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Mercoledì, 31 Ottobre 2012

Ricomincio da MAB

Gianfranco Miscia
Sezione Attività

Circa un anno fa, precisamente il 18 maggio 2011 a Chieti, nella sede del Museo Universitario,  si è svolto il primo incontro tra bibliotecari, archivisti ed operatori dei musei abruzzesi per tentare di avviare il percorso di creazione di MAB Abruzzo, seguendo gli esempi di altre regioni italiane tra le quali il Piemonte dove, il 13 maggio, si è firmato un protocollo nazionale tra le tre associazioni dei professionisti del patrimonio (ANAI, AIB, ICOM).

L'iniziativa ha avuto successo vista la partecipazione significativa di molti colleghi variamente collocati in enti pubblici e privati. Evidentemente si è trattato di una esigenza sentita quella di ricomporre in qualche maniera il mondo articolato degli operatori del patrimonio che lavorano in realtà molto diverse e che subiscono tutti i problemi conseguenti alla poca consapevolezza dei ruoli tecnici che le amministrazioni hanno; tanto che negli enti pubblici spesso non esistono affatto le figure specifiche (a parte il bibliotecario, l'unico presente nelle piante organiche dei Comuni) e quando operano lo fanno spesso sotto “mentite spoglie” con contratti tra i più disparati. Normalmente nel privato domina il settore commercio e terziario e con ruoli che difficilmente corrispondono al livello effettivo dei lavoratori (quasi sempre laureati e specializzati).

Purtroppo a quel primo appuntamento che sembrava preludere a positive novità nel settore è seguita una lunga stasi anche per l'impossibilità di incontrare i referenti istituzionali soprattutto regionali con i quali aprire un tavolo di discussione sulle sorti degli istituti culturali della regione penalizzati prima dal buco della sanità (si dal 2008), poi dal terremoto dell'Aquila (2009) e dai suoi effetti negativi su tutto il territorio regionale ed infine dalla forte crisi che, come tutti sappiamo, non accenna a diminuire. Per la verità diversi incontri vi sono stati tra i presidenti delle sigle professionali regionali che hanno condiviso molto ma poi è mancato un raccordo con le altre istanze amministrative pubbliche.

Eppure dagli incontri erano venute fuori diverse proposte che non solo non sono state superate ma che, credo, debbano essere rilanciante per la loro validità. La prima questione centrale emersa sin dal 18 maggio 2011 e nelle riunioni successive dei presidenti regionali è quella della definizione di un tavolo tecnico utile alla gestione del patrimonio documentario diverso dai precedenti, nel senso che non dovrebbe occuparsi di valutare i progetti per poi erogare i finanziamenti: logica che apparteneva ai precedenti comitati tecnico-scientifici previsti dalle leggi di settore. La questione fondamentale è quella di un confronto tra gli attori principali, pubblici e privati di questo ambito innanzitutto per migliorare i servizi e anche per tentare di razionalizzare l’assegnazione dei contributi. In altri termini il nuovo tavolo dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:

-Coinvolgere i principali attori: ANAI, AIB, ICOM, Direzione Regionale, Università, Regione Abruzzo;

-Ragionare sui riferimenti a standard condivisi per rendere i servizi compatibili con il livello raggiunto dalle realtà nazionali.

-Costruire un rapporto sul territorio tra le istituzioni e associazioni che si occupano delle stesse tipologie di beni o di tematiche simili. Ad esempio i musei demo etno antropologici o quelli naturalistici.

Certo, tenuto conto delle enormi diversità tra gli enti, sarà necessario creare un raccordo per il quale l’istituto culturale più importante e che ha raggiunto gli standard richiesti faccia da capofila per gli altri. In altri termini e differentemente dalle logiche precedenti, non si tratterebbe di stabilire gerarchie di livelli, assegnare un punteggio e poi erogare i fondi in proporzione. Anche questo, naturalmente, visto che in molti casi non sono state considerate nell'assegnazione dei contributi regionali neanche le norme richiamate dalle leggi di settore che avrebbero dovuto prendere in considerazione storia, dimensioni, attività, relazioni nazionali ed internazionali e impatto mediatico degli enti. Ma soprattutto far prevalere una logica di sussidiarietà per consentire l’erogazione di un servizio accettabile in modo da non impoverire il territorio ulteriormente. Infatti la sola “legge del più forte” penalizzerebbe le piccole realtà culturali che rischierebbero di essere soppresse producendo una ulteriore penalizzazione delle zone interne e marginali. Sarebbe importante operare in altri termini, in una logica sistemica per dare peraltro attuazione alle leggi vigenti per la parte, inapplicata, proprio in riferimento ai sistemi:

-LR n.61/1999 “Salvaguardia e valorizzazione dei beni culturali e organizzazione in sistema dei musei locali”, art.2 Sistema museale regionale.

-LR n.36/1999 “Norme per la partecipazione della Regione Abruzzo alle iniziative indirizzate alla costituzione, inventariazione e conservazione e valorizzazione degli  archivi...”, art.1, comma 2: La Regione favorisce la creazione di consorzi di enti locali per la gestione permanente di sistemi archivistici comuni con riferimento alla concrete realtà storiche e archivistiche proprie di ogni realtà territoriale...”.

-LR n.77/1998 “Norme di intervento in materia di beni librari, biblioteche e strumenti bibliografici e di informazione”, art. 2 Definizione di Sistema Bibliotecario-Informativo.

Questi riferimenti sono relativi ad un concetto di sistema orizzontale, ossia tra enti omologhi. Altra questione è quella dell’applicazione a sistemi verticali, che quindi riguardino specificamente MAB. Si tratta quindi di ipotizzare anche progetti congiunti tra archivi, biblioteche e musei che si misurino globalmente sulle questioni della conoscenza e valorizzazione (e quindi tutela) del patrimonio storico della regione e che ancora una volta aumentino in maniera significativa i propri servizi e la loro qualità. Questo punto assolutamente nuovo è richiamato anche dal documento nazionale  MAB di Torino del 13 maggio 2011.

La seconda questione è quella relativa agli eventuali profili professionali degli operatori e alla loro capacità di gestire progetti relativi ad altri settori. Su questo mi pare di poter dire che le metodologie dei rispettivi ambiti disciplinari sono mature e quindi non vi dovrebbero essere rischi di trattare impropriamente i beni sia dal punto di vista descrittivo che della catalogazione o dell’ordinamento. Peraltro molti operatori, soprattutto i più giovani, vengono da formazione universitaria ed esperienze individuali che hanno incrociato gli archivi, le biblioteche ed i musei e che rendono oggi più facile intendersi sui concetti di fondo ma anche sulle questioni più ampie che toccano tutto il settore (si pensi ai progetti di digitalizzazione delle fonti).  Quindi preservare le specificità ma operare in maniera congiunta proprio per favorire le competenze altrui ed acquisirne di nuove superando logiche che sembrano erigere barriere metodologiche e saperi invalicabili tra operatori.

Un altro punto che sta venendo fuori in modo chiaro negli ultimi tempi è la carenza di luoghi virtuali che danno voce ai nostri colleghi. A livello regionale se qualcuno decidesse di informarsi su quanti e quali operatori del patrimonio vi sono e dove operano non troverebbe risposta. Le indicazioni viaggiano ancora sul filo del telefono o della mail. Mi pare che ciò debba essere urgentemente superato. In questo le tre Associazioni separatamente (ANAI, AIB, ICOM) o sotto la sigla MAB potrebbero farsi carico di assegnare uno spazio nei propri siti agli operatori in modo da consentire di mettere on line i propri curricula ed indicare le specificità del proprio lavoro. La tecnologia renderebbe semplice fare una ricerca incrociando più termini per trovare il profilo professionale di interesse. Questa cosa molto semplice in Abruzzo manca e sarebbe di grande utilità anche per avere un quadro più significativo dei nostri soci e più in generale di coloro che operano nei nostri settori. Qualcosa in termini di censimento di personale ed enti si sta rifacendo ma, credo, dobbiamo arrivare a utilizzare l'informazione per creare maggiore conoscenza e quindi, possibilmente, generare economia. Ciò rafforzerebbe il mondo di operatori che ruotano attorno al settore del patrimonio storico documentario poco o niente affatto conosciuto e che non riesce a fare massa critica nei confronti degli interlocutori istituzionali.

Altra questione emersa è la frammentazione esistente che impedisce spesso di portare avanti anche progetti formativi validi ma che poi non trovano adeguato riscontro dagli stessi soci che occupati a sbarcare il lunario arrangiandosi a fare molte cose e vivendo costantemente schiacciati dalle attività del quotidiano non colgono l’importanza del momento partecipativo anche per una formazione che guardi ad una prospettiva di medio o lungo termine. In questo le proposte MAB potrebbero raccogliere in un bacino più ampio favorendo iniziative che siano di interesse congiunto dei tre settori costitutivi.

Infine, altro elemento emerso nell'incontro abruzzese del 18 maggio 2011, la necessità di separare nella legislazione il mondo dello spettacolo dalla gestione dei beni culturali. Stanno tutti nel comparto cultura ma con problematiche diversissime e con operatori che provengono da mondi altrettanto distanti anche se poi la “spettacolarizzazione” ha pervaso e spesso stravolto anche il settore del patrimonio storico documentario. Una cosa è la responsabilità di conservare la memoria della collettività e dare libero accesso alle informazioni altro il percorso di crescita individuale reso possibile dallo spettacolo e quindi dal piacere e dallo svago. Tutti e due legittimi ma il secondo spesso prevale perché i politici ritengono che le molte persone che partecipano alle rievocazioni medievali presenti ovunque (ma in quale territorio italiano non è passato un barone o mastrogiurato o  vescovo che è rimasto nella memoria della gente e dei luoghi ?) diano più visibilità che le tante persone che quotidianamente vanno in biblioteca o archivio o museo per anni e che usufruiscono di quelle che propriamente Paolo Traniello chiamava infrastrutture della conoscenza.

Per tutto questo credo che la proposta del MAB vada ripresa e rilanciata poiché più che essere una via, specie nella piccole realtà, potrebbe essere la via: il momento unitario che non annulla ma esalta la diversità delle competenze e finalmente ci fa sentire orgogliosamente parte di un popolo.

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