Giovedì, 05 Dicembre 2013

Meno burocrazia, più vera tutela. Un convegno di professionisti del patrimonio culturale sulla riforma del MIBACT

a cura dell'Anai
Sezione Primo piano

Sotto il titolo “Riformare il Ministero dei Beni Culturali. Per uscire dal centralismo burocratico” varie associazioni di professionisti del patrimonio culturale (archeologi, archivisti, bibliotecari, museali, con l'adesione dell'Associazione Bianchi Bandinelli) e rappresentanti del personale tecnico-scientifico del Ministero hanno organizzato il convegno per commentare le indicazioni emerse dal rapporto finale della Commissione ministeriale per il rilancio dei BBCC.

Dopo i saluti del dr. Giuseppe Sangiorgi, segretario generale dell'Istituto ospitante, e della prof.ssa Rita Borioni, rappresentante del presidente della Commissione Cultura del Senato, il presidente dell'Associazione Nazionale Archivistica Italiana, dr. Marco Carassi, sintetizza quanto si conosce del rapporto medesimo, evidenziando gli aspetti che hanno suscitato reazioni positive e quelli che hanno dato luogo a forti preoccupazioni.

Fra le proposte più condivisibili, si citano: una maggiore autonomia scientifica e gestionale agli istituti periferici, lo snellimento dei rapporti centro-periferia con restituzione delle funzioni tecniche a soprintendenze e istituti, l'attribuzione alle direzioni regionali di funzioni di supporto amministrativo eliminando sovrapposizioni di competenze, il rafforzamento del modello per direzioni generali e la rinuncia alla direzione generale per la valorizzazione, un forte e intelligente investimento in innovazione e digitalizzazione, un forte impegno per la formazione e l'aggiornamento del personale, una ricognizione sull'utilizzo dei contratti atipici che consenta di regolare meglio la collaborazione dei liberi professionisti, un piano di assunzioni mediante concorsi, l'attenzione per il carattere peculiare della tutela sugli archivi sia storici sia in via di formazione come strumenti di efficienza e trasparenza amministrativa.

Allarmi talora gravi suscitano invece altre proposte avanzate dalla Commissione.

L'idea di dotare finalmente il ministero di una effettiva sede di analisi, programmazione e controllo strategico sembra buona, dato che ad esempio attualmente non sembra essere sotto controllo il problema dell'accelerato pensionamento del personale con maggiore esperienza e del suo affiancamento in vista della sostituzione. Tuttavia ci si domanda se sia giusto attribuire tale funzione ad un nuovo direttore generale di diretta collaborazione del ministro.

La creazione di una nuova direzione generale “orizzontale” per innovazione e informatizzazione suscita timori perché l'innovazione intersettoriale riguarda un campo relativamente limitato di metodologie (ad es. le comunicazioni telematiche, la firma elettronica...), mentre le sfide più impegnative riguardano le innovazioni specifiche da sviluppare – sia separatamente sia in collaborazione - da parte degli specialisti di ognuno dei diversi settori dei beni da tutelare, conservare e valorizzare (Pompei non richiede lo stesso tipo di innovazioni di un Archivio di Stato). Un agile centro di servizi e progettazione informatica intersettoriale, magari rafforzato da accordi con centri pubblici di eccellenza come quello della Scuola Normale Superiore di Pisa (già positivamente utilizzato da Biblioteche e Archivi), potrebbe effettivamente sostenere e dare impulso alle strategie di innovazione dei singoli settori.

Sembra contraddire il proposito di alleggerire le strutture amministrative a favore di quelle tecnico-scientifiche la creazione di altre due direzioni generali amministrative, una per l’organizzazione e il personale e l’altra per bilancio, programmazione e contrattualistica. La Commissione non fa proposte precise sulla sorte del Segretariato, che perderebbe rilievo nel nuovo complesso sistema di direzioni amministrative, ma se fosse soppresso aprirebbe il problema di chi dovrebbe effettuare il coordinamento generale, con il rischio che venga scardinata la distinzione tra funzioni della politica (fissazione di obiettivi e verifica del raggiungimento) e dell’amministrazione (organizzazione delle risorse, gestione e controllo).

Uno squilibrio notevole risulterebbe tra le quattro direzioni generali tecniche, di cui due con sole competenze di promozione e finanziamento (Spettacolo e Turismo), ed altre due con centinaia di istituti dipendenti distribuiti sul territorio (Tutela di tutti i tipi di beni, Conservazione di tutti i tipi di beni). Queste ultime due direzioni generali, costruite per funzioni trasversali, provocherebbero lo smembramento delle competenze e del personale delle attuali direzioni tecniche e priverebbero gli istituti sul territorio di un riferimento autorevole e unitario per ognuno dei grandi settori di beni. Tutela, conservazione e valorizzazione sullo stesso tipo di beni non dovrebbero essere disgiunte a nessun livello e prima di tutto a livello centrale, dove si garantisce l’uniformità metodologica sull’intero territorio nazionale. A livello locale l’esigenza di far convivere l’autonomia degli istituti culturali con la collaborazione alla tutela e alla valorizzazione anche di più tipologie di beni si presta ad essere realizzata grazie a sedi di concertazione istituzionale (comitati regionali? conferenze di servizi?) e alle relazioni interpersonali stabilite sul campo. L’esperienza in corso sotto la sigla MAB di avvicinamento tra professionisti di archivi, biblioteche e musei, prova che non c’è bisogno di rinnegare le distinzioni disciplinari per collaborare utilmente ad approcci innovativi e servizi più amichevoli verso il cittadino.

La dissoluzione delle direzioni generali tecniche di settore, a parte il costo ingente dei necessari mutamenti logistici, avrebbe tra l’altro l’inconveniente di spezzare il rapporto con gli organismi scientifici di consulenza del Ministero, tutti organizzati per tipologie di beni, e sarebbe in contrasto con eventuali prospettive di lungo periodo (come l’istituzione di più agili agenzie specializzate, ad es. per gli archivi).

Per gli archivi in particolare, che costituiscono la più vasta rete di istituti periferici del ministero, serve un punto di riferimento autorevole a livello nazionale sia per le particolarità della tutela di un bene assai mobile (i privati proprietari trasferiscono volentieri da una regione all’altra archivi storici o parti di essi e i trasferimenti di competenze tra pubbliche amministrazioni hanno rilevanti conseguenze archivistiche), sia per le necessità di partecipazione ai tavoli tecnici italiani e internazionali in tema di archivi digitali.

A nome del presidente ICOM Alberto Garlandini interviene la dr.ssa Antonella Fusco citando la tentazione di vedere nella ipotizzata direzione generale unica per musei, archivi e biblioteche una trasposizione del modello di collaborazione interprofessionale in corso col nome MAB. Ma sottolinea che le etichette significano poco, occorre vedere che cosa effettivamente c’è dietro. Il rischio è che la riforma sia l’occasione per un ennesimo episodio di spoil system. Con tutte le loro debolezze, archivi di Stato e soprintendenze archivistiche hanno almeno il loro referente unico nella direzione generale per gli archivi, mentre l’unico settore dove c’è stata la scissione tra tutela e conservazione è quello delle biblioteche, e sarebbe difficile dire che la soluzione abbia funzionato bene. Occorrerebbe pensare in termini di riforma generale dello Stato, di sussidiarietà, di cooperazione tra istituzioni per fornire al cittadino servizi integrati. Invece si ha l’impressione che la rete si stia sfilacciando, quando si sente distinguere tra musei in grado di produrre un reddito e quelli che non possono. Anche l’ipotizzato accorpamento degli uffici periferici per risparmiare dovrebbe avere limiti precisi nella salvaguardia della capacità di esercitare con efficacia le funzioni istituzionali in ogni regione, su ogni tipologia di beni.

Il presidente dell’Associazione Italiana Biblioteche, dr. Stefano Parise, partecipa indirettamente con alcune considerazioni sintetizzate da Carassi. Rileva, malgrado la specificità del settore bibliotecario dove la tutela spetta alle Regioni, la tendenziale consonanza di AIB con le posizioni ANAI in materia di alleggerimento burocratico e di difesa della professionalità tecnica degli uffici centrali. La trattazione di questioni trasversali ai settori musei-archivi-biblioteche non deve sacrificare le specificità disciplinari. Concorda sull’opportunità di trasformare le direzioni regionali in strutture funzionali di servizi amministrativi. Occorrerà peraltro evitare che le cooperative della conoscenza, che già esistono, siano soffocate dagli appalti al massimo ribasso. Sottolinea la necessità di operare la valorizzazione dei beni culturali da parte di chi ne ha la responsabilità scientifica, insieme con le Regioni. In materia di innovazione, sottolinea l’opportunità di incoraggiare e diffondere le buone pratiche in parte già esistenti, e ricorda che solo un ricambio generazionale consentirà di utilizzare al meglio le nuove risorse tecnologiche. In merito al personale, occorrerà non una semplice redistribuzione territoriale ma l’acquisizione di forze nuove mediante concorsi aperti e non sanatorie generalizzate di precari.

Il dr. Salvo Barrano, presidente dell’Associazione Nazionale Archeologi, sulla scia della comune reazione delle comunità professionali al progetto di riforma, insiste sulla revisione dei meccanismi di appalto, sulla riduzione delle competenze delle direzioni regionali, sulla soppressione delle società in house che violano la concorrenza nelle collaborazioni esterne, sul giudizio negativo in merito al progetto “500 giovani per la cultura” che appare come precariato mascherato, sull’opportunità di tenere distinte le direzioni generali per musei, archivi e biblioteche, e di tenere invece collegati i siti archeologici con la rispettiva soprintendenza. Da ultimo deplora la mancata concessione da parte del governo del parere favorevole all’approvazione del disegno di legge Madia sull’obbligo di utilizzare personale professionalizzato in tutti gli interventi su beni culturali.

La prof.ssa Marisa Dalai Emiliani, presidente della pluridisciplinare Associazione Bianchi Bandinelli, cita l’obiettivo di costruire ponti tra il mondo della formazione e quello della tutela, di affrontare con coraggio il dramma del precariato intellettuale, di contemperare la contestualità della tutela del paesaggio e del complesso dei beni che insistono su di un determinato territorio con il rispetto delle specificità professionali richieste da ogni tipo di beni. Riconferma il timore che il progetto “500 giovani per la cultura” finisca per creare solo una nuova sacca di precariato, ricorda che una direzione generale per innovazione e informatizzazione c’è già stata per alcuni anni ed è servita soltanto a drenare risorse da chi lavorava sulle innovazioni specifiche ai singoli tipi di beni negli istituti centrali (i cui direttori d’altra parte sembra non siano stati nemmeno consultati dalla Commissione). Segnala che la tutela del patrimonio demoantropologico sembra sia completamente dimenticata, che rimangono fondamentali sia la formazione sia l’educazione dei cittadini al patrimonio (il centro per la didattica è stato depotenziato quando è stato assorbito dalla generica direzione della valorizzazione).

Il dr. Marco Minoja, soprintendente ai beni archeologici della Sardegna, osserva che la mancanza di un modello di tutela alla base delle proposte della Commissione di completa palingenesi delle strutture ministeriali, presenta il rischio di disfacimento di ciò che attualmente funziona. Esprime favore per l’autonomia tecnica degli istituti periferici e deplora che il necessario coordinamento sul territorio sia stato ridotto a funzione burocratica. Rivela ansia per le conseguenze che potrebbero discendere dalla frantumazione organizzativa a livello centrale e rivendica l’eccellenza della tradizione italiana che prevede l’unitarietà della filiera che parte dalla individuazione del bene per giungere alla ricerca scientifica sul medesimo, alla sua salvaguardia e alla sua fruizione.

La dr.ssa Erilde Terenzoni, del Coordinamento dirigenti Mibact, ricorda come i dirigenti abbiano in varie occasioni rivolto al ministro appelli affinché, prendendo le mosse dall’applicazione dell’art. 9 della Costituzione, si provveda a sfoltire e razionalizzare le strutture, valorizzando il CORECO a livello regionale e rivalutando gli istituti tecnico-scientifici sul territorio, rivedendo meccanismi di controllo sul lavoro svolto a dir poco dissennati. Auspica lo scambio di informazioni con le associazioni e segnala che sotto il profilo delle possibili innovazioni organizzative, in periferia si sperimentano soluzioni interessanti come quelle che vedono in Trentino la collaborazione tra Stato e Provincia autonoma.

La dr.ssa Giulia Barrera, archivista di Stato con vasta esperienza di relazioni internazionali, constata che mentre la Commissione sembra orientata a separare anche per gli archivi la tutela dalla conservazione e dalla innovazione, il mondo va in direzione opposta, poiché si diffonde la consapevolezza che la conservazione affidabile, sui lunghi tempi, degli archivi elettronici nativi, si gioca fin dalle primissime fasi della loro creazione e organizzazione e prosegue senza interruzioni nelle fasi di trattazione, utilizzo e selezione. Certo per reggere le sfide delle trasformazioni in corso, occorrerebbe che l’amministrazione disponesse per ogni settore, anche al centro, di risorse umane specialistiche indispensabili per la riflessione teorica, i rapporti con i centri della ricerca italiani e stranieri e per il dialogo quotidiano con la periferia. Nota peraltro la necessità di ottenere il coinvolgimento attivo delle comunità professionali di riferimento, anche riportando in vita gli organi collegiali lasciati morire.

Il dr. Ferruccio Ferruzzi, consigliere nazionale Anai, tra le cause delle attuali difficoltà ad attuare una riforma razionale individua i vincoli negativi della spending review e la carente conoscenza del funzionamento del ministero da parte della Commissione. Le ipotizzate direzioni generali per funzioni composte di spezzoni sottratti alle direzioni tecniche, e ricuciti senza andare troppo per il sottile, rischiano di richiamare alla mente le modalità con le quali fu creato Frankenstein. Per i settori delle arti certe sinergie potrebbero forse funzionare, ma per gli archivi se si buttasse la zolletta nell’acqua, non sarebbe possibile ricostituirla quando si constatasse l’errore. E’ invece possibile innovare bene se si lavora, partendo dal basso, sulla modifica delle competenze delle direzioni regionali, sul potenziamento degli istituti di prima linea, garantendo loro al centro dei referenti autorevoli per ogni tipologia di beni in grado di fornire linee guida omogenee a livello nazionale integrando tutela, conservazione e valorizzazione. Nuove strutture come le ipotizzate agenzie richiederebbero deleghe legislative e risorse ora difficilmente ottenibili.

Il prof. Elio Lodolini, docente emerito di archivistica, rievoca l’epoca della fondazione del ministero da parte del ministro Spadolini, quando di direzione amministrativa ne bastava una sola e sembrava ovvio che tutti i direttori generali dovessero essere dei tecnici dei rispettivi settori ed auspica la soppressione delle direzioni regionali in quanto causa di appesantimento burocratico e drenaggio di risorse.

Il dr. Angelo Restaino, libero professionista rappresentante dell’Associazione ARCHIM – Archivisti in movimento, concorda sulla necessità di integrare gli organici degli uffici ridotti al lumicino sia come personale sia come risorse economiche, ma sottolinea che ci sarà sempre bisogno di collaborazioni esterne per progetti specifici. Deplora l’occasione mancata del decreto “Valore cultura” e spera in una rapida approvazione della legge Madia che consentirebbe interventi sui beni culturali solo a professionisti di adeguata qualificazione, con il duplice vantaggio di aprire prospettive di lavoro a chi si è seriamente preparato per esso e di garantire una migliore salvaguardia dei beni tutelati. Auspica la riforma delle Scuole di archivistica per aumentare la spendibilità del diploma sul mercato del lavoro.

La dr.ssa Grazia Bellisario, del coordinamento dei dirigenti Mibact, rileva come sia mancata nel progettare la riforma una approfondita riflessione sui modelli di riferimento, come manchino strumenti normativi e organizzazione per inserirsi utilmente nelle strategie europee 2016-2020. Segnala infine l’opportunità di perseguire soluzioni organizzative a rete. 

La riunione si conclude con l’impegno delle associazioni organizzatrici di far pervenire al ministro in tempi brevi una lettera che sintetizzi le considerazioni emerse nella giornata sulle prospettive di riforma, con riferimento sia ai pericoli da evitare sia al rilancio da effettuare.

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