Mercoledì, 25 Settembre 2013

La lettera aperta degli "Archivisti in Movimento" al Ministro Bray sul decreto Valore Cultura

Archivisti in Movimento
Sezione Primo piano

Sul decreto "Valore Cultura" intervengono anche i giovani archivisti.

Lettera aperta al Ministro Bray sul decreto Valore Cultura

e, per conoscenza, agli onorevoli signori Deputati e Senatori della Repubblica Italiana , ai signori presidenti ed assessori delle regioni italiane

Si tratta, in una parola, di valorizzare le figure dei professionisti della memoria sul complesso del mercato del lavoro, dando sbocco a un’intera generazione di buoni professionisti, in genere formatisi in modo più che adeguato nei corsi universitari, titolari di un sapere specialistico non sostituibile con altri percorsi formativi.

Guido Melis

Gentile Ministro Bray,

Le scriviamo, sicuri di trovare in Lei un interlocutore attento in merito ad una sezione del decreto Valore Cultura, per esporre il punto di vista di una parte degli archivisti non strutturati, da cui il nostro gruppo è, in prevalenza, formato.

Il secondo articolo del decreto è dedicato anche agli archivi, e da esso apprendiamo della prossima indizione di “un’apposita procedura concorsuale pubblica diretta alla selezione di cinquecento giovani che non abbiano compiuto trentacinque anni alla data di entrata in vigore del presente decreto, laureati nelle discipline afferenti al programma, da formare, per la durata di dodici mesi, nelle attività di inventariazione e di digitalizzazione presso gli istituti e i luoghi della cultura statale”.

Un primo appunto: c’è davvero una reale necessità di formare chicchessia nelle attività dell’inventariazione e della digitalizzazione di materiale archivistico? ci sembra sotto gli occhi di tutti l’esistenza di una schiera di persone già formate per svolgere il lavoro di cui si parla. L’intento formativo del decreto, quindi, ci appare di per sé superfluo; ma vogliamo fidarci dei dati che le sono stati forniti dai suoi collaboratori, e prendiamo dunque per buona questa annunciata esigenza di formazione diffusa.

Riservandoci di leggere il bando non appena sarà pubblicato, ci sembra, signor Ministro, che il testo dell’articolo, così come è adesso, si presti a confusioni e fraintendimenti: in particolare, potrebbe rivelarsi scelta strategica più avveduta sul piano pratico, e soprattutto più rispettosa di saperi già acquisiti e di professionisti già adeguatamente formati, destinare in modo esplicito questa prossima occasione – che è sì di formazione, ma, quel che più importa, di lavoro e di esperienza sul campo – a coloro che abbiano già conseguito uno specifico addestramento scientifico e pratico nel campo delle materie archivistiche.

Confidiamo che nel bando saranno esaustivamente elencate le “discipline afferenti al programma”, la cui articolazione è lasciata per ora in sospeso nel decreto. Ci permetta, tuttavia, di indicarle, da diretti interessati e per il campo che ci riguarda, una via da seguire. La AIDUSA (Associazione Italiana Docenti Universitari Scienze Archivistiche) ha messo a disposizione, tramite il suo sito web, un nota recante “Titoli di studio per concorsi di archivista nelle amministrazioni pubbliche” (www.aidusa.it/node/7). Leggendone il testo si vedrà facilmente come, dopo il decreto MIUR 270/2004,  le classi di laurea all’interno delle quali si possono formare gli archivisti sono da considerarsi: per le lauree triennali la Classe 1 (Beni culturali, ma solo il curriculum espressamente dedicato all’archivistica), la Classe 38 (Scienze storiche, curricula specifici), e per le lauree magistrali la Classe 5/M (Archivistica e biblioteconomia, curriculum per archivisti). “I laureati in altre classi di laurea”, prosegue la nota “possono essere ammessi ai concorsi pubblici per posti di archivisti solo se hanno fatto una tesi in archivistica o se sono in possesso di adeguata formazione aggiuntiva conseguita attraverso Master universitari e Scuole di specializzazione, oppure attraverso le Scuole di archivistica del Ministero per i beni e le attività culturali”. Ci sembra, questo, un atto dovuto, e minimo, di considerazione per tutte le persone che hanno investito, come molti di noi, diversi anni di studio ed esperienza con un fine ben preciso: quello di fare gli archivisti.

Qualcos’altro è da dire sulla soglia-slogan dei 35 anni,che taglia immotivatamente fuori una larga fascia di possibili destinatari del bando. Questo limite collide, infatti, oltre che con il buon senso (cosa succede a 35 anni?), col dettato del D. Lgs. 216/03 sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, il quale vieta qualsiasi discriminazione (come la legge specifica chiaramente, anche di età) nel reclutamento di personale, e precisa che tale divieto si applica anche “a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali”. Confidiamo che anche questo punto verrà rivalutato.

Ma, al di là di queste specifiche osservazioni, vorremmo sottoporle delle questioni di carattere più generale, in sintonia con alcune posizioni da poco espresse dal rettore dell’Università di Foggia, Giuliano Volpe (http://on.fb.me/1afF5gj) e dalla Confederazione Italiana Archeologi (http://bit.ly/19qx3jA). Questo progetto di formazione, seppur nato da intenti senz’altro positivi, si inserisce in un vuoto assoluto di interventi a tutti i livelli, e rispecchia l’assenza di un progetto strutturale a lungo termine relativo agli archivi. Un programma concentrato soprattutto sulla digitalizzazione non può bastare e rischia di ingenerare una profonda distorsione e confusione delle attività archivistiche e della loro percezione: negli archivi italiani esistono fondi chiusi, mai riordinati e inventariati, altri mai nemmeno censiti. Le rappresentiamo, quindi, la necessità di concentrare prioritariamente gli sforzi su attività archivistiche essenziali ed imprescindibili quali il riordinamento e l’inventariazione dei complessi documentari, senza le quali risulta anche difficile e complicato individuare i documenti da digitalizzare. Queste attività, che qualificano la nostra professione, stanno scomparendo dal lavoro degli archivisti e, nonostante ogni anno si formino tanti professionisti specializzati, gli archivi pubblici e privati della nostra nazione, per carenza di personale qualificato, sono ancora, da questo punto di vista, alla preistoria. Niente di tutto questo nel decreto Valore Cultura: esso ci indica che priorità, invece, è digitalizzare. In assenza di riordino e inventariazione, digitalizzare ciò che non si conosce, a nostro avviso, serve davvero a poco, con il rischio di disperdere, se non sprecare, risorse. La invitiamo, pertanto a modificare il testo del Decreto per far si che le tre fasi (riordino, inventariazione e digitalizzazione) siano almeno collegate, al fine di mettere a punto seri progetti di valorizzazione (conservazione, accesso, uso), anche attraverso la digitalizzazione. Il decreto ci conferma, inoltre, una sgradevole sensazione: quella che ormai l’Italia sia diventata una Repubblica fondata sul lavoro svolto mediante tirocinio. Una chiara definizione del percorso di formazione teorica e pratica, e la certezza di una relativa continuità (si badi bene: non è un appello al posto fisso ad ogni costo!) nella carriera professionale: ecco ciò di cui gli archivi (e non solo) hanno bisogno. Al momento, invece, abbiamo: stato di formazione permanente per i “giovani”, la cui conclusione è rimandata sine die, in un’ottica in cui anche un trentatreenne è una giovane promessa da formare – ancora; e, al tempo stesso, totale assenza di qualunque garanzia lavorativa e professionale, assenza di linee guida attendibili, assenza di regole, assenza di rispetto per chi archivista lo è già diventato, e lo fa, pur non essendo strutturato in alcuna istituzione. Una maggiore attenzione per tutti i professionisti che si occupano di archivistica, e fra questi anche verso i freelance, che non sono inquadrati in un’istituzione: questa è l’istanza di fondo contenuta nel nostro DNA (la potrà trovare nella nostra presentazione: https://www.facebook.com/archivistinmovimento/info), questo è il messaggio che intendiamo mandarle.

Signor Ministro, noi ci sforzeremo di tenere sempre occhi – e archivi – aperti: ci aspettiamo da Lei, così come è stato fin ora, pari attenzione e disponibilità. Cordialmente,

 

Archim - Archivisti in movimento

 

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