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Franco Basaglia e Franca Ongaro, soggetti produttori di cambiamento
Venerdì, 20 Febbraio 2015

Franco Basaglia e Franca Ongaro, soggetti produttori di cambiamento

Leonardo Musci
Sezione Primo piano

Sono rari gli archivi intitolati a due persone. Quello di Franco Basaglia e di Franca Ongaro fa parte di questo ristretto novero, e non per una scelta elitaria maturata a posteriori ma perché così si è formato e perché questo rimane il modo più fedele per rappresentare, dal punto di vista delle carte che ci hanno lasciato, il loro speciale sodalizio umano.

Per volontà degli eredi l'archivio è stato trasferito alcuni anni fa dalla casa dei Basaglia all'interno dei locali che ospitano la Fondazione intitolata al loro nome sull'isola di San Servolo nel complesso dell'ex Ospedale psichiatrico di Venezia. La Fondazione è depositaria dell'archivio e ne cura la custodia e la valorizzazione.

La documentazione testimonia il ruolo da loro svolto come protagonisti all'interno del movimento di radicale rinnovamento della psichiatria italiana che culminò nel 1978 con la promulgazione della legge 180 ("Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori"). Dopo la morte di Franco Basaglia, avvenuta il 29 agosto 1980, le carte documentano le battaglie sostenute da Franca Ongaro, anche a livello istituzionale come senatrice della Sinistra Indipendente (1983-1992), per l'attuazione dei principi della riforma psichiatrica e su altre questioni sociali di vitale importanza: violenza sessuale e tematiche di genere, salute pubblica, droga. La consistenza dell'archivio è di 55 faldoni; l'arco cronologico coperto va dal 1949 al 2003.

Dopo un primo censimento della documentazione curato nel 2008 dalla Soprintendenza archivistica per il Veneto (che ha dichiarato l'Archivio di "interesse storico particolarmente importante" ai sensi del Codice del beni culturali e del paesaggio), si è proceduto, grazie a un finanziamento della Regione del Veneto, a una prima inventariazione del fondo in attesa di trattamenti più analitici cui si accennerà più avanti.

Non si tratta di un archivio molto consistente, ma di un archivio importante. A una rapida scorsa dell'inventario si può restare sorpresi per il fatto che i Basaglia abbiano conservato così poche carte relative alla direzione di Franco dei tre ospedali psichiatrici di Gorizia, Parma e Trieste (in tutto tre faldoni). Ma a guardarle più da vicino sono carte dense, documenti chiave per capire e raccontare quelle esperienze rivoluzionarie: soprattutto appunti e dattiloscritti di ragionamento di Basaglia sul da farsi, bozze di nuovi regolamenti accanto a giornali autogestiti dai ricoverati, tracce del passaggio di troupe televisive e di volontari del Servizio civile internazionale, carteggi istituzionali e verbali delle riunioni di équipes e di comunità (tra cui la prima nei "laboratori protetti" cui "partecipano anche i degenti") e simili. È una peculiarità degli archivi personali quella di apparire inorganici, frutto di una strategia di conservazione/scarto necessariamente soggettiva (e a volte, ma non sembra questo il caso, selettivamente autorappresentativa) quando non casuale. Nel caso dei Basaglia questa essenzialità delle carte propriamente legate al ruolo pubblico istituzionale mi pare intenzionale e politica, un portato dell'urgenza dell'azione, o meglio del pensiero e dell'azione, e un privilegiare il legame nel tempo con altri tipi di documenti, quelli in cui è depositata la riflessione sul movimento storico nel quale erano immersi e che orientavano: i taccuini di lavoro, le corrispondenze e gli elaborati degli scritti prodotti da entrambi, a volte a quattro mani. È questa la parte più consistente dell'archivio ed è quella sulla quale ci si augura sia possibile in un prossimo futuro, anche grazie al sostegno della Direzione generale per gli archivi, procedere a una schedatura analitica che permetta di recuperare una mappa dei corrispondenti delle oltre 7.500 lettere (5.500 per il periodo fino all'agosto 1980, oltre 2.000 per il periodo successivo) e indagare a fondo nei 125 taccuini conservati, miniera di riflessioni inedite.

Particolare cura è stata posta nel riordino e nell'analisi critica dei testi dei loro lavori, sui quali Franca aveva iniziato un'opera di sistemazione. Il lavoro ha cercato di rispettare, perfezionandola, l'impostazione che lei ha dato all'archivio. E indubbiamente Franca è stata archivista di sé e del marito, organizzando la corrispondenza senza alcuna separazione fra le lettere inviate a lei o a lui, in perfetta continuità con il loro metodo di lavoro, che, come è stato anche recentemente sottolineato, l'ha vista svolgere un ruolo di primaria importanza nel dare forma scritta all'elaborazione teorico-pratica di Franco e sua. En passant è stata anche moderna amanuense, trascrivendo taccuini di Franco, anche per rendere piana e leggibile la scrittura di lui, così ostica.

Ma l'archivio conserva anche documenti sui viaggi di lavoro e studio di Franco e Franca, la loro partecipazione a gruppi di ricerca diversi, i rapporti con il movimento studentesco e le carte della prima Psichiatria democratica, oltre a documenti evidentemente riservati e pertanto sottratti alla consultazione perché relativi alle situazioni sanitarie di alcuni degenti. Questo archivio è una tessera di un complesso di fondi, pubblici e privati, che raccontano la forza dirompente del movimento eversivo dei parametri psichiatrici tradizionali che ha avuto in Italia un'onda d'urto particolarmente significativa. Da qui si dovrebbe partire per ricostruire il corpus dell'epistolario basagliano, operazione complessa ma non impossibile. E far dialogare queste carte con quelle degli archivi degli ospedali psichiatrici e quelle, ancora in gran parte da scoprire, delle strutture non ospedaliere di assistenza psichiatrica, esperienze che in Italia datano da ben prima degli anni Sessanta. A tale proposito non si può non citare il portale del Sistema archivistico nazionale dedicato agli archivi della psichiatria italiana Carte da legare (http://www.cartedalegare.san.beniculturali.it/), cui rimandiamo per uno sguardo d'insieme sul rapporto tra disagio mentale e memoria documentale.

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Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore Sanità (n. 4 del 3-9 febbraio 2015).

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