trust e gli archivi. Gli archivi supportano il buon governo e l'affidabilità offrendo credibilità nell'autenticità, fiducia e affidabilità delle informazioni conservate. Ciò implica che la scienza archivistica sia supportata da processi etici e professionalità, sviluppo di standard in modo che i metodi e le buone pratiche siano condivise e accettate. Che cosa possono fare gli archivisti per chiedere e ottenere fiducia? Che effetto potrebbe avere il fallimento della loro delicata missione in simili frangenti?

Identity e archivi. Gli archivi forniscono evidenze di identità non soltanto tramite i documenti identitari ma anche attraverso la conservazione degli archivi che contengono la memoria e la storia di gruppi complessi e di identità individuali sia in un momento particolare della storia che attraverso la storia. Essi aiutano le comunità a restare in contatto con la loro storia e proteggere i propri diritti. Gli stessi archivisti hanno una specifica identità che si basa sul proprio entroterra culturale e sulla percezione che di essi ha la società nella quale si collocano. Tale identità è in cambiamento nel ventunesimo secolo come cambia la natura degli archivi e come cambia la società. Dobbiamo rafforzare il valore, l'impatto e l'influenza degli archivisti e dei manager della formazione.

Al Congresso hanno preso parte, secondo gli elenchi forniti dagli organizzatori: 454 colleghi australiani, 2 provenienti dall’Austria, 1 dal Bangladesh, 1 dalle Barbados, 3 dal Belgio, 4 dal Benin, 1 dalle Bermuda, 1 dal Botswana, 3 dal Brasile, 1 dalla Bulgaria, 2 dal Burkina Fasu, 1 dal Burundi, 21 dal Canada, 1 dal Cile, 32 dalla Cina, 1 dal Costa Rica, 3 dalla Croazia, 3 dalla Repubblica Ceca, 3 dalla Danimarca, 4 dall’Estonia, 3 dall’Etiopia, 1 dalla Micronesia, 2 dalle Fiji, 8 dalla Finlandia, 37 dalla Francia, 2 dal Gambia, 19 dalla Germania, 4 dal Ghana, 1 da Haiti, 1 da Holy See, 6 da Hong Kong, 2 dall’India, 7 dall’Indonesia, 5 dall’Iran, 1 da Israele, 1 dalla Jamaica, 28 dal Giappone, 1 dal Kazakhstan, 2 dal Kenya, 23 dalla Corea, 1 dal Kuwait, 1 dalla Latvia, 1 dal Lesotho, 1 dalla Lituania, 3 da Macao, 2 dalla Macedonia, 3 dalla Malaysia, 1 dal Mali, 2 dalla Mongolia, 2 dal Montenegro, 14 dal Mozambico,1 dalla Namibia, 13 dai Paesi Bassi, 1 dalla Nuova Caledonia, 34 dalla Nuova Zelanda, 16 dalla Norvegia, 7 dall’Oman, 1 da Palau, 1 da Panama, 6 da Papua Nuova Guinea, 11 dalla Polonia, 17 dalla Russia, 2 da Samoa, 1 dall’Arabia Saudita, 1 dal Senegal, 14 da Singapore, 2 dalla Slovenia, 2 dalle isole Salomone, 6 dal Sud Africa, 4 dalla Spagna, 1 da Santa Lucia, 15 dalla Svezia, 6 dalla Svizzera, 1 da Taiwan, 8 dalla Tailandia, 2 dal Togo, 1 da Tonga, 2 dalla Tunisia, 1 dalla Turchia, 1 da Tuvalu, 4 dall’Ucraina, 4 dagli Emirati Arabi Uniti, 23 dal Regno Unito, 2 dalla Tanzania, 27 dagli Stati Uniti, 1 da Vanuatu, 23 dal Vietnam, 5 dallo Zambia e 2 dallo Zimbabwe.

La delegazione italiana era rappresentata dalla scrivente che risultava essere al tempo stesso capo delegazione, delegazione e relatore in una sessione. Mi si scuserà dunque se riuscirò a soffermarmi soltanto sugli interventi che sono riuscita a seguire personalmente, rimandando per tutti gli altri ai testi che i relatori stessi hanno inviato e che sono scaricabili liberamente all’indirizzo:

http://www.ica2012.com/Programm/full-papers.php

Fra i relatori principali che hanno animato le sessioni plenarie vorrei ricordare David S. Ferriero, nominato decimo Archivista degli Stati Uniti da Obama nel novembre 2009. Si tratta del primo archivista-bibliotecario ad assumere tale incarico. Ferriero ha parlato del ruolo degli archivi in un’epoca nella quale l’importanza dei social media è crescente ed ha illustrato il ruolo essenziale svolto dai media durante la campagna di Obama per le elezioni presidenziali americane. La diffusione dell'uso dei social network ( You Tube, Facebook, Twitter, etc.) sul luogo di lavoro negli Stati Uniti è molto estesa: anche l'amministrazione Obama si serve normalmente di essi per svolgere il proprio lavoro e per dare informazioni alla popolazione del paese. Ha sottolineato inoltre l’importanza degli archivi in questo momento cruciale nel quale le tecnologie informatiche si stanno rapidamente estendendo in tutti gli uffici governativi. Ha evidenziato la necessità di investimenti adeguati per la riproduzione e conservazione a lungo termine e in sicurezza dei documenti su nuovi supporti.

Michael Carden degli Archivi Nazionali dell’Australia e Andrew Waugh del Public Record Office dello Stato del Victoria a Melbourne hanno affrontato il tema degli archivi digitali, la conservazione preventiva del digitale, ora e nel futuro.

Preservare i documenti digitali è una delle attività cardine degli Archivi australiani che da oltre un decennio sono impegnati a sviluppare hardware e software per rendere sicura la conservazione degli archivi digitali prodotti dalle amministrazioni pubbliche. In particolare gli Archivi Nazionali aiutano gli uffici pubblici a creare e conservare i propri documenti e a effettuare le selezioni della documentazione che entrerà a far parte degli Archivi Nazionali, conservando, descrivendo e preservando il Patrimonio Nazionale rendendo disponibile per l’accesso al pubblico i documenti prodotti da almeno 20 anni. La relazione affronta il tema del materiale su carta, i materiali audiovisivi e digitali e di come possano rimanere stabili ed accessibili nel tempo. Esistono laboratori per tali scopi in Canberra, Sydney e Melbourne.

Michael Carden Digital Archiving at the national Archives of Australia: Putting Principles into Practice

L'intervento vuole presentare la più che decennale esperienza nel campo della preservazione dei materiali nati in digitale sviluppata dagli Archivi Nazionali Australiani (NAA), che hanno fatto di questa specializzazione una delle loro attività primarie. É ormai nota la fragilità dei dati digitali, per i quali non solo l'alterazione dei bit, volontaria o meno, ma anche una lunga inazione incapace di tenere il passo con l'obsolescenza tecnologica, possono essere causa di danni irreparabili: nel caso dei documenti d'Archivio, questi danni possono compromettere poi il grado di fede pubblica che deve essere garantito da un documento. Per questi motivi gli archivi australiani hanno intrapreso sin dal 2000 la ricerca sulla preservazione del digitale, producendo nel 2002 uno dei documenti base in questo campo: An approach to the Preservation of Digital Records, conosciuto anche come Green Paper. In questo documento veniva per la prima volta messa in risalto la necessità non di conservare la combinazione di software ed harware che hanno supportato uno specifico documento digitale al momento della sua creazione, bensì quella di mantenere nel tempo la sua performance: laddove con performance si intende la possibilità di rendere un determinato documento digitale comprensibile da qualunque sistema informatico, indipendentemente dalla piattaforma hardware/software che l'ha creato. Per ottenere ciò, gli Archivi Nazionali Australiani convertono i file digitali adottando standard basati su formati open. L'utilizzo di tecnologia open per la preservazione dei dati ha condotto alla creazione del software Xena (Xml Electronic Normalising for Archives) come parte integrante di un più complesso sistema, in grado di garantire il workflow del documento elettronico, chiamato nel suo insieme Digital Preservation Recorder (DPR). Xena è stato studiato per riconoscere il formato originario in cui un documento è stato creato e per convertirlo automaticamente, se necessario, in un formato open appropriato, con l'aggiunta di alcuni metadati di conservazione in XML. Un'architettura basata su molteplici plug-in, per cui viene creato un nuovo plug-in per ogni tipologia di file, garantisce la trasformazione di un determinato formato nella versione open a lui più vicina. L'utilizzo di prodotti open, con la condivisione di sorgenti e prodotti tipica di quel mondo, favorisce l'attività di Xena, a sua volta creato con tecnologie open, volta ad individuare e uniformare il maggior numero possibile di formati esistenti. Le procedure di Xena, come già detto, sono finalizzate alla preservazione dei documenti e rappresentano solo una parte del DPR. La prima fase di questo processo è rappresentato dalla “Quarantena”, momento in cui i dati trasportati in Archivio mediante supporti esterni sono sottoposti a controlli volti a determinare l'integrità dei file e la loro sicurezza in rapporto ad eventuali virus. Dopo che Xena ha garantito la preservazione del documento, del quale viene mantenuto anche il formato originale, con la creazione dei corrispondenti metadati, i documenti digitali vengono immagazzinati nell'Archivio Digitale, uno storage molto capiente, la cui architettura garantisce la sicurezza e la ridondanza dei contenuti. Altri approcci di conservazione dei materiali born-digital sono stati tentati nel mondo archivistico, ciascuno con i suoi pro e contro: l'esperimento australiano si può considerare riuscito, prova ne sia la longevità delle procedure. La sfida per il futuro, oltre a quella legata alla creazione di nuovi plug-in per nuovi formati e a quella di una crescente automazione delle procedure, consisterà nella capacità di “tarare” il sistema per adattarlo alla gestione di una quantità sempre più massiccia di dati e metadati, destinati nei prossimi anni ad aumentare in maniera esponenziale. Cfr. http://tiny.cc/green-paper scaricabile gratuitamente e per il software open source per la conservazione digitale, del quale è ora disponibile la versione 6.0.1 rilasciata il 14 giugno 2012 http://xena.sourceforge.net/ anch’esso liberamente scaricabile.

Robert Kretzschmar, Direttore generale del Landesarchiv Baden-Württemberg

Archival processing of born digital material and digitization of archival documents in Germany

L'intervento presenta le attività svolte nel campo digitale dall'Archivio di Stato del Baden-Württemberg, uno dei 16 archivi statali tedeschi, con sede principale a Stoccarda, depositario di circa 145 Km di documentazione dall'Alto Medioevo ad oggi, come paradigma della situazione generale della Repubblica Federale Tedesca nei campi della produzione e conservazione dei materiali digitali. Dal 2007 le attività digitali dell'Archivio sono regolate da un documento, “L'Archivio di Stato nel mondo digitale”, che delinea le linee-guida per il trattamento dei dati nati in digitale e di quelli derivanti dalla digitalizzazione delle diverse tipologie documentarie tradizionali conservate. Per quanto concerne i dati born digital, l'Archivio di Stato si è dotato sin dal 2006 di un Deposito Digitale, che ad oggi ospita 200 milioni di datasets, grazie ad un finanziamento del Ministero delle Scienze tedesco che ha consentito la creazione del software di gestione DIMAG. Il buon esito del progetto ha indotto il governo del Baden-Württemberg a creare una sottostruttura permanente dell'Archivio di Stato, con 8 nuovi posti in organico, per la gestione del Deposito digitale. Gli standard previsti per il Deposito sono OAIS, PREMIS, METS, ISAD(G) e EAD. Per sopperire alla carenza di fondi, dovuta all'assenza di un vero coordinamento centrale a livello archivistico e alla mancanza di finanziamenti costanti da parte del Governo federale, l'Archivio di Stato del Baden-Württemberg si è associato in una rete di cooperazione con quelli di Hesse e Baviera, distribuendo le responsabilità, condividendo i dati e le spese legate alla gestione dei dati nati in formato digitale. Riguardo invece alla riproduzione del materiale archivistico tradizionale, l'obbiettivo dell'Archivio di Stato del Baden-Württemberg è quello di mettere on-line, a disposizione dell'utenza, tutto il patrimonio conservato e liberamente consultabile. I circa due milioni di file attualmente on-line, destinati nei piani a divenire 88 milioni entro il 2021, sono tutti accompagnati, come il resto del patrimonio conservato, da schede descrittive che seguono fedelmente i criteri dettati da ISAD(G). Le operazioni di digitalizzazione, condotte secondo un preciso ordine di priorità nella selezione dei documenti (prima il materiale di interesse diffuso, come le foto o le mappe storiche, poi il materiale di forte interesse per la ricerca storica, quindi documenti collegati a particolari ricorrenze, e così via), non sono frenate da problemi di carattere tecnico, ma finanziario, poiché anche con l'ausilio di sponsor e con l'adesione a progetti di digitalizzazione che uniscono più Enti deputati alla conservazione del patrimonio culturale, i fondi scarseggiano. Il materiale digitale dell'Archivio del Baden-Württemberg, come quello di moltissimi altri enti culturali tedeschi, almeno 30.000 nei piani, dovrebbe nei prossimi anni entrare a far parte della Biblioteca Digitale tedesca, a sua volta collegata ad EUROPEANA. Si tratta di uno dei pochi progetti portati avanti e finanziati direttamente dal Governo Federale (un altro è la rete NESTOR, che ha il compito di individuare standard e fornire raccomandazioni per una corretta gestione del patrimonio nato digitale), che ha stipulato accordi con i singoli Stati della Repubblica: purtroppo, il finanziamento di 2,6 milioni di euro l'anno riguarda lo sviluppo tecnico del progetto e l'hosting, non le operazioni di digitalizzazione, che restano a carico dei singoli stati. In conclusione, secondo il relatore la sensibilità in Germania verso le tecnologie digitali in campo archivistico è molto sviluppata; gli enti preposti hanno elaborato valide strategie in grado di rispondere a tale sensibilità, strategie al contempo ostacolate e favorite dalla natura federale dello Stato tedesco. Ostacolate a causa della mancanza di un vero coordinamento centrale e dell'assenza di fondi sistematici forniti dal Governo Federale, favorite perché proprio questi ostacoli costituiscono uno stimolo alla ricerca di altre fonti di finanziamento e alla creazione di numerose reti di collaborazione e condivisione tra Enti.

La delegazione francese è intervenuta con numerose relazioni che hanno presentato lo stato dell’arte nei diversi settori nei quali da anni i colleghi d’oltralpe lavorano attivamente. Tratterò brevemente di quelli che sono riuscita ad ascoltare di persona .

Una nuova organizzazione per gli archivi pubblici in Franciaè il titolo dell’intervento di
Hervé Lemoine, direttore responsabile degli archivi di Francia.

Gli Archivi in Francia hanno una lunga tradizione storica e istituzionale. Sono guidate da una amministrazione centralizzata a partire dalla metà del XIX secolo. Per un lungo periodo sotto l'autorità del Ministero degli Interni o del Ministero della Pubblica Istruzione, sono ora collocati nel Ministero della Cultura.

La Francia ha avviato una riorganizzazione con la legge del 22 luglio 1983 per distribuire in modalità differenti le competenze, riducendo quelle svolte a livello centrale da parte dello Stato e rafforzando, al contrario, quelle a livello locale. La legge di decentramento del 1983 trasferisce gli archivi dipartimentali sotto l'autorità diretta del capo dell'esecutivo locale (presidenti dei consigli generali). L’unitarietà degli Archivi è tuttavia mantenuta in quanto il controllo tecnico-scientifico continua ad essere svolto dalla Direzione degli Archivi di Francia. I Direttori degli Archivi dipartimentali sono funzionari del Ministero della Cultura; essi esercitano un controllo sugli archivi correnti ed intermedi delle amministrazioni locali dello stato come sui servizi regionali e comunali del territorio geografico.

All'inizio del 2010, la Direzione degli archivi di Francia è diventata Servizio interministeriale degli Archivi di Francia. L'amministrazione degli archivi ha una vocazione nazionale e la valorizzazione della rete degli archivi in Francia è un obiettivo costante. Presa visione del rapporto ordinato dal Primo Ministro (il rapporto Quénet) il governo ha deciso con il decreto del 12 aprile 2012, di creare presso il Primo ministro un delegato interministeriale agli archivi di Francia e un comitato interministeriale presso gli Archivi di Francia. Per la prima volta dalla sua creazione, la gestione degli archivi ha un referente posizionato molto vicino al primo ministro, e una autorità di guida, il Comitato interministeriale, che è composto dai direttori responsabili di tutti gli servizi di archivi pubblici.

La rete degli archivi francesi è così riassunto in qualche numero dal Direttore Generale Lemoine: 101 archivi dipartimentali, 600 archivi municipali, 260 personale dello Stato, pagato dal Ministero della Cultura, 4200 professionalità diverse nei servizi dipartimentali, regionali e comunali; 3500 chilometri lineari di archivi conservati, 175000 studiosi, oltre 2 milioni di documenti messi a disposizione del pubblico ogni anno, oltre 800.000 fruitori dell’offerta culturale proposta dagli istituti, oltre 200 milioni di pagine ed immagini consultabili on line, 35 milioni di connessioni, oltre 2 miliardi di pagine consultate nel 2011.

France Saïe Belaïsch, architetto degli Archivi di Francia, ha presentato una interessante relazione dal titolo ”In un mondo che cambia, anche gli edifici archivistici cambiano…”

Dopo aver ricordato la lunga tradizione dell’edilizia archivistica francese, che ha saputo realizzare molti nuovi archivi nei diversi dipartimenti in ossequio alle norme che si andavano via via evolvendo, ha sottolineato un aspetto estremamente importante legato alla crisi generalizzata degli ultimi tempi. Infatti è indubbio che la conservazione preventiva dei documenti richieda specifiche condizioni di temperatura ed umidità dal momento che la maggior parte della documentazione conservata si presenta in formato cartaceo. E’ vero altresì che l’esigenza di costruire edifici a basso impatto energetico è indispensabile e sempre più obbligatorio. La conservazione preventiva e lo sviluppo sostenibile, secondo la relatrice, sono completamente compatibili. In questo senso ha illustrato rapidamente svariati esempi di realizzazioni che, a suo modo di vedere, forniscono esempi di soluzioni architettoniche e di tecniche innovative per un’architettura sostenibile. Così ha illustrato esempi di ristrutturazioni di vecchi edifici adibiti ad archivi, come quelli del dipartimento di Brive-la-Gaillarde, Tarbes, Selestat. In seguito ha fornito esemplificazioni di progetti recenti o in costruzione che rappresentano soluzioni architettoniche e tecniche innovative per una architettura sostenibile: gli Archivi Dipartimentali del Nord a Lille. gli archivi dei Pirenei Atlantici a Bayonne , della Senna Marittima a Rouen , del dipartimento dell’Hérault a Montpellier e quelli degli archivi di Saint-Martin nelle Antille Francesi.

In seconda battuta l’architetto ha richiamato l’attenzione sul clima dei depositi. Il punto nodale risulta l’interrogativo se condizionare o meno i depositi. A motivo dei tagli generalizzati il suggerimento è che il condizionamento non sia lasciato permanentemente in funzione ma solo quando i limiti accettabili vengono superati. E in questa direzione, i limiti sono meno stringenti rispetto al passato: risultano accettabili una temperatura compresa tra i 16° C e i 22/23°C con una umidità relativa compresa fra il 45 e il 55%; viene suggerito inoltre un controllo delle condizioni climatiche locale per locale anche a seconda dell’esposizione degli stessi.

Se si intende mantenere gli archivi per le generazioni future è certamente necessario investire in quanto la relazione fra la conservazione della documentazione e gli edifici che la conservano sono strettamente collegati.

Il nuovo edificio degli Archivi Nazionali Francesi di Pierrefitte sur Seine è stato dettagliatamente illustrato dall’architetto Jean Luc Bichet degli Archivi Nazionali mentre le caratteristiche tecniche sono state approfondite da Bruno Bonandrini in organico anch’esso presso gli Archivi Nazionali.

Bichet ne ha ricordato le tappe principali. Il 9 marzo 2004 è stata pubblicato il bando di gara per la realizzazione di nuovi archivi nazionali francesi al quale 96 studi di architettura di tutto il mondo hanno richiesto di poter partecipare. In data 10 maggio 2005 è stata scelto il progetto dell’architetto italiano Massimiliano Fuksas. I lavori di costruzione a Pierrefitte sono iniziari il 18 giugno 2009 e nel maggio 2012 è avvenuta la consegna dell’edificio che verrà prossimamente inaugurato. La realizzazione prevede una capacità di conservazione pari a 320 chilometri, dei quali 120 destinati agli accrescimenti, ripartiti in 220 depositi con una sala di studio che può contenere 320 studiosi. La dimensione scelta per la compartimentazione dei depositi è di 200 metri quadrati, in linea con la pluriennale tradizione francese sull’argomento. Il materiale utilizzato consente una forte inerzia termica ed il sistema di estinzione automatica prescelta è stata quella dell’acqua nebulizzata che utilizza dieci volte meno acqua rispetto ai tradizionali sprinkler.

Bonandrini ha specificato le condizioni climatiche e di trattamento dell’aria nei 22 magazzini raggruppati secondo l’orientamento dell’edificio. Le nuove misure accettate, comprese fra i 16 e i 24 gradi centigradi con un tasso di umidità compreso tra il 40 e il 57%, consentono un risparmio del 14 % rispetto ai sistemi tradizionali; la riduzione della quantità di aria nuova introdotta permette ulteriori economie che aggiunte alla chiusura degli impianti in inverno e a una corretta calibrazione in estate possono arrivare sino ad un 72 % di economie totali.

Eleonore Alquier, archivista degli archivi nazionali, ha poi raccontato in modo molto brillante ed arguto, la sua esperienza di trasloco della documentazione a Pierrefitte che è iniziata nel gennaio 2012 e che terminerà in autunno; l’operazione estremamente complessa e che sicuramente meriterebbe uno studio accurato apposito e della quale ho per altro già scritto su Archivi (Articolo: Riflessioni in merito alla conservazione preventiva: abbiamo molto da imparare dai colleghi francesi, «Archivi: Rivista dell’Associazione Nazionale Archivistica italiana», anno VI, n.1, gennaio-giugno 2011, pp. 39-61) comporta lo spostamento di documentazione sia dalla sede attuale degli archivi Nazionali che dal centro di Fontainebleau.

Per restare fra i colleghi francesi vorrei ricordare l’interessante relazione di Jean-François Mufflet, del Servizio interministeriale degli Archivi di Francia, che ha illustrato la “messa on line degli archivi digitalizzati e strumenti di consultazione in Francia: esperienze innovative per rinsaldare i legami fra il pubblico e gli archivisti”. Dopo aver ricordato che nonostante la massiccia digitalizzazione effettuata negli ultimi 10 anni in Francia, approssimativamente “solo” il 5% del totale conservato è stato riprodotto, Mufflet ha ricordato come a partire dal 2003 ogni archivio dipartimentale abbia svolto una sua politica per la messa on line della propria documentazione; ha invitato a guardare, sui rispettivi siti, le realizzazioni dei dipartimenti della France Maritime, del Cantal che lascia spazio ai files creati dagli utenti, degli Archivi des Alpes Maritimes ed il laboratorio degli internauti degli archivi della Vandé. Ha messo in rilievo il ruolo fattivo, insieme alle connesse problematiche, che la collaborazione degli utenti può introdurre. Aiuti fra gli studiosi, dizionari partecipati e condivisi: è possibile conciliare aiuto del pubblico con il rigore scientifico? Sicuramente vale la pena di tentare.

Claire Sibille de Grimouard del Servizio Interministeriale degli Archivi di Francia, da anni attiva sul tema degli standard internazionali, ha presentato ben 3 diversi interventi: uno sull’implementazione di EAC-CPF (Encoded Archival Context- Corporate bodies, Persons, Families) in Francia: verso lo sviluppo di authority files nazionali; uno in tandem con il collega brasiliano Vitor Fonseca a proposito della revisione dei 4 standard descrittivi internazionali (ISAD G, ISAAR CPF, ISDF e ISDIAH), in previsione di un modello concettuale per le descrizioni archivistiche unico ed un terzo in collaborazione con il collega francese Jean-François Moufflet sul software ICA-AtoM

Tre relatori giapponesi hanno presentato le proprie esperienze maturate in seguito agli eventi catastrofici che hanno colpito il Giappone in anni recenti.

Masaya Takayama, direttore degli Archivi Nazionali del Giappone, ha svolto una relazione dal titolo: “Dalla devastazione alla scoperta della speranza per il domani: sforzi verso il recupero dopo il grave terremoto dell’est giapponese”:

Il fortissimo terremoto che nel marzo 2011 ha colpito il Giappone ha danneggiato gravemente i documenti amministrativi di 26 amministrazioni locali. Il governo del paese ha subito varato un progetto di restauro dei documenti danneggiati, individuando come prioritarie le seguenti azioni:

  1. l'invio di équipes di esperti nelle tecniche del restauro e il loro inquadramento;

  2. il ricorso a figure professionali locali;

  3. la formazione del personale;

  4. la messa a disposizione di fondi e attrezzature.

Equipes di esperti provenienti da altre zone del paese colpite da terremoti hanno dato il loro contributo grazie alla esperienza acquisita in emergenze analoghe precedenti.

Toshinari Nagasaka, Direttore del “Disaster Risk Governance Research Project, Disaster Prevention System Research Center, National Research Institute for Earth Science and Disaster Prevention” ha illustrato la collaborazione pubblico/privato per la conservazione elettronica dei dati sul terremoto: raccolta di immagini e filmati ante- e post- sisma, raccolta di testimonianze presso le popolazioni locali.

Infine Kazuko Sasaki della Società giapponese delle Istituzioni archivistiche, ha illustrato il lavoro svolto in quel tragico frangente, dal gruppo di volontari chiamato “The Kobe Shiryo Net.” Sorto dopo il terremoto di Kobe del 17 gennaio 1995. Il gruppo è stato costituito con l’obiettivo di fornire aiuto ed assistenza nel caso dei frequenti sismi che regolarmente affliggono il Giappone.

Sotto il tema dell’identità è risultata, a mio modo di vedere, interessante la relazione del professore della Remning Universityof China Huiling Feng dal titolo: “Il ruolo degli archivi nelle identità contemporanee”. A partire dagli anni '70 del Novecento la Cina ha vissuto un'intensa urbanizzazione, con vaste migrazioni dalle campagne verso le città, dove milioni di persone hanno cercato e cercano migliori condizioni di vita economica e sociale. Questo fenomeno ha tuttavia spesso reciso le radici che le legavano alla loro terra d'origine, e oggi molti cinesi emigrati si sentono privi di un'identità urbana. Negli archivi cinesi sono ancora pochi i dati sulle migrazioni, per cui è difficile ricostruire la vita e le attività degli emigrati, cosa che aiuterebbe i loro figli a non perdere la loro identità. Il governo cinese sta ora lavorando, di concerto con gli archivisti, per una “ricostruzione identitaria” della popolazione. E' in corso una raccolta di dati sulla vita e le attività dei migranti, che vengono versati agli archivi del paese, e questa attività contribuisce ad accrescere la consapevolezza presso gli archivisti dell'importanza del loro ruolo.

Sempre a proposito dei colleghi cinesi mi pare significativa l’ampia diffusione che è stata fatta durante il convegno di un numero unico di un giornale di 24 pagine dal titolo: “China Archives News”. Dopo gli auguri formulati al Congresso dal Direttore Generale degli archivi cinesi, Yang DongQuan, segue una carrellata a tutto campo sulle più importanti realizzazioni negli oltre 4000 archivi cinesi negli ultimi anni che corrispondono alla grande espansione commerciale ed economica che il paese sta vivendo. In particolare vengono descritti gli archivi di recente realizzazione di Pechino, TianJin, Liaoning, Shangai, Jiangsu,Shandong, Sichuan, Gansu, Xiamen, Quingdao, Harbin, Guangzhou e del Tibet.

Kerstein Arnold, degli Archivi Federali Tedeschi ha illustrato Il Portale Europeo degli Archivi (www.archivesportaleurope.eu) , realizzato dal gruppo APEnet, composto da 12 archivi nazionali: esso raccoglie gli inventari degli archivi di numerosi paesi europei, allo scopo di agevolare la diffusione di informazioni presso gli utenti, permettendo loro di confrontare realtà diverse. Il portale consente l'accesso a più di 60 milioni di pagine digitali, attraverso cui l'utente può visualizzare la descrizione dettagliata di un archivio, la sua consistenza e gli strumenti per la ricerca.

Non mancano le difficoltà, presenti e in prospettiva futura, legate al multilinguismo, alla necessità di convincere un numero sempre maggiore di archivi, anche regionali, a collaborare al progetto; inoltre ha evidenziato come lo sviluppo tecnologico esiga adeguamenti continui per superare i problemi di compatibilità fra sistemi.

Christine Martyinez, uno dei vice segretari generale dell’ICA, ha descritto il ruolo svolto dalla Commissione dei Programmi (PCOM). Se si vuole sviluppare un progetto in campo archivistico a livello internazionale, è possibile ottenere dei finanziamenti al PCOM, previa sua approvazione da parte della Commissione stessa, fino ad un ammontare massimo di 5000 €, con possibilità di ottenere cifre maggiori in alcuni casi, se ad esempio il progetto è di una particolare complessità.

Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito:

http://www.ica.org/3728/appel-projets/proposez-votre.projet.html

Kim Eberland e Colleen McEwen degli Archivi Nazionali Australiani hanno presentato la Dichiarazione Universale degli Archivi, elaborata a partire dal 2008 dalla Sezione delle organizzazioni professionali dell'ICA, rifacendosi alla Dichiarazione del Québec sugli Archivi. Essa è stata adottata a partire dal 2008 da tutte le associazioni professionali e dall'UNESCO.

I suoi obiettivi sono:

  1. assicurare la comprensione dell'importanza degli archivi, in tutto il mondo;

  2. promuovere il loro ruolo e la loro specificità;

  3. incoraggiare l'adozione di provvedimenti a favore degli archivi;

  4. incentivare l'accesso agli archivi;

  5. incoraggiare il dibattito sugli archivi.

La Dichiarazione Universale degli Archivi è stata tradotta in 25 lingue ed è disponibile on-line sul sito dell'ICA; è possibile iscriversi per dare il proprio sostegno e siamo tutti invitati a farlo rapidamente.

In merito infine all’Assemblea Generale dell’Ica, tenutasi il 24 agosto 2012 la scrivente ha partecipato su delega del Direttore Generale Archivi.

Spiace comunicare che le proposte, nella sostanza coincidenti, presentate dall’Amministrazione Archivistica italiana e dall’ANAI ,sono state entrambe respinte. Infatti il Comitato esecutivo ha preventivamente distribuito gli emendamenti che il Comitato esecutivo stesso raccomandava fossero accettati e quelli da “décliner”, nei fatti respingere. Entrambe le proposte italiane erano tra quelle da respingere. Sono riuscita solamente a illustrare le motivazioni che stavano dietro alle proposte di emendamento ed a chiedere il voto palese. Purtroppo l’Assemblea si è allineata, senza alcuna discussione sulle proposte del Comitato esecutivo.

Sono stati distribuiti diversi documenti in formato cartaceo che, presumo, possono essere scaricati dal sito dell’Ica dagli stati membri in possesso delle opportune credenziali.

Se ci fossero problemi sono naturalmente disponibile a scansionare la documentazione distribuita e a farne pervenire una copia anche se si tratta di 15 allegati piuttosto consistenti.

Resto a disposizione per fornire ulteriori approfondimenti, qualora ritenuti necessari.

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