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Documenti di una spending review del 1945
Mercoledì, 31 Ottobre 2012

Documenti di una spending review del 1945

Maurizio Gentilini
Sezione Attività

Con il Decreto legislativo luogotenenziale 30 marzo 1945 n. 101 il Governo italiano, presieduto da Ivanoe Bonomi, istituì una commissione per studiare e proporre le riduzioni da apportare alle spese dello Stato.

Era presieduta dal Sottosegretario al Tesoro, da altri sei colleghi di governo, da cinque esperti e da un rappresentante dei dipendenti statali; ai lavori partecipava il Ragioniere Generale dello Stato.

Compito specifico della Commissione, lo studio delle le questioni di carattere generale, la formulazione di proposte per la riduzione delle spese dello Stato, l'esame della particolare situazione di ciascuna amministrazione e degli enti da essa dipendenti, sottoposti a vigilanza o tutela dello Stato o al cui mantenimento lo Stato concorresse con contributi di carattere continuativo. Presso le amministrazioni coinvolte, raggruppate per ambiti di competenza, vennero attivati sei comitati, ognuno dei quali presieduto da un magistrato amministrativo, coadiuvato da esperti del settore e da dirigenti dei singoli enti.

Particolarmente stretti i tempi entro i quali la Commissione doveva produrre le proprie conclusioni. L’art. 4 del citato decreto prevedeva che entro 15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, le amministrazioni interessate avrebbero dovuto trasmettere una prima relazione sull’organizzazione ed il funzionamento dei servizi centrali e periferici dipendenti da ciascuna di esse.

Ai comitati venivano dati tre mesi per la formulazione delle loro proposte, mentre altri due venivano concessi alla Commissione per esprimere i pareri definitivi.

Le relazioni richieste ad ogni ente dovevano esporre analiticamente tutti i servizi, sia sotto il profilo organizzativo che sul funzionamento, compresa l’illustrazione dell’evoluzione storico-amministrativa che gli enti stessi avevano subito nel corso degli ultimi decenni; dovevano fornire inoltre dati sul numero degli affari trattati, sul personale, sui locali occupati e su tutti gli elementi relativi alla razionalizzazione dei servizi e alla riduzione delle spese ritenuti utili a coadiuvare il lavoro dei comitati e della commissione.

Nel linguaggio corrente e nel lessico giornalistico, dopo un ventennio in cui si era badato a proteggere attentamente la purezza della lingua e a mettere severamente al bando ogni contaminazione anglofila, quel provvedimento non tardò ad essere identificato come “Commissione della scure”. Semantica a parte, altro non si trattava che di un antesignano, del tutto analogo nei modi e negli effetti, all’odierna “spending review”.

Uno degli enti coinvolti nei lavori della commissione il Consiglio Nazionale delle Ricerche, che nei decenni precedenti era stato il fulcro degli interventi “dirigisti” dello stato fascista rispetto alla ricerca scientifica, condividendo i programmi del regime per una ricerca applicativa, orientata e utile soprattutto allo sviluppo dell’industria (in particolare bellica) e dall’economia “nazionali”. L’Archivio storico del CNR conserva un fascicolo – fin dall’origine ineccepibilmente organizzato secondo una logica archivistica, correttamente classificato alla posizione 2 fg “Ordinamento e funzionamento”, ed intestato formalmente come “Commissione della scure” – che testimonia tutto l’iter del comitato di studio che dovette interloquire con la commissione governativa.

Allora (come ora) il CNR, anche all’epoca il più grande ente di ricerca nazionale, non mancò di essere coinvolto in quel generale disegno di razionalizzazione dell’apparato statale. I flussi di finanziamento pubblici, il loro impiego per il funzionamento, le piante organiche e le spese per il personale vennero attentamente analizzate e fatte oggetto di proposte di ridimensionamento, arrivando a ventilare l’ipotesi di sopprimere l’ente ed accorparne le funzioni al Ministero della Pubblica Istruzione. Il legislatore non arrivò a tanto, ma la “scure” si abbattè ugualmente sui bilanci – che in epoca fascista erano stati particolarmente pingui – del CNR.

Gli elementi di discussione non mancarono nella dialettica tra Governo, Ragioneria generale dello Stato e il Presidente Gustavo Colonetti. Una dialettica che si protrasse ben oltre i limiti temporali originariamente stabiliti dal decreto del governo Bonomi. Uno dei temi maggiormente discussi fu quello relativo alla riduzione del personale. Tanto per fare un esempio: nel settembre 1943, pochi giorni prima dell’armistizio, i dipendenti dell’ente erano 360. I primi provvedimenti successivi alla liberazione sortirono una riduzione dell’organico a 244 unità (I gennaio 1945). La prima legge sull’organizzazione della ricerca scientifica decretò il passaggio dei laboratori e degli istituti di ricerca all’Università. Di conseguenza il I marzo 1945 (data di emanazione del DLL n. 82) il personale addetto all’amministrazione della sede centrale del CNR passò a 94 unità. Nei mesi successivi, questa dotazione subì un ulteriore ridimensionamento, passando a 83. Il DPCM approvato l’8 giugno 1946 stabiliva che i ruoli dell’Ente annoverassero 71 unità di personale.

Pur senza correttamente contestualizzare i dati di uno dei periodi più difficili della storia nazionale come furono gli anni del secondo dopoguerra, e senza scomodare il Qohèlet biblico e i suoi riferimenti a quanto vi sia sotto il sole, una vicenda, quella della “Commissione della scure”, che – una volta di più e in tutte le epoche – può darci un’idea di quanto e come la ricerca pubblica in Italia venga considerata e promossa …

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