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Comunicato dell'ANAI: Il DPCM DI RIFORMA DEL MIBACT E GLI ARCHIVI
Venerdì, 26 Settembre 2014

Comunicato dell'ANAI: Il DPCM DI RIFORMA DEL MIBACT E GLI ARCHIVI

Marco Carassi
Sezione Primo piano

Il testo definitivo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di riorganizzazione del Ministero dei beni culturali approvato dal Consiglio dei ministri del 29 agosto scorso, che dopo ulteriori ritocchi è ora alla firma del Presidente del Consiglio e sarà inviato alla Corte dei conti, registra, rispetto alla bozza precedente, un cambiamento di grande rilevanza per il settore archivistico: sono mantenute le soprintendenze archivistiche, che nella prima bozza di DPCM dovevano essere soppresse per affidare le loro competenze agli archivi di Stato dei capoluoghi di regione.

Si tratta di un grande successo dei numerosi archivisti italiani che si sono mobilitati a tal fine e dell’ANAI che è riuscita a presentare in modo convincente l’istanza al massimo livello in incontri e colloqui con il Segretario generale della Presidenza della Repubblica e con lo stesso Ministro Franceschini (allo stesso modo, dopo le proteste e sollecitazioni dell’ANAI è stato mantenuto l’Istituto Centrale per gli Archivi che nella precedente bozza era stato inopinatamente soppresso). Abbiamo esposto in precedenti documenti inviati alle competenti autorità e pubblicati sul nostro sito le ragioni che ci hanno indotto a sostenere questa scelta, che siamo convinti garantisca la specificità e la funzionalità della tutela degli archivi nel nostro Paese in modo molto più adeguato dell’alternativa che si era profilata.

Il nuovo regolamento prevede (art. 36) diverse funzioni specifiche delle soprintendenze archivistiche, che sono uffici di livello dirigenziale, mentre il precedente d.p.r. 233/2007 ne ricomprendeva le funzioni fra quelle più scarne generali di tutte le soprintendenze. Ad esse è anzitutto restituita la competenza a emanare direttamente le dichiarazioni di interesse storico di archivi e documenti, che per gli altri settori di beni è demandata a una ‘commissione regionale per il patrimonio culturale’, ed è assegnata quella di promuovere la costituzione di poli archivistici; per la tutela e alla valorizzazione dei beni archivistici nel territorio di competenza, esse possono inoltre “avvalersi del personale degli archivi di Stato operanti nel territorio della regione”, misura anche da noi auspicata, che potrà potenziare sensibilmente la tutela degli archivi.

Le modalità di tale collaborazione sono evidentemente da chiarire e precisare, ma è evidente che gli archivi di Stato non dirigenziali rimangono per il resto sostanzialmente autonomi, come chiedevamo, e che non si è introdotta né la loro totale dipendenza dalle Soprintendenze ipotizzata in una proposta che era sul tavolo del Ministro e che abbiamo segnalato come lesiva dell’autonomia ed efficienza culturale e gestionale di questi ultimi nonché della professionalità e capacità dei loro direttori, né un più limitato coordinamento diretto degli istituti finalizzato solo alla costituzione di poli archivistici e alla costituzione e gestione interprovinciale delle loro sedi, che pur poteva essere opportuno e che abbiamo sostenuto. La funzione di “promozione” della costituzione di poli archivistici “in collaborazione con le pubbliche amministrazioni presenti sul territorio” delle soprintendenze archivistiche può d’altra parte naturalmente riguardare anche gli archivi di Stato, anche se in modo più indiretto, non autoritativo, e limitato a singole iniziative.

Gli archivi di Stato, per i quali nel precedente regolamento non vi era alcuna dichiarazione di funzioni, sono stati trattati dal nuovo regolamento in modo relativamente sommario; la parte ad essi dedicata (art. 37) è molto scarna e consiste in poche righe essenziali, nelle quali si dice che sono dotati di autonomia tecnico scientifica e svolgono funzioni di tutela e valorizzazione dei beni archivistici in loro consegna, assicurandone la pubblica fruizione, nonché funzioni di tutela degli archivi correnti e di deposito dello Stato e che possono sottoscrivere convenzioni con enti pubblici e istituti di studio e ricerca. Il resto è dedicato alle competenze in materia di acquisti e appalti.

Qui sono da rimarcare due punti: il primo è che per la prima volta si parla in un regolamento di “tutela” degli archivi dello Stato da parte degli archivi di Stato. Il principio, tanto invocato da tutti noi, in un regolamento interno però non ha valenza operativa nei confronti delle altre amministrazioni statali, e ora dovrebbe a tal fine essere recepito anche nel Codice dei beni culturali, dove è rimasta l’inadeguata forma della ‘sorveglianza’, in effetti mediata dalle apposite Commissioni in cui l’archivista è solo un membro e non ha alcun potere diretto di tutela.

L’altro punto essenziale del testo definitivo del DPCM è che saranno individuati con successivi decreti ministeriali gli uffici dirigenziali. Lo si dice esplicitamente per gli archivi di Stato, ma anche le sedi e le competenze territoriali delle soprintendenze dovranno essere individuate da tali decreti. Il DPCM dice infatti solo che le soprintendenze sono (tutte) dirigenziali, ma non dice che ce ne deve essere una per ciascuna regione (si parla solo di “territorio di competenza”), né dove ha sede, per cui, in sede di individuazione degli uffici dirigenziali, se ne potrebbero accorpare alcune di regioni di minori dimensioni sul modello già attuato per Piemonte e Valle d’Aosta allo scopo di riservare tali posti dirigenziali ad archivi di Stato di maggiori dimensioni. La maggiore flessibilità che si avrebbe avuta a tal fine lasciando non dirigenziali, come lo sono attualmente, alcune soprintendenze, non è stata adottata dal regolamento, che ha adottato uno schema più rigido che comporterà qualche significativo cambiamento.

Sul complesso delle sedi e posti dirigenziali dell’amministrazione archivistica (ora 41, di cui 17 soprintendenze e 20 archivi), la Spending review (d.l. 95/12), della quale il regolamento che sta per entrare in vigore deve essere attuazione, prevede un taglio – se viene rispettata la proporzione generale – del 20%, quindi ad almeno 32 sedi. Ma è assai dubbio che tale sarà il numero di sedi che verranno assegnate effettivamente, perché contemporaneamente il regolamento istituisce ben 11 sedi dirigenziali di musei autonomi, 17 di ‘poli museali’ e 17 di segretariati regionali (di 2a fascia che sostituiscono le direzioni), che assorbiranno un numero di posti tale che per l’amministrazione archivistica il taglio andrà presumibilmente ben oltre il 20%. Tale taglio colpirà gli archivi di Stato, dei quali nessuno che non sia almeno di capoluogo di regione potrà mantenere la sede dirigenziale – ma questo era comunque previsto dalla Spending review-, mentre l’interrogativo ora diventa: quanti di essi potranno mantenerla. La risposta dipende da due fattori: il numero complessivo di sedi assegnato al settore, come detto, e il numero di sedi che si possono ‘risparmiare’ eventualmente accorpando alcune soprintendenze e diminuendone il numero. Aritmeticamente la soluzione infatti è: totale dei posti – soprintendenze – 3 posti centrali = archivi, dove le incognite sono, come detto, due.

Nella lettera al Ministro dello scorso luglio abbiamo come ANAI insistito che il numero dei grandi archivi di Stato dirigenziali, anche in caso di taglio superiore al 20% delle sedi deve essere inderogabilmente almeno di nove, eventualmente accorpando due o tre soprintendenze rispetto alle 19 che si potrebbero costituire (i posti dirigenziali centrali di 2° fascia sono ridotti a tre).

Pur se tutti dobbiamo essere consapevoli che tutte le scelte – come quella di sostenere il mantenimento delle soprintendenze - comportano non solo vantaggi ma anche rischi e possibili perdite magari non prevedibili e ingiustificate, nell’imminenza della elaborazione dei decreti di individuazione delle sedi dirigenziali, che inizierà dal mese prossimo ci impegniamo a insistere con il Ministro, che peraltro ha dimostrato di non essere insensibile alla problematica del nostro settore, anzitutto sulla necessità di non effettuare tagli al settore sensibilmente superiori alla proporzione voluta dalla spending review per creare sedi più numerose negli altri. Infatti il nostro settore già è stato di gran lunga il più penalizzato, avendo dal 1998 perso ben il 67 (sessantasette) per cento dei posti dirigenziali, e chiederemo comunque una soluzione flessibile fra soprintendenze e archivi principali con un minimo assoluto per questi nel modo ora esposto.

Per quanto riguarda la Direzione generale per gli archivi si conferma rispetto alla bozza precedente il fatto, che non era per nulla scontato in partenza, che essa viene mantenuta come direzione autonoma e l’altro cambiamento di rilevanza storica rispetto al precedente regolamento, che è il ritorno alle sue dirette dipendenze – come avviene peraltro anche negli altri settori - di tutti gli istituti archivistici periferici, che sono sottratti a quelle dalle direzioni regionali, ora derubricate a segretariati regionali di 2° fascia, con notevole riduzione – se pur ancora in parte ambigua – dei loro poteri di coordinamento anche tecnico-gestionale.

In altri termini, è stata ricostituita l’amministrazione archivistica nazionale che era stata di fatto tendenzialmente smantellata col regolamento del 2007 dal ministro Rutelli, che ne riduceva gli uffici dipendenti a 9. Questa è la notizia che tutti gli archivisti italiani salutano come un positivo passo verso una maggiore omogeneità e competenza della gestione del settore archivistico statale, che deve essere sostegno del più allargato settore archivistico nazionale.

Elementi invece negativi per la Direzione per gli archivi sono la riduzione dei servizi a soli due, di cui uno sarà inevitabilmente quello amministrativo per gli affari generali, il bilancio e il personale – particolarmente incongruente nel momento in cui alla DGA viene restituita la dipendenza diretta di oltre 135 sedi con i conseguenti maggiori oneri di coordinamento -, e l’altrettanto incongruente assegnazione del coordinamento delle Scuole di archivistica alla neo-istituita Direzione generale per l’educazione e la ricerca, pur se questa dovrà effettuarlo coordinandosi a sua volta con la DGA. Qui l’incongruenza è che, mentre altri istituti, come l’Istituto superiore del restauro e l’Opificio delle pietre dure e l’ICPAL, che sono anche scuole di alta formazione, sono alle dirette dipendenze della nuova direzione, le Scuole di archivistica sono ripartizioni interne degli archivi di Stato dipendenti dalla Direzione per gli archivi e questa ‘diarchia’, in cui questa verrebbe in qualche modo espropriata della funzione di coordinamento nazionale scientifico e culturale delle Scuole e quindi della didattica delle discipline archivistiche che svolge da oltre 140 anni, è per noi francamente ingiusta e inaccettabile.

Al di sopra delle questioni organizzative, pur importanti, rimane – e pesa gravemente sull’esercizio effettivo delle funzioni archivistiche - il problema più volte denunciato dall’ANAI, ma rimasto irrisolto, della carenza di risorse umane e materiali, fenomeno che è andato aggravandosi negli ultimi anni fino a produrre paradossali situazioni di soprintendenze archivistiche con un solo ispettore e archivi di Stato senza nemmeno un archivista. I privati possessori di archivi e gli archivisti libero professionisti hanno bisogno di poter individuare negli uffici dell’Amministrazione archivistica referenti autorevoli ed efficaci e non illusorie scenografie teatrali. 

Roma, 24 settembre 2014                                                   Il Consiglio direttivo nazionale dell’ANAI

 

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